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LIMB Ă ITALIAN Ă CONTEMPORANĂ – LEXICOLOGIE

Lector Univ. Dr. Toma Roxana

1. Obiectivul principal al cursului: prezentarea conceptelor şi problemelor fundamentale

referitoare la lexicologie în vederea aplicării lor în diferite situaŃii comunicative

2. ConŃinutul tematic al cursului

1. Nozioni preliminari per lo studio del lessico: i principali concetti relativi al lessico e alla lessicologia

a. La distinzione fra lessicologia e lessicografia b. Lessico e vocabolario c. Lessico e grammatica d. Vocabolario attivo e vocabolario passivo

2. Le varietà sincroniche della lingua:

a. La variazione diatopica – I regionalismi b. La variazione diastratica – I gerghi c. La variazione diafasica: 1. I livelli espressivi e i registri linguistici; 2. I linguaggi

settoriali (I sottocodici) d. La variazione diamesica

3. Le varietà diacroniche della lingua 4. Le componenti del lessico italiano:

a. Il fondo latino b. Il prestito c. I neologismi

5. La formazione delle parole

5.1 La struttura delle parole 5.2 La formazione delle parole per derivazione

a. La derivazione suffissale b. La derivazione infissale c. La derivazione prefissale d. La derivazione parasintetica e. La derivazione regressiva f. La derivazione impropria

5.3.La formazione delle parole per composizione a. La composizione propriamente detta b. Parole composte con prefissoidi o suffissoidi

6. I dizionari – tipologia e struttura

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3. Bibliografie minimă obligatorie: Berruto Gaetano, Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo, Roma, Carocci Editore,

2003 (I ed. 1987)

Dardano Maurizio, Trifone Pietro, Introduzione alla linguistica, La situazione linguistica

italiana, La formazione delle parole, Il lessico in Grammatica italiana con nozioni di

linguistica, Bologna, Zanichelli, 1995

4. Bibliografie facultativă: Aprile Marcello , Dalle parole ai dizionari, Bologna, Il Mulino, 2005

Berruto Gaetano, Fondamenti di sociolinguistica, Roma-Bari, Laterza, 2002 (I ed. 1995)

Corda Alessandra, Marello Carla, Lessico Insegnarlo e impararlo, Perugia, Guerra

Edizioni, 2004

Daina Elena, Properzi Teresa, Silvestrin Patrizia, Italiano, Educazione linguistica, Torino,

Petrini Editore, 1999

De Mauro Tullio, La fabbrica delle parole, Il lessico e problemi di lessicologia, Torino,

UTET Libreria, 2005

Graffi Giorgio, Scalise Sergio, Le lingue e il linguaggio, Introduzione alla linguistica,

Bologna, Il Mulino, 2002

Luraghi Silvia, Thornton Anna M., Linguistica generale: esercitazioni e autoverifica,

Roma, Carocci Editore, 2004

NegriŃescu Valentina, Arrigoni Davide, Formarea cuvintelor în ExerciŃii de gramatică

italiană, Bucureşti, Gramar, 2004, pp. 345-363

Sensini Marcello, Il sistema della lingua (prove d’ingresso, esercizi e verifiche), Milano,

Mondadori, 1999

Sensini Marcello, La lingua italiana (Moduli di educazione linguistica e testuale), Milano,

Arnoldo Mondadori Scuola, 1998

Stănciulescu-Cuza Mariana, Corso di lingua contemporanea – Lessicologia, Bucureşti,

Universitatea Bucureşti, 1974

5. Prezentarea lecŃiilor

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I. NOZIONI PRELIMINARI PER LO STUDIO DEL LESSICO

Obiettivi: presentare i concetti e i problemi fondamentali relativi alla lessicologia, con particolare riguardo alla lingua italiana ; distinguere fra lessico e grammatica e saper analizzare i processi di lessicalizzazione e quelli di grammaticalizzazione; considerare il vocabolario attivo e quello passivo di un individuo e valutare il lessico di base

1. La distinzione fra lessicologia e lessicografia

La linguistica è lo studio scientifico del linguaggio umano. Tra le discipline

linguistiche, (accanto alla fonologia, morfologia, sintassi, semantica etc) si distingue la

lessicologia, che rappresenta lo studio scientifico del sistema lessicale di una lingua,

considerato nella sua struttura e nel suo costituirsi attraverso la storia.

La disciplina, che esiste autonomamente solo a partire dagli anni '60, compie ricerche

sui componenti di base di una lingua (lessicologia speciale) o della lingua in generale

(lessicologia generale) e cerca di determinare regole e relazioni tra i singoli componenti

lessicali (es. morfema, parola e stabili gruppi di parole).

Con "lessico" (dal latino lexicon, a sua volta dal greco tardo lexikón, un aggettivo

derivato da léxis = parola e sottintendente il sostantivo biblíon = libro: ovvero "libro che

raccoglie le parole") si indica oggi in linguistica il complesso delle parole e delle locuzioni

della lingua o di un settore di essa. Così, ad esempio, oltre che di "lessico dell’italiano", si

parla anche di "lessico della medicina", "lessico dell’agricoltura", "lessico del linguaggio

giovanile", ecc.

Il sistema lessicale è costituito dai lessemi, unità linguistiche minime che hanno un

significato autonomo. Dato che il lessico di una lingua si modifica continuamente per

adattarsi alle nuove esigenze comunicative della società – e così si hanno parole che cadono in

disuso, altre che vengono create di nuovo, altre ancora che cambiano il loro significato o il

loro ambito d’impiego – i lessemi di una lingua, a differenza dei fonemi e dei morfemi1,

costituiscono una classe aperta.

1 La lingua è composta da un insieme di elementi tra di loro interdipendenti e ciascun elemento ha un valore e un funzionamento in rapporto al valore e al funzionamento degli elementi che gli sono vicini. Secondo lo strutturalismo la lingua è un sistema costituito da più sistemi tra loro correlati. Si ha così un sistema della lingua che si suddivide in:- sistema fonologico che è costituito dai fonemi; - sistema morfologico-sintattico che è costituito dai morfemi (o monemi grammaticali) e dalle strutture sintattiche; - sistema lessicale che è costituito dai lessemi (o monemi lessicali).

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I lessemi sono registrati, di solito in ordine alfabetico, nei "dizionari" o "vocabolari".

Tale registrazione potrà essere, a seconda dei casi, più o meno selettiva, come anche le

informazioni fornite dal vocabolario saranno di tipo diverso: da quelle relative al significato e

all’uso delle parole, a quelle intorno alla loro evoluzione storica e alla loro origine. I lessemi

che in un dizionario costituiscono l’intestazione di una "voce" o "articolo", e perciò vengono

evidenziati tipograficamente, sono detti "lemmi" o "entrate". Lemmatizzare una forma

lessicale significa riportare alla forma di base le diverse forme con cui una parola ricorre in un

testo (per es. registrando un verbo nella forma dell’infinito presente, un aggettivo o un

sostantivo nella forma del maschile singolare).

Si impone allora distinguere fra il lessico della lingua e la sua registrazione

vocabolaristica, fra "lessicologia" per indicare lo studio del sistema lessicale, e "lessicografia"

come l’attività volta alla compilazione di dizionari. Tuttavia queste due discipline,

occupandosi del medesimo oggetto (le parole), non solo sono complementari, ma spesso si

intersecano e si sovrappongono. In particolare il "lessicografo" deve acquisire

preliminarmente una buona conoscenza dei metodi e delle teorie lessicologiche, mentre il

"lessicologo" è sempre un lessicografo in potenza.

2. Lessico e vocabolario

Nel suo Corso di linguistica generale, pubblicato postumo nel 1916 a cura di due

suoi allievi, Ferdinand de Saussure contrappone due modi di considerare il fatto linguistico –

langue e parole (termini che manterremo in francese, secondo la tradizione). La langue è

considerata nel suo aspetto sociale, astratto, essendo intesa come istituzione sociale, come

sistema potenziale, mentre la parole è una realizzazione individuale e concreta. Ogni individuo

può realizzare atti di parole, ma non può possedere tutta la langue, per esempio tutta la lingua

italiana, perchè la lingua appartiene alla collettività. Gli esseri umani comunicano attraverso

atti di parole, ma il fondamento di questi atti è nella langue, come sistema di riferimento

collettivo. Da questo punto, si opera un’ulteriore distinzione fra lessico e vocabolario: nel

lessico le singole unità lessicali sono considerate nel loro valore ideale e astratto; il vocabolario

invece è il complesso delle parole realmente emergenti in un preciso contesto, costituito da

quei vocaboli usati da una data persona o che ricorrono in un dato testo. Conseguentemente, si

evidenzia la distinzione concettuale fra i lessemi e le parole (o vocaboli) cioè fra le unità di

base del lessico, che costituiscono l’insieme generale e, per così dire, "virtuale" delle parole, e i

singoli particolari campioni di quell’insieme. La distinzione fra lessema e parola appare chiara,

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ad esempio, nel caso delle varianti: al lessema "astratto" obiettivo, corrispondono nell’uso

concreto due parole che variano nella pronuncia e nella grafia: obiettivo e obbiettivo.

3. Lessico e grammatica

Nello studio di una lingua si tende a tenere separati questi due domìni che mostrano

già a prima vista caratteri nettamente differenti: la grammatica appare stabile e costituita da

un numero ben definito di regole condivise dai parlanti e da un insieme chiuso di elementi;

solo una parte limitata degli elementi lessicali, invece, è comune a tutti i parlanti, mentre per il

resto si tratta di un organismo assai variegato e complesso, in continuo rinnovamento e dai

confini aperti. Si può dunque facilmente osservare che, se il numero delle parole è

potenzialmente arricchibile all’infinito, il numero delle regole di grammatica è un insieme

ristretto e stabile.

Tuttavia i rapporti fra grammatica e lessico sono strettissimi, perché i lessemi devono

essere inquadrati come "parti del discorso" (e quindi devono essere suddivisi in nomi,

aggettivi, verbi, ecc.) potendo essere articolati morfologicamente e sintatticamente solo

attraverso le regole grammaticali. Le interferenze tra lessico e grammatica si attuano anche ad

altri livelli: talvolta nell’evoluzione linguistica gli elementi lessicali giungono a

"grammaticalizzarsi", ad assumere cioè funzione grammaticale: mediante, che anticamente

era usato come aggettivo, essendo il participio presente di mediare, è diventato col tempo una

preposizione. La stessa cosa è valida nel caso della preposizione durante, forma di participio

presente del verbo durare. D’altra parte si assiste anche a processi di "lessicalizzazione",

processo per il quale un insieme di lementi retti da rapporti grammaticali diventa un’unità che

equivale ad una sola parola. Ad esempio, il sostantivo vaglia, che oggi indica il titolo di

credito, non è altro che un vecchio congiuntivo del verbo valere, provenendo dall’originaria

formula scritta anticamente sulla cedola: "vaglia [valga] lire…"; sono casi di lessicalizzazione

i costrutti di tipo verbo+complemento ( far uso = usare, prendere la fugga = fuggire) etc, ma

anche un nome come nontiscordardimé, che all’origine ha una struttura frasale.

Il legame tra lessico e grammatica si riflette anche nell’esistenza del lessico mentale.

Con lessico mentale si intende un sottocomponente della grammatica dove sono

immagazzinate tutte le informazioni (fonologiche, morfologiche, semantiche e sintattiche) che

i parlanti conoscono relativamente alle parole della propria lingua. Il lessico mentale suppone

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non solo la conoscenza delle parole di una lingua, ma anche i rapporti tra le varie parole.

Infatti, il lessico implica conoscenze che coinvolgono attività cognitive (comprensione, lettura

e scrittura delle parole), collegamenti tra le varie unità e rapporti semantici (sinonimia,

antonimia etc), conoscenze che riguardano il funzionamento delle parole all’interno delle

frasi.

4. Vocabolario attivo e vocabolario passivo

Sembra difficile formulare stime quantitative sull’estensione del lessico di una

lingua, i dizionari essendo per forza di cose sempre selettivi, le cifre potendo cambiare

notevolmente a seconda dei criteri adottati. Più interessante è valutare la quantità di

espressioni usate da uno scrittore o la competenza attiva e passiva del vocabolario da parte di

singoli individui o gruppi di parlanti. Con "vocabolario attivo" s’intende l’insieme delle

parole che un individuo è in grado di impiegare, con "vocabolario passivo" o "latente" le

parole che vengono comprese ma che non ricorrono nell'uso diretto del parlante. Anche i

confini di questi domìni non possono esser determinati con esattezza e variano molto da

individuo a individuo, da un ceto sociale all’altro ma le ricerche in questa direzione

permettono tuttavia di individuare con una buona approssimazione qual è la "competenza

lessicale media", utile per circoscrivere il "lessico di base" o "lessico fondamentale", ovvero

quel nucleo centrale dei vocabolari attivi e passivi di tutti i parlanti, costituito dalle parole che

ricorrono con più frequenza nella lingua e che sono maggiormente disponibili.

Lista subiectelor pentru pregătirea în vederea evaluării finale:

1. Differenza tra lessicologia e lessicografia.

2. Distinzione fra lessemi e parole.

3. Distinzione fra lessico e grammatica

4. Analisi dei processi di lessicalizzazione e di grammaticalizzazione con esempi.

4. Considerare il vocabolario attivo e quello passivo di un individuo e valutare il lessico di base.

5. Il lessico – sistema aperto.

6. Differenza tra langue e parole secondo Saussure.

AplicaŃii

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Test pentru autoevaluare: 1. Che cos'è la lessicologia? a. lo studio del lessico b. lo studio del significante c. lo studio del significato 2. Che cos'è la lessicografia? a. lo studio del lessico b. la tecnica di composizione dei dizionari c. lo studio del significato 3. Il lessico di una lingua è un insieme: a. chiuso b. aperto 4. Dal punto di vista della linguistica, “la langue” rappresenta: a. il fatto linguistico come istituzione sociale, come sistema potenziale, astratto b. il fatto linguistico come realizzazione individuale, concreta 5. Il lessico di base rappresenta: a. l’insieme delle parole che un individuo è in grado di impiegare b. il nucleo centrale dei vocabolari attivi e passivi di tutti i parlanti, costituito dalle parole che ricorrono con più frequenza nella lingua c. le parole che vengono comprese ma che non ricorrono nell’uso diretto del parlante 6. La lessicalizzazione rappresenta: a. il processo per il quale una parola diventa uno strumento grammaticale b. il processo per il quale un insieme di elementi retti da rapporti grammaticali diventa un’unità che equivale ad una sola parola 7. “Mediante” è un esempio di: a. lessicalizzazione b. grammaticalizzazione Răspunsuri 1. a 2. b 3. b 4. a

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5. b 6. b 7. b

Le varietà della lingua

Obiettivo di questa unità didattica è descrivere le componenti del lessico italiano secondo le loro varietà e registri d’uso; analizzare e classificare le parole a seconda delle varietà sincroniche e diacroniche; sapere distinguere e analizzare le quattro varietà sincroniche

L'italiano è una lingua scarsamente omogenea e unitaria; è infatti notevolmente

differenziato al suo interno dal punto di vista geografico, sociale, situazionale, ecc. Tale

differenziazione è da attribuire prima di tutto a ragioni storiche, al percorso evolutivo della

lingua e alle modalità della sua recente unificazione.

Per esaminare e descrivere la lingua italiana nella sua diversificazione interna, sono

produttivi gli strumenti e la metodologia della sociolinguistica, e in particolare di quel settore

di essa che va sotto il nome di "linguistica delle varietà". Alla linguistica delle varietà si deve

il fondamentale concetto di repertorio, che rappresenta l'insieme delle varietà linguistiche

possedute da un parlante o da una comunità di parlanti, a seconda che si ponga l'attenzione su

un singolo oppure sull'intera collettività. Con varietà intendiamo i differenti modi in cui la

lingua si realizza nei suoi usi parlati e scritti.Tali varietà vengono individuate in base ad

alcuni criteri, detti "parametri", o "assi di variazione", riferiti allo spazio, alle differenziazioni

di tipo sociale, alle situazioni, ecc.

Si distinguono infatti i seguenti parametri di variazione: il parametro geografico,

quello sociale, quello relativo alla situazione e alla funzione (cioè allo scopo, alla finalità della

singola realizzazione linguistica), quello relativo al mezzo o canale di comunicazione. Con

terminologia specialistica, utilizzando termini coniati negli ultimi decenni dai linguisti (in

particolare da Eugenio Coseriu) e formati con il prefisso di origine greca dia-, che indica

differenziazione, chiamiamo "diatopia" (dia+topos = "luogo") la variazione geografico-

spaziale; "diastratia" (dia+stratos = "popolo") quella sociale; "diafasia" (dia+fasis =

"parola, discorso") quella situazionale-funzionale; "diamesia" (dia+mesos = "mezzo") quella

relativa al mezzo di comunicazione.

(variazione sincronica: riguarda come cambia una lingua in un preciso momento che noi

isoliamo lungo l’asse del tempo. Le dimensioni di variazione in sincronia sono quattro:

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(i) variazione diatopica: variazione linguistica correlata alla diversa origine e distribuzione

geografica dei parlanti;

(ii) variazione diastratica: variazione linguistica correlata al ceto o strato sociale (inteso come

titolo di studio, status economico, professione) dei parlanti; si parla di variazione diastratica

anche quando la variabile è l’età, il sesso o il gruppo etnico;

(iii) variazione diafasica: variazione linguistica in base al grado di formalità della situazione

(che dipende dal contesto comunicativo e dallo status e ruolo reciproco di parlante e

interlocutore) e all’argomento;

(iv) variazione diamesica: variazione linguistica relativa al mezzo fisico utilizzato per la

comunicazione.)

A questi criteri di variazione dobbiamo aggiungere il parametro della "diacronia"

sull'asse temporale (cioè della variazione della lingua nei vari periodi storici), non compreso

dalla sociolinguistica, che ha un taglio strettamente sincronico, cioè rivolto alla

contemporaneità. Schematizzando, le varieta della lingua sono:

TIPOLOGIA FATTORE DI VARIAZIONE

DIACRONIA TEMPO

DIATOPIA SPAZIO

DIASTRATIA SOCIETÀ

DIAFASIA CONTESTO

DIAMESIA CANALE COMUNICATIVO

Le quattro dimensioni di variazione sincronica appena citate non agiscono

isolatamente, ma al contrario interagiscono e si intrecciano in ogni discorso. Ciò significa che

ogni produzione linguistica di un qualunque parlante può sempre essere letta alla luce delle

quattro variabili: di un discorso possiamo dire innanzitutto se è realizzato in forma scritta o

parlata, se è formale o informale, se è stato prodotto da una persona colta o no, se è stato

prodotto da una persona del nord o del sud ecc.

Proprio per l'incertezza e la difficoltà di una sicura collocazione delle varietà maggiori

e minori in un quadro complessivo, c'è chi preferisce non fissarle in un repertorio, ma

individuarle nell'ambito di una gamma di varietà tra loro non nettamente separate, a costituire

una sorta di "continuum". Ciascuna dimensione di variazione – diatopica, diastratica,

diafasica e diamesica – va immaginata come una specie di continuum, “una scala di varietà

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avente ai suoi estremi due varietà ben distinte e fra queste una serie di varietà in cui ciascuna

sfuma impercettibilmente nell’altra senza che sia possibile stabilire confini ben delimitabili

fra l’una e l’altra.” (Gaetano Berruto, Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo, Roma,

La Nuova Italia Scientifica, 1987)

1. La variazione diatopica – I regionalismi

Obiettivo di questa unità didattica è descrivere in particolare i "regionalismi" e i "geosinonimi", quegli elementi lessicali che appartengono alle singole varietà regionali dell’italiano, fornendone una esemplificazione sommaria per singole varietà.

La variazione diatopica è la variazione linguistica correlata alla diversa origine e

distribuzione geografica dei parlanti. Essa rende conto del fatto che i parlanti usano varietà

diverse di lingua in base alla zona geografica di provenienza. L’italiano viene parlato in modo

diverso da regione a regione, con differenze percepibili a livello di pronuncia, morfologia,

sintassi e lessico.

Tali varietà di italiano si chiamano varietà regionali di italiano (o italiani regional i).

Le varietà regionali di italiano non devono essere confuse con i dialetti. I dialetti, a differenza

dei regionalismi (caratterizzati dalla presenza, su una base modellata sulla lingua italiana, di

elementi regionali) sono idiomi alternativi, a livello locale, della lingua italiana, vere e proprie

lingue, avendo una loro struttura grammaticale, un loro lessico, una loro storia e una loro

piena espressività.

Pur essendo numerose, le varietà geografiche della lingua italiana possono essere

raggruppate in cinque ampie sezioni:

- l’italiano regionale settentrionale

- l’italiano regionale toscano

- l’italiano regionale centrale

- l’italiano regionale meridionale

- l’italiano regionale sardo

All’interno di ciascuna di queste macroaree si possono individuare varietà relative ad

aree più ristrette geograficamente e caratterizzate da diversi tratti linguistici.

In ciò che riguarda il lessico, un aspetto particolare della variabilità diatopica è dato

dai geosinonimi (o sinonimi geografici) che sono varianti lessicali di una stessa nozione

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legate alla diversa appartenenza geografica dei parlanti. Ecco alcuni casi di geosinonimia:

anguria (Nord)- cocomero (centro), melone/ mellone (Sud); cacio (Sud)- formaggio (Nord); il

prezzemolo si chiama erborino in Lombardia, petrosino in Sicilia, dimenticare (Nord e

Toscana) – scordare (centro e Sud) etc

Molti regionalismi hanno superato le frontiere originarie, diffondendosi in altre regioni

o entrando nella lingua comune grazie ai mezzi di comunicazione di massa e al processo di

industrializzazione. Il regionalismo diventa in tal modo variante colloquiale (esempio:

bustarella, intrallazzo)

Accanto ai geosinonimi vi è anche la categoria dei geoomonimi: lessemi che, pur

mantenendo la medesima forma, presentano significati diversi nelle diverse aree geografiche:

stagione (estate nel Sud) – quarta parte dell’anno (lingua comune), babbo = padre (Toscana,,

Sardegna), stupido (Sicilia), comare= donna del popolo (Toscana, Puglia, Abruzzo),

testimone del battesimo (Italia meridionale).

Lista subiectelor pentru pregătirea în vederea evaluării finale:

1. Definire i quattro tipi di varietà sincroniche della lingua.

2. Gli italiani regionali: definizione e macroaree.

3. Geosinonimi e geoomonimi: definizione ed esempi.

4. Differenza tra sincronia e diacronia.

5. Differenza tra variazione diafasica e variazione diastratica.

6. Differenza tra variazione diamesica e variazione diatopica.

Teme de casă:

1. Molti termini di origine regionale sono stati ormai definitivamente acquisti dall’italiano nazionale. Ti diamo qui alcuni nomi, tutti do ordine gastronomico; sai indicare l’origine regionale di ciascuno?

a) pizza b) panforte c) Pesto d) Mozzarella e) Panettone

2. Ti diamo qui, indicandone anche la zona di origine, alcuni termini ed espressioni regionali ormai acquisiti dall’italiano regionale. Di ciascuno scrivi un sinonimo in italiano nazionale, se esiste, altrimenti ricorri a una perifrasi:

a) marcita (Lombardia) b) Pedalini (Roma)

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c) Malga (Trentino) d) Malocchio (Napoli) e) Mugugnare (Liguria) f) Tratturo (Abruzzo) g) Tarocco (Sicilia)

2. La variazione diastratica; I gerghi

Obiettivi: analizzare e classificare le parole a seconda delle varietà diastratiche; saper distinguere tra l’italiano standard e l’italiano popolare; conoscere le caratteristiche del linguaggio gergale.

La variazione diastratica

La variazione diastratica si riferisce alla relazione fra le caratteristiche sociali dei

parlanti e il tipo di lingua da loro usata. Il fattore di variazione determinante è dunque la

società. Le varietà diastratiche riguardano:

a) il livello di istruzione degli utenti (il ceto o lo strato sociale inteso come

studi, professione)

b) il gruppo di appartenenza

c) l’età

d) il sesso

a) Il livello di istruzione degli utenti

Il repertorio linguistico di ogni parlante dipende dal livello di istruzione raggiunto.

Fino al momento dell’Unificazione, nel 1861, il 75% della popolazione italiana era

analfabeta; nel 1921, le percentuali si aggiravano fra il 50% e più nell’Italia centro-

meridionale e il 18% e 23% nell’Italia settentrionale. Al censimento del 1951 risulta ancora

analfabeta il 12,8% della popolazione, ma nell’Italia meridionale la percentuale sale al 24%.

Dagli anni Cinquanta, l’istruzione linguistica in Italia ha subito dei profondi cambiamenti,

grazie alla scolarizzazione di massa (con otto anni previsti dalla scuola dell’obbligo), alla

progressiva industrializzazione del paese e alla diffusione dei Media (non solo della radio e

della televisione, ma anche, dagli anni Novanta, dei nuovi mezzi di comunicazione quali la

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posta elettronica e l’internet). Nelle misure della finanziaria 2007 viene riportato l'obbligo

scolastico a 16 anni, mentre, in precedenza, era solo un "diritto all'istruzione fino a 16 anni".

1. Quadro della percentuale dell’analfabetismo in Italia dal 1861 al 19912

ITALIA

Censimenti:1861-2001

Popolazione residente da 6 anni in poi

Tasso dell’Analfabetismo, Maschi e Femmine

censimenti M % F % totale %

1861 72,0 84,0 78,0

1871 67,0 78,9 73,0

1881 61,0 73,5 67,3

1901 51,1 60,8 56,0

1911 42,8 50,5 46,2

1921 33,4 38,3 35,8

1931 17,0 24,0 21,0

1951 10,5 15,2 12,9

1961 6,6 10,0 8,3

1971 4,0 6,3 5,2

1981 2,0 3,6 3,1

1991 1,6 2,6 2,1

2001 1,1 1,8 1,5

2. Quadro del censimento del 2001: analfabetismo3

Italia – Censimento 2001; Grado di istruzione/ Maschi e Femmine

Grado di istruzione Maschi Femmine Totale

Laurea 1 967 905 2 074 354 4 042 259

2 Internet, indagine statistica di Vincenzo D’Aprile, dicembre 2005 (http://www.edscuola.it/ archivio/statistiche/analfabetismo) 3 Internet, fonte ISTAT, elaborato da Vincenzo D’Aprile, dicembre 2005 (http://www.edscuola.it/ archivio/statistiche/analfabetismo)

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Diploma di Scuola Secondaria Superiore 6 896 685 7 026 681 13 923 366

Licenza Scuola Media Inferiore o di

avviamento professionale

8 723 546 7 498 191 16 221 737

Licenza di scuola elementare 5 929 355 7 756 666 13 686 021

Alfabeti privi di titoli di studio 2 176 882 3 022 355 5 199 237

Di cui: in età da 65 anni in poi 575 876 1 303 480 1 879 356

Analfabeti 280 031 502 311 782 342

Di cui: in età da 65 anni in poi 160 371 364 849 525 220

TOTALE 25 974 404 27 880 558 53 854 962

3. Quadro con i dati pubblicati nel 2005 da una ricerca dell’Università di Castel

Sant’Angelo dell’Ulna (Unione Nazionale per la Lotta contro l’Analfabetismo)4

I dati della ricerca dell'Università di Castel Sant'Angelo dell'Unla

Sei milioni di italiani sono analfabeti

Rappresentano il 12% della popolazione contro il 7,5% dei laureati. Italia fanalino di coda tra i fra i 30 Paesi più istruiti ROMA - Sono quasi sei milioni, pari al 12% della popolazione, gli italiani totalmente analfabeti o senza alcun titolo di studio. È il dato più allarmante che emerge dalla ricerca «La Croce del Sud - arretratezza e squilibri educativi nell'Italia di oggi» condotta da Saverio Avveduto e pubblicata dall'Università di Castel Sant'Angelo dell'Unla dedicata all'analisi del sistema scuola-società nell'Italia dei nostri giorni. I DATI - Basandosi sui dati Istat relativi al censimento del 2001, la ricerca mostra come i cittadini italiani, quanto a scolarità, formano una piramide appuntita: al vertice, 7,5% di laureati, pari a 4 milioni; subito sotto 25,85% degli italiani che hanno frequentato le scuole secondarie superiori; segue il 30,12% con il titolo di scuola media; mentre è pari al 36,52% la percentuale di italiani senza alcun titolo di studio o in possesso della sola licenza elementare: circa 20 milioni su 53 censiti. In particolare nello studio i possessori della sola licenza elementare o della sola scuola media - titoli del tutto insufficienti a vivere e produrre nel mondo di oggi - vengono poi sommati alla platea degli analfabeti totali arrivando a calcolare in quasi 36 milioni (il 66% della popolazione) gli italiani che la ricerca definisce «ana-alfabeti» cioè del tutto analfabeti o appena alfabeti. SITUAZIONE STAZIONARIA - Lo studio mostra inoltre come negli ultimi 10 anni la situazione non sia mutata di molto: lo stesso è rimasto il numero dei laureati con un aumento appena dell'1,19% degli italiani raggiunti dalla scuola. l'offerta educativa, secondo i relatori dello studio, è stata dunque sostanzialmente ferma. RECORD NEGATIVO IN BASILICATA - Disaggregando i dati nazionali regione per

4 Corriere della Sera, 15 novembre 2005, Internet, http://www.corriere.it

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regione, emergono situazioni preoccupanti: sono infatti nove le regioni italiane oltre il limite che gli studiosi considerano di allarme per popolazione senza titolo di studio, pari all'8%. La regione più analfabeta è la Basilicata, con il 13,8%, seguita dalla Calabria (13,2%), dal Molise (12,2%), dalla Sicilia (11,3%), dalla Puglia (10,8%), dall'Abruzzo (9,8%), dalla Campania (9,3%), dalla Sardegna (9,1%) e dall'Umbria con l'8,4%. Sorprendentemente, alcune di queste regioni hanno un alto tasso di laureati: la Calabria, per esempio, ha più laureati della Lombardia, del Piemonte, dell'Emilia Romagna e del Veneto. CATANIA LA PIU' ANALFABETA D'ITALIA - Altra sorpresa, la distribuzione dei cosiddetti ana-alfabetì per grandi Comuni (oltre i 250 mila abitanti): Catania con l'8,4% è la grande città più analfabeta d'Italia seguita da Palermo (7,4), Bari (6,7) e Napoli (6,2). ITALIA FANALINO DI CODA DEI PAESI PIU' ISTRUITI - La nostra collocazione internazionale fra i paesi più istruiti, prosegue la ricerca, ci vede al terz'ultimo posto tra 30 concorrenti: ci seguono solo il Portogallo e il Messico. Non solo, in base a dati Ocse che accertano il possesso di un titolo di istruzione superiore nella forza lavoro 25-64 anni, su 11 Paesi considerati il nostro Paese è all'ultimo posto per addetti alla produzione di merci e servizi in possesso di qualifica universitaria e oltre.

I parlanti di diversi strati sociali usano dunque varietà diverse di lingua.

Il livello di istruzione degli utenti determina la distinzione tra italiano colto e italiano

popolare.

L ’italiano colto è usato da parlanti di livello socioculturale medio-alto e alto e coincide

approssimativamente con l’italiano standard.

L ’italiano popolare, invece, è la varietà di lingua, parlata e scritta, che viene usata da

parlanti aventi come lingua madre il dialetto, quando provano di adoperare la lingua

nazionale. L’italiano popolare è una varietà di italiano intermedia tra i diversi italiani

regionali e i dialetti, che si è formata dopo l’unificazione linguistica in sostituzione dei

dialetti, presso le classi sociali più umili, con basso livello di scolarizzazione. In pratica, è

l’italiano parlato e anche scritto da coloro che, nella vita quotidiana, usano un dialetto e

conoscono l’italiano comune in modo approssimativo. Per conseguenza, si tratta di una

varietà di lingua che si allontana fortemente dallo standard, essendo definita da una

morfologia molto semplificata, un lessico povero e molte interferenze dal dialetto.

Ecco alcune strutture caratteristiche dell’italiano popolare:

- mancanza dell’articolo: a sindaco

- semplificazione del sistema delle desinenze: mia moglia

- regolarizzazione delle forme irregolari dei verbi: stassei, dasse, vadi

- frequenti scambi di ausiliari: ci abbiamo conosciuto

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- periodo ipotetico a doppio condizionale/ a doppio congiuntivo (se mi

andrebbe, lo farei)

- presenza del che polivalente: la ragazza che ci sei uscito ieri, la borsa che

ci ho messo tutte le mie cose

- uso ridondante dei pronomi: i suoi genitori di lui, a me mi piace

- cumulo di preposizioni: scrivo da sul campo di battaglia

Ecco alcuni tratti lessicali:

- abbreviazione di parole: spiega (per spiegazione), dichiara (per

dichiarazione), interrogo (per interrogazione)

- trasformazione di una parola difficile in una parola familiare: comprativa

(per cooperativa); altrosi (per artrosi); cefalogrammo (per

encefalogramma); covaliscenza (per convalescenza)

- uso di parole dal significato generico: le carte (per i documenti), imparare

(per insegnare), cosa, roba, fare09780u897

- semplificazione di nessi consonantici: tennico (per tecnico), pisicologico

(per psicologico)

A queste caratteristiche si aggiungono dei tratti che l’italiano ha in comune con i dialetti

e con l’italiano dell’uso medio.

Esempio di italiano popolare in una lettera di un p rigioniero nella prima guerra Mondiale

Non puoi immaginarti la mia grande gioia quando ricevo un tuo schritto che eravamo stati tanto tempo senza poterci darci nessun scritto e poterci sapere dove siamo ne uno ne laltro ah. Cara mia non poscio per tanto che ti dica non poscio tirti nulla confronto la pascione grande che provai in questi 5 mesi passatti, il mio pensiero del giorno e notte non era altro che sopra di te e apensare di non potere sapere nulla di te come anche della mia famiglia. AH. Per il mio misero quore sono stato 5 mesi di coltelate di continuo Dopo poi a forsa di tanto desiderare e aspetare mi arivai una tua lettera permeso di tuo cugino, quande la ho ricevuta tremevo tutto dalla consolazione non mi pareva neppure la verita che e una tua lettera scrita colle tue mani nel legerla mi cascava le lagrime dalli occhi come quando il tempo è imborasca e che piove forte.

b) Il gruppo di appartenenza

Il gergo è una lingua convenzionale parlata da determinate categorie di persone o gruppi

sociali, che lo adottano per rendere indecifrabile a persone estranee il significato delle loro

comunicazioni verbali. Il termine deriva dal francese jargon, che in origine significava

“cinguettio di uccelli” e quindi “linguaggio incomprensibile e oscuro”.

Il linguaggio gergale non si sostituisce mai al dialetto o alla lingua madre.

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Tratti dei linguaggi gergali:

1. I gerghi sono usati da gruppi di persone unite da uno stile di vita (il gergo della

malavita), da un’attività (i gerghi di mestiere), da una condizione di vita (il gergo

giovanile, il gergo militaresco).

2. L’uso del gergo serve per cementare la coesione di gruppo (il gergo degli artigiani),

per necessità di segretezza (il gergo della malavita)5, come divertimento e

autoaffermazione (il gergo giovanile).

3. I gerghi sono in una rapida e costante trasformazione.

4. I gerghi mantengono la normale struttura morfologica e sintattica della lingua

comune.

5. I gerghi hanno un lessico specifico, più o meno ampio, costituito da parole

provenienti dalla lingua di base e modificate attraverso vari procedimenti. Il

procedimento più diffuso è quello di operare in modo intenzionale delle

deformazioni dei termini d’uso, come, ad esempio:

- metatesi (trasposizione di fonemi all’interno di una parola): drema (madre),

glifi (figli)

- affissi: -arro (amisarro=amico); -ogni (cafogni=caffè)

- infissi: -m- (caramba=carabiniere)

- metafore: fangose (scarpe), bionde (sigarette), corvo (prete), collegio

(prigione, tentacoli (braccia)

- troncamenti: raga (ragazzi), prof (professore)

Tipi di gerghi

Si può parlare di più tipi di gerghi:

1. Il gergo della malavita

2. I gerghi di mestiere

3. Il gergo della caserma

4. Il gergo dei tossicodipendenti

5. Il gergo giovanile

Etc.

5 Studi recenti affermano però che i gerghi della malavita non hanno una funzione criptica, in quanto non sono usati in presenza di estranei, ma tra i gerganti.

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1. Il gergo della malavita

Viene chiamato anche gergo furbesco. E’ utilizzato dai membri delle organizzazioni

criminali, come la mafia, ma anche dagli scassinatori, dagli scippatori, dai carcerati, dai

tossicodipendenti e dalle prostitute.

Il gergo della malavita è fatto generalmente di parole comuni che assumono un

significato gergale:

Affascinarsi Riunirsi in assemblea

Antenna Base, covo di malviventi

Argomento Arma in genere

Batteria Banda

Bella Evasione

Bevuto Arrestato

Bulgaro Morto

Cavalli Carabinieri

Chiodo, lama Coltello

Cicala Uno che parla troppo

Erba Ergastolo, pena detentiva a vita

Fangose Scarpe

Grillo Uno che sa scappare

Lupo Killer

Lustri Vetri

Mangia Funzionario corrotto

Pacco Il sequestrato

Polenta Oro

Turista Si dice di chi entra in carcere per un reato che non ha niente a che fare con la malavita

Altre parole sono nate come termini gergali e poi sono passate nella lingua comune: è il

caso, per esempio, di imbranato (impacciato). Il gergo della malavita contiene anche parole di

varia estrazione regionale: caramba (carabiniere), buiosa (cella), scapuzzador (assassino),

ruffante (borsaiolo), casché (borseggio), cravattaro (usuraio), berta (pistola).

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2. I gerghi di mestiere

I gerghi di mestiere erano utilizzati da alcune categorie di artigiani, come i seggiolai e i

calderai, con lo scopo di rendere indecifrabile a persone estranee le loro comunicazioni

verbali riguardanti i segreti del mestiere. Ecco alcuni esempi di gerghi di mestiere:

- il gaì era il gergo dei pastori, principalmente usato in Val Seriana e Val Camonica. Si

tratta di un linguaggio particolare, come un codice, ormai quasi scomparso, comune tra tutti

coloro che svolgevano un’attività in cui lo spostarsi era un elemento fondamentale come

accadeva ai pastori che praticavano la transumanza;

- il gergo dei muratori di Castellazzo Bormida

- il gergo dei muratori di Viguzzolo presso Tortona

- il gergo dei salumieri norcini (provincia di Perugia)

- il gergo dei seggiolai di Gosaldo (Belluno) etc

3. Il gergo giovanile

I linguaggi dei giovani sono generalmente analizzati a margine dei veri e propri

gerghi, come varietà paragergali. L’idea di appartenenza ad un gruppo viene collegata

all’età, al livello di cultura, alla classe sociale, alla variabile diatopica. I linguaggi

giovanili hanno le seguenti caratteristiche:

a) la diversità: esistono vari tipi di linguaggi giovanili, dovuti alla differenza di età

(linguaggio degli adolescenti, linguaggio dei diciottenni, linguaggio dei ventenni etc.), al

livello di cultura (linguaggio degli studenti, linguaggio dei giovani semianalfabeti etc),

alle passioni condivise (musica, computer, sport, auto, moto);

b) il continuo rinnovamento: il linguaggio giovanile è sottoposto ad un costante

aggiornamento, essendo un linguaggio in continua evoluzione. Grazie ad alcuni film e

canzoni, alcune parole gergali hanno una diffusione nazionale, altre invece, scompaiono.

Infatti, il gruppo di utenti cambia continuamente e questo fa sì che anche il gergo usato si

rinnovi a un ritmo incredibile (un ritmo “generazionale”).

È possibile, tuttavia, individuare alcuni meccanismi di formazione delle parole che

valgono in generale per tutti i gerghi giovanili; ecco qualche esempio:

- uso di metafore: una cifra (= molto, parecchio), da dio (benissimo), gallo (ragazzo

bello);

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- abbreviazioni e troncamenti: mega (= grande), prof (= professore), raga (=

ragazzi);

- forestierismi (specialmente anglicismi): flesciare (= colpire, andare fuori di testa,

dall’ingl. flash), gym (= ginnastica, palestra), fly down (= stai calmo), cucador (= uno che

“cucca”, che ha successo con le ragazze);

- tecnicismi: amorfo (= una persona insignificante), fuso (= distrutto, molto stanco),

rimorchiare (= avere successo con, conquistare una ragazza, carburare (funzionare);

- dialettalismi: pirla (stupido, dal milanese);

- cultismi (espressioni colte usate in registro informale, con intenti ironici):

appropinquarsi (= avvicinarsi);

- sigle e acronimi (soprattutto nella lingua scritta, per esempio nei messaggi SMS):

xché (=perché), hdemia (= accademia);

- iperboli

- turpiloquio (modo di esprimersi osceno o blasfemo, offensivo nei riguardi della

morale individuale o della pubblica decenza): un cazzo (= niente), scazzato (= annoiato),

incazzato (= arrabbiato)

- prestiti da altri gerghi:

a) dal gergo dei tossicodipendenti: canna (= spinello), calarsi (= assumere oralmente

sostanze stupefacenti: calarsi un'ecstasy), sballo (= eccitazione);

b) dal gergo di caserma: secchione (= uno che studia molto), imbranato (= impacciato)

c) dal gergo della malavita: cantare (= confessare), mezza zucca (= mezzo milione)

Quadro: I gerghi giovanili

Il nuovo linguaggio del terzo millennio è un mix che trae spunto dai dialetti, dalle lingue straniere, da internet, dalla musica, dal linguaggio televisivo e da quello del cinema, è scherzoso, ludico, creativo e fantasioso. Esso è fatto da sigle e metafore inventate, parole meteore che durano una generazione per poi scomparire e fare spazio a delle nuove. Così è successo alla fine degli anni ottanta coi termini della generazione paninara che oggi quasi più nessuno ricorda. Il fenomeno nacque a Milano agli inizi degli anni ottanta, e fu reso famoso dal programma televisivo “Drive In”, con i termini come “galloso”, per favoloso, stupendo, “cacirro”, per definire una persona fuori moda. Da allora il gergo né ha fatto di strada, diventando un fenomeno che coinvolge tutta la generazione giovanile, differenziandosi, talvolta da città a città,

o dall’appartenenza al singolo gruppo che usa tali vocaboli come elemento di unificazione e di unicità, nonché di codice, per distinguersi dagli altri. A differenza delle lingua ufficiale, i cui i termini, dopo un uso continuativo, vengono inseriti nel dizionario che in qualche modo li legittima, i neologismi gergali vengono coniati continuamente e diffusi con molta velocità proprio perché “creare” e del proprio gruppo, in una continua spirale.

Le radici del linguaggio giovanile sono spesso nel dialetto, adeguatamente rielaborato e innalzato ai ranghi della lingua ufficiale.

Michele Cortelazzo spiega che “fino agli anni’ 50- 60 si usava l’italiano per le situazioni formali e il dialetto per quelle colloquial-familiari. Da quando nel nord-ovest e nel centro Italia il dialetto è quasi scomparso, il bisogno di comunicare con

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emotività ha contribuito a creare il linguaggio giovanile” . Questo linguaggio, continua Cortelazzo “si auto-alimenta attraverso processi di formazione interna; il più vistoso è lo scorciamento: dove “mate” sta per matematica, “vaitra” per vai tranquillo. L’origine dei termini gergali trova un altro serbatoio inesauribile, oltre a quello costituito dalla televisione, nei forestierismi, parole che di straniero mantengono solo l’origine, come: “parents”, per parenti, “genitors” per genitori), “vamos a la playa”, in luogo di “si va in piazza”, “no tengo dinero”, per “non ho soldi”. Invenzioni ludiche e fantasiose, un gioco che può permettersi chi l’italiano e le lingue straniere le conosce e le

parla bene. Un altra fonte di acquisizione di nuove parole è il cinema, grazie ai termini coniati dai vari comici, si veda ad esempio l’ultimo film di Carlo Verdone, “Gallo Cedrone”, in cui il comico usa l’espressione “airbag” per indicare una ragazza prosperosa. Altri termini provengono, dal mondo dell’informatica e delle telecomunicazioni: nuove parole entrano a passo di carica nel lessico dei giovani, soprattutto le forme abbreviate, rapide e incisive, come “nick”, per nome, “T.V.B.” per “ti voglio bene”, “sei sconnesso”, riferito ad una persona che non è attenta.

(Gaetano Di Lauro, Monica Di Lauro, Osservazioni sul gergo dei giovani napoletani, Internet, www.novuscampus.it)

Curiosità:

Dal 2001 sul sito internet del giornale L’Espresso è presente la sezione Slangopedia,

un vocabolario on-line di espressioni gergali, colloquiali e giovanili della lingua italiana

curato da Maria Simonetti ed aggiornato ogni due settimane con le nuove segnalazioni inviate

dai lettori alla redazione. (http://espresso.repubblica.it/slangopedia)

Ecco alcuni esempi tratti dal vocabolario Slangopedia:

Babbaluga. Over 30 ancorato allo stile di vita adolescenziale/giovanile. Babbare. Rubare: in senso piú ampio, con losche azioni volte all'incameramento di beni in modo non del tutto legale o morale. Babbiare. Prendere in giro ( vedi "Il siculo" di Andrea Camilleri) Babbo. Persona così buona che casca in tutti gli imbrogli, ingenuo. ("sei proprio un babbo"). Secondo Fabio Mazzotti di Genova: sfigato, persona impacciata, incapace o timida. Aggiunge C.Pezzoni, Genova: "Babbo" - dal toscano che come sappiamo indica il papà- rimane ad indicare la locuzione "figlio di papà" e in questo senso "buono a nulla", chi rimane vincolato alla figura paterna perchè smidollato. Baccagliare. Corteggiare, tacchinare (vale per gli uomini e per le donne indistintamente). A Roma ha un significato inequivocabile: "baccagliare"

(lemma italianizzato dal dialettale "baccajare") sta per "protestare energicamente". Baccano. Detto in Trentino di persona poco raffinata, dal comportamento rozzo, che ignora le regole del bon-ton (l'equivalente del burino romano). Balotta. Comitiva esuberante, gruppo di giovani che si ritrovano per far casino insieme. Bancheggiare. Stare seduto in classe senza fare niente. Bancomat. Viene usato per indicare un luogo di ritrovo in un paese in cui non c'è uno straccio di locale aperto dopo cena: "ci vediamo al bancomat" (perché aperto 24 ore su 24). Bao. Per rafforzare un’affermazione. Es: “Sentito quanto è bello sto cd?“ “Bao!“. Si usa molto in Versilia, Viareggio. Baraccare. Fare festa, da Ravenna. Barcagliare. Corteggiare, andar dietro a qualcuno in modo

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evidente. Con lo stesso significato, andare in cerca di ragazze. Bardascio È un aggettivo dispregiativo che indica eccesso o cattivo gusto nel vestire e nel comportarsi. Attualmente in uso nel catanese. Barnello. Spinello, di Luca Bonetto da Milano Barotto. simile a tamarro, ragazzo di campagna (o di collina) che quando arriva in città si sente perso, fuori posto, parla con inflessione dialettale ed é vestito in maniera ridicola. Bazza. Bella storia, cosa che piace ("es è una gran bazza"). A Milano invece vuol dire bugia, esagerazione. Bebé. Sinonimo di persona dipendentissima dalla madre e dal suo pensiero. Benna. A Brescia significa automobile: si va in benna o a piotte (a piedi). Bernare. Bruciare la scuola, nel veronese. Bigiare. Saltare la scuola Bipper. Il telefonino cellulare. Bonza. Eroina. Secondo Massimilano Ferrari, invece, nella zona di Modena “bonza” sta a indicare una pancia prominente, grossa. Scrive invece Maddalena Giavarini, 28 anni, Torino: «Da noi la “bonza” è assolutamente la “cocaina”». Bruciare. Saltare la scuola, in veneto. Bucatino. uno che si buka, che si fa d’eroina.

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c) L’età

(v. anche Il gergo giovanile)

L’età condiziona le scelte linguistiche dei parlanti. Per esempio, benchè i giovani non parlino un

italiano diverso dai vecchi, loro compiono scelte linguistiche diverse. Il loro linguaggio è

fortemente innovativo, essendo caratterizzato dalla tendenza di rinunciare agli arcaismi e alle forme

letterarie della lingua in favore dei neologismi, dei prestiti e specialmente delle forme diffuse dalla

televisione. Va sottolineata in questo senso l’importanza del linguaggio giovanile nell’evoluzione

della lingua in quanto le innovazioni lessicali prodotte da questo tipo di linguaggio favoriscono il

dinamismo dell’italiano contemporaneo.

d) Il sesso

La variazione linguistica legata al sesso suppone l’esistenza di un modo diverso di parlare di

uomini e donne. Le recenti ricerche sociolinguistiche hanno però evidenziato il fatto che si deve

parlare piuttosto di diversi atteggiamenti sociolinguistici che di vere e proprie varietà di lingua

legate al sesso.

Nel linguaggio femminile compaiono più spesso eufemismi, diminutivi e appellativi affettuosi;

minore è invece il ricorso a parole tabù (bestemmie, imprecazioni) e termini tecnici.

Lista subiectelor pentru pregătirea în vederea evaluării finale:

1. Fattori che determinano la variazione diastratica.

2. Confronto tra l’italiano colto e l’italiano popolare.

3. I gerghi: tipologia e caratteristiche

Temă de autoevaluare:

1. Collega i seguenti termini gergali con la loro relativa “traduzione” nell’italiano corrente:

a. Bionde 1. confidente della polizia

b. Canarino 2. giorno della liberazione dal carcere

c. Madama 3. polizia

d. Collegio 4. scarpe

e. Corvo 5. sigarette

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f. Alba 6. prigione

g. Fangose 7. prete

2. Il livello di istruzione degli utenti determina la distinzione tra:

a. italiano colto

b. italiano formale

c. italiano informale

d. italiano popolare

3. La frase: Se succederebbe così, sarei contento è espressa in:

a. italiano regionale

b. italiano popolare

c. italiano nazionale

Solutii:

1. a5; b1; c3; d6; e7; f2; g4.

2. a, d

3. b

Temă de casă:

1. Analizzando il testo riportato di seguito, indicare: (i) di che tipo di varietà di italiano si tratta; (ii) qual è la dimensione di variazione più pertinente per descriverlo; (iii) quali variabili pertinenti lo caratterizzano.

[dal film ‘Vacanze di Natale’ di Carlo Vanzina; con Jerry Calà e Stefania Sandrelli (1983)] [In un negozio di articoli sportivi] 1 Padre I: Che ne dici te piace? 2 Figlio I (Mario): Ammazza, me pari Niki Lauda. 3 Madre I: Artù, ma nun te vergogni? Dovemo annà a scia’, mica a fa’ le guerre 4 stellari! 5 Figlio I (Mario): Ah ma’ mica po’ anna’ a scia’ c’a ggiacca del piggiama , però, eh! 6 Madre II: L’Italia socialista! 7 Figlio II (Luca): Mario! 8 Figlio I (Mario): Luca! 9 Figlio II (Luca): Quando sei arivado? 10 Figlio I (Mario): Un’oretta fa, mamma pabà, questo è Luca! 11 Madre I: Piacere, il famoso corallo del sud. 12Padre I: Ah corallo, forza Roma! 13 Figlio II (Luca): Sempre maggica, pabà, mamma questo è Mario, andiamo sempre alla partita insieme.

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14 Figlio I (Mario): Salve. 15Padre I: Ciao, so’ Arturo Marchetti io, er padre de Mario; ‘na sera de queste se 16 famo una partita a tressette tra matusa, se divertimo.

17 Madre II: Sarebbe divino, ma noi solo bridge.

18 Madre I: Be’, allora a capodanno possiamo fare quattro salti in amicizia. 19 Madre II: A capodanno siamo noi siamo dai Fürstenberg 20 Padre II: Dai principi. (Coveri/Benucci/Diadori 1998: 82) Rezolvare: (i) Italiano standard e varietà regionali centro-meridionali di italiano; (ii) dimensione diatopica; (iii) testo caratterizzato dall’alternarsi dell’italiano standard (cfr battute di Madre II rr.17;19 e Padre II r. 20) e della varietà romana di italiano (cfr. battute di tutti gli altri parlanti). Da osservare in particolare: raddoppiamento della consonante in posizione intervocalica r. 5 ca’ ggiacca del piggiama; [l ] pronunciata [r ] se seguita da consonante r. 15 er padre; troncamento dell’infinito r. 3 scia’ , fa’; sintagmi verbali del tipo: r. 2 me pari, r. 3 dovemo annà; r. 16 se famo una partita, se divertimo ecc.) 2. Riferisci alcuni termini del gergo studentesco attualmente in voga e prova a spiegarne l’origine o la derivazione.

3. La variazione diafasica: I livelli espressivi e i registri linguistici; I linguaggi settoriali (I sottocodici)

Obiettivi: definire i registri e i sottocodici; definire i caratteri dei registri e saper analizzare il tipo del registro di un testo dato; definire la competenza comunicativa; definire i caratteri di una terminologia specialistica e di un lessico settoriale; indicare i caratteri del lessico di una lingua speciale

La variazione diafasica è la variazione linguistica in base al grado di formalità della

situazione (che dipende dal contesto comunicativo e dallo status e ruolo reciproco di parlante e

interlocutore) e all’argomento. La variazione diafasica origina: a) registri; (altrimenti detti stili

contestuali o semplicemente stili, o anche livelli di lingua) b) sottocodici (detti anche lingue

speciali o lingue specialistiche o linguaggi settoriali o anche microlingue).

A. I REGISTRI

I registri sono modi diversi di usare la lingua che dipendono principalmente dal grado di

formalità della situazione e dallo status e ruolo reciproco degli interlocutori. Essi non aggiungono

nuovi elementi sul piano lessicale o sintattico, ma si caratterizzano per le particolari scelte

all’interno della lingua – lessicali, morfologiche, sintattiche.

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Ogni lingua possiede una gamma molto vasta di registri i quali possono ipoteticamente

essere disposti su una scala in questo modo: ad un estremo ci sono i registri sorvegliati e controllati

adatti a situazioni molto formali come pranzi ufficiali, udienze in tribunale, conferenze, lezioni

universitarie ecc; all’estremo opposto si collocano invece registri più disinvolti e meno curati adatti

a situazioni informali come interazioni faccia a faccia in famiglia o tra amici. Fra i due estremi vi è

poi una gamma quasi infinita di registri adatti a situazioni intermedie che scivolano quasi

impercettibilmente da un livello di formalità all’altro. Spesso è impossibile individuare linee nette

di demarcazione tra i registri adatti alle situazioni intermedie della scala.

Non è possibile stabilire confini netti e rigidi tra registri contigui. In linea di massima, però,

i registri linguistici si possono ridurre a sei tipi fondamentali, corrispondenti alle situazioni

comunicative fondamentali: registro aulico, impersonale-burocratico, colto, medio, colloquiale-

familiare, intimo-confidenziale.

Livello espressivo Registro linguistico Situazione comunicativa

d’uso Formale Aulico-solenne

Mi pregio informarLa che la nostra venuta non rientra nell'ambito del fattibile.

In situazioni ufficiali, con persone di riguardo, soprattutto se non si conoscono.

Formale Burocratico-impersonale Vogliate prendere atto dell'impossibilità della venuta dei sottoscritti.

In situazioni caratterizzate da un approccio rigidamente formale, con persone sconosciute e anonime, con cui si ha un rapporto “d’ufficio”, di tipo puramente tecnico-amministrativo-professionale.

Formale Colto La informo che non potremo venire.

In situazioni che richiedono un approccio formale, con persone che non si conoscono bene.

Medio Medio o standard Le dico che non possiamo venire

In situazioni normali, con persone che non si conoscono bene.

Informale Colloquiale, familiare In situazioni domestiche o

Livello espressivo

Formale

Medio Informale

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Sa, non possiamo venire.

amicali, con familiari o persone che si conoscono bene e con cui si è in rapporto di amicizia.

Informale Intimo, confidenziale Mica possiam venire, eh.

In situazioni domestiche o amicali, con persone con cui si è in grande confidenza.

a. I registri molto formali (o alti):

I più importanti tratti linguistici (a livello lessicale) tipici dei registri alti sono:

- attenzione alla variazione ed evitamento della ripetizione lessicale;

- preferenza per termini specifici o per parole ritenute più auliche (es. recarsi invece di

andare; adirarsi invece di arrabbiarsi , comprendere > capire, rammentare > ricordare,

v’è > c’è);

- alto uso di parole complesse (derivate o composte) con cumulo di morfemi derivativi (es.

nazionalizzazione, notabilato, assistenzialismo).

b. I registri molto informali (o bassi):

I tratti caratteristici (a livello lessicale) dei registri bassi sono ovviamente di segno opposto:

- scarsa variazione lessicale, con alto tasso di ripetizioni e di nomi cosiddetti generali (cosa,

tipo, tizio, faccenda);

- uso frequente di parole abbreviate (bici per bicicletta, prof per professore);

- uso frequente di lessico colloquiale (prendersela al posto di offendersi, sfottere anziché

deridere, fregarsene al posto di disinteressarsi).

c. Il livello medio

- è la varietà fondamentale della lingua

- si adatta ad un numero grande di occasioni comunicative

- si usa in tutte le relazioni sociali e professionali tra interlocutori che possono avere tra loro

un tipo di rapporto verticale o orizzontale, ma che non hanno legami di particolare

familiarità e confidenza.

- La lingua è controllata, corretta nelle norme grammaticali; il lessico è appropriato, privo di

coloriture regionali, di modi di dire comuni e di espressioni colloquiali.

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- Si usa nelle comunicazioni di massa in forma scritta e orale, nei giornali, nei notiziari radio-

televisivi, nei libri scolastici, in parte anche nei testi letterari.

La scelta del registro linguistico

Si fa in rapporto a tre elementi fondamentali:

a. la situazione comunicativa: le circostanze e i luoghi in cui avviene la

comunicazione

b. il tipo di rapporto esistente tra gli interlocutori, cioè tra le persone tra cui si

svolge la comunicazione. Il rapporto si può definire: 1. simmetrico (se l’emittente e

il destinatario sono su un piano di parità (coetaneo-coetaneo, professionista-

professionista); 2. assimetrico (quando tra i due si determina una situazione di

disparità dal punto di vista del prestigio professionale o del semplice grado

(superiore gerarchico – inferiore), dell’età (vecchio-giovane), della competenza

culturale (esperto –inesperto) e simili.

c. l’oggetto della comunicazione: l’argomento di cui si parla può essere un argomento

noto e quotidiano, da trattare in un registro colloquiale e familiare, o un argomento

complesso e specialistico, da trattare in un registro medio o colto.

La competenza comunicativa significa saper scegliere e utilizzare il registro linguistico più

adatto alla situazione in cui ci si trova (al luogo in cui si deve parlare, all’interlocutore cui ci si

rivolge, all’oggetto di cui si intende parlare).

Lista subiectelor pentru pregătirea în vederea evaluării finale:

1. Definire i registri alti della lingua.

2. Definire i registri informali della lingua.

3. Definire il registro medio della lingua.

4. Elementi fondamentali nella scelta del registro linguistico.

5. La competenza comunicativa

Temă de casă:

Esprimere il concetto “Richiesta di aprire la finestra” con cinque enunciati diversi, adeguati ai gradi decrescenti di formalità e intimità con l’interlocutore indicati di seguito: a. rapporto formale, tra estranei: __________________________________________________ b. rapporto formale, tra conoscenti: _______________________________________________

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c. rapporto informale, tra conoscenti: ______________________________________________ d. rapporto informale, tra amici: ___________________________________________________ e. rapporto intimo, tra amici: ______________________________________________________

Test

1. La variazione e l’evitamento della ripetizione lessicale, la preferenza per termini specifici

o per parole ritenute più auliche sono tratti linguistici tipici dei:

a. registri alti

b. registri bassi

2. Nel frammento perché io ecco m’è capitato…quand’è stato…venerdì sera, no… la scorsa

settimana… si tratta di:

a. registro basso

b. registro alto

3. Il registro colloquiale si usa:

a. In situazioni normali, con persone che non si conoscono bene.

b. In situazioni ufficiali, con persone di riguardo, soprattutto se non si conoscono

c. In situazioni domestiche o amicali, con familiari o persone che si conoscono bene e

con cui si è in rapporto di amicizia.

4. Il registro aulico si usa:

a. In situazioni domestiche o amicali, con persone con cui si è in grande confidenza.

b. In situazioni ufficiali, con persone di riguardo, soprattutto se non si conoscono

c. In situazioni normali, con persone che non si conoscono bene.

5. Nelle frasi A causa di un impegno precedentemente assunto, sono spiacente di declinare il

Vostro cortese invito. Con l’occasione porgo distinti saluti. il livello espressivo è:

a. medio

b. formale

c. informale

6. Ordinate le quattro espressioni che seguono in una scala di decrescente formalità:

A. devi prendere le compresse a stomaco pieno

B. deve assumere il farmaco a stomaco pieno

C. le pastiglie, prendile dopo mangiato

D. le compresse, le devi prendere dopo i pasti

a. D-C-A-B

b. C-B-D-A

c. A-B-D-C

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d. B-A-D-C

7. Saper scegliere e utilizzare il registro linguistico più adatto alla situazione in cui ci si

trova prende il nome di:

a. competenza linguistica

b. repertorio linguistico

c. competenza comunicativa

SoluŃii:

1. a

2. a

3. c

4. b

5. b

6. d

7. c

B. I SOTTOCODICI

I linguaggi settoriali (o i sottocodici) sono varietà di lingua dipendenti dall’argomento,

caratterizzate soprattutto da un lessico specialistico e utilizzate per comunicare da gruppi di parlanti

legati a particolari attività lavorative e professionali. Tenendo conto delle loro caratteristiche

linguistiche dominanti, i linguaggi settoriali si possono dividere nei seguenti tipi :

1. linguaggi dei settori scientifici e tecnici: linguaggio della medicina, linguaggio della fisica,

linguaggio della chimica, linguaggio della biologia, linguaggio della geologia, linguaggio

dell’astronomia, linguaggio della matematica, linguaggio dell’economia, linguaggio della

filosofia, linguaggio della psicologia, linguaggio della semiologia etc.

2. linguaggi settoriali misti: sono linguaggi che hanno un lessico costituito dalla confluenza

di elementi diversi provenienti dai linguaggi settoriali di altre discipline: linguaggio

giornalistico, linguaggio politico, linguaggio sportivo, linguaggio pubblicitario, linguaggio

della televisione

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3. linguaggi settoriali di professione o di mestiere: i linguaggi parlati in passato da persone

che esercitavano le stesse arti o lo stesso mestiere (i barcaioli veneziani) o i linguaggi ancora

oggi parlati dai cuochi6 etc.

Ogni sottocodice presenta livelli stilistici diversi che vanno da un massimo ad un minimo di

tecnicità, e quindi da un massimo ad un minimo di discostamento dalla lingua comune. Da questo

punto di vista, essi si distinguono, in genere, in speciali e specialistici.

I sottocodici speciali sono sottocodici a basso livello di esotericità, essendo accessibili ad

una cerchia più ampia di persone. I sottocodici specialistici invece sono quelli meno accessibili

agli utenti generali della lingua, essendo irrigiditi in terminologie.

Le caratteristiche principali dei linguaggi settoriali riguardano soprattutto il lessico, che è

il maggior settore di differenziazione di una lingua speciale rispetto alla lingua comune. I linguaggi

settoriali utilizzano un lessico specifico formato da un gran repertorio di tecnicismi, adatti ad

esprimere i significati peculiari di una disciplina. Ad esempio, il linguaggio settoriale della

medicina possiede termini specifici estranei alla lingua comune: stetoscopio, sulfamidico,

antibiotico, elettrocardiogramma etc. In questo senso, mentre la lingua comune è polisemica e

utilizza le parole prevalentemente in funzione connotativa (ad uno stesso significante corrispondono

più significati), i linguaggi settoriali rivalutano la funzione denotativa della lingua e attribuiscono a

ciascun significante un solo significato. Tuttavia, è possibile che un linguaggio settoriale usi gli

stessi vocaboli della lingua comune, ma con un diverso significato. Per esempio, nella lingua

comune, la parola chiave denomina lo strumento di metallo per aprire o chiudere una serratura

mentre nel linguaggio della musica rappresenta il segno che, posto all’inizio del rigo musicale,

consente di identificare le note che vi compaiono. Il termine radice, che nella lingua comune

rappresenta l’organo della pianta che solitamente si addentra nel terreno, ha significati diversi,

essendo usato:

- in medicina, come parte che costituisce il tratto iniziale di un organo e serve per

tenerlo fisso

- in linguistica, come elemento base, portatore di significato, di una parola

- in geologia, come zona in cui sembrano essersi originate le falde di ricoprimento

- in matematica, come numero che, elevato alla potenza espressa dall’indice,

riproduce il numero dato

Il lessico specialistico si ottiene attraverso vari procedimenti:

a) ricorso al prestito linguistico

6 Alcuni linguisti classificano questi linguaggi tra i gerghi.

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Si usano prestiti o calchi da lingue straniere. Le lingue più utilizzate sono: l’inglese, il greco e il

latino (questi ultimi soprattutto in ambito medico). Nei linguaggi della tecnica in genere,

dell’informatica, dello sport, del commercio e dell’economia prevalgono gli anglicismi:

- Prestiti integrati: dribblare, formattare, sponsorizzare, listare etc.

- Prestiti non integrati : telex, zoom, floppy disk, by-pass etc

b) ricorso a vari procedimenti di formazione delle parole

La terminologia medica, ad esempio, presenta una predilezione per:

- i grecismi: per esempio, dalla parola greca trophè (nutrimento) sono stati coniati numerosi termini con l’aggiunta di prefissi: Atrofia (con a- privativa ) – il difetto di nutrizione dei tessuti o di un organo Distrofia (con dis- , prefisso che indica difficoltà) – il disturbo di nutrizione di una parte anatomica con conseguenti lesioni Ipotrofia (ypo- sotto) – il difetto di nutrizione di un organo che comporta la diminuzione del volume Ipertrofia (iper – eccesso) – l’aumento di nutrizione di un organo che comporta l’aumento di volume e varie alterazioni anatomiche) - la formazione di termini mediante prefissi e suffissi di derivazione greca:

Suffisso Nome della malattia

- ite (infiammazione acuta) Artrite, meningite, otite, cellulite, tonsillite

- osi (affezione cronica) Artrosi, cirrosi, osteoporosi, tuberculosi

- oma (tumore) Fibroma, ematoma, glaucoma, linfoma

- la formazione di termini mediante la composizione di più parole:

- gastroenterostomia – (gaster-stomaco, enteron – intestino, stoma-bocca) – operazione che consiste nel mettere in comunicazione lo stomaco con un’ansa (bocca) intestinale

- anisocromemia – (an- pref. privativo, isos – uguale, kroma – colore, aima- sangue) – ineguaglianza di colorazione dei globuli rossi del sangue)

c) ricorso a parole prese dalla lingua d’uso, dandole un significato nuovo

Parole della lingua comune come anello, asse, base, campo, centro, movimento possono, da sole o

provviste di un elemento di determinazione, acquistare significati specifici propri di diversi settori

del lessico. Ad esempio, la parola campo nel passaggio al linguaggio militare, perde il significato

originario (porzione di terreno destinata a determinate colture) e assume quello specialistico di

luogo dove le reclute svolgono le esercitazioni collettive, attendate all’aperto. Il termine è usato

anche in linguistica (campo semantico), in medicina (campo visivo), in ottica (campo ottico),

nell’algebra moderna ( campo reale, campo complesso), in fisica (campo gravitazionale) etc.

d) ricorso a sigle e acronimi: ADN per Acido DesossiriboNucleico, RMN per Risonanza Magnetica

Nucleare, pin per Personal Identification Number (numero di identificazione personale) o per

Prodotto Interno Netto.

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Oltre al lessico specialistico, i sottocodici si distinguono dalla lingua comune anche al

livello della morfosintassi. Benchè usino le medesime strutture grammaticali della lingua comune, i

linguaggi settoriali tendono a ridurre al minimo l’uso dei verbi per sostituirli con nomi (processo di

nominalizzazione). Si evidenzia così la preferenza dei sottocodici per lo stile nominale, con la

perdita implicita dell’importanza del verbo. Es:

- lingua comune: Il Presidente del Consiglio è intervenuto alla fine dei lavori e ha

dichiarato di essere soddisfatto dei risultati raggiunti.

- linguaggio giornalistico: Nel suo intervento finale ai lavori, il Presidente del

Consiglio ha espresso la sua soddisfazione per i risultati raggiunti.

Data la straordinaria varietà dei sottocodici, si può concludere che ogni linguaggio settoriale

presenta al suo interno, oltre i tratti distintivi appena elencati, delle caratteristiche specifiche.

Lista subiectelor pentru pregătirea în vederea evaluării finale:

1. I linguaggi settoriali: definizione e tipologia

2. Caratteristiche del lessico specialistico

3. Differenza tra linguaggio settoriale e lingua comune.

4. Qual è la differenza tra sottocodici e registri?

Temă de casă:

1. Analizzate le differenze strutturali tra i seguenti testi ( a livello morfologico, sintattico, lessicale).

Quale dei due appartiene al linguaggio burocratico?

a) Il brigadiere è davanti alla macchina da scrivere. L’interrogato, seduto davanti a lui,

risponde alle domande un po’ balbettando, ma attento a dire tutto quello che ha da dire nel

modo più preciso e senza una parola di troppo: "Stamattina presto andavo in cantina ad

accendere la stufa e ho trovato tutti quei fiaschi di vino dietro la cassa del carbone. Ne ho

preso uno per bermelo a cena. Non ne sapevo niente che la bottiglieria di sopra era stata

scassinata"

b) Impassibile, il brigadiere batte veloce sui tasti la sua fedele trascrizione: "Il sottoscritto

essendosi recato nelle prime ore antimeridiane nei locali dello scantinato per eseguire

l’avviamento dell’impianto termico, dichiara d’essere casualmente incorso nel rinvenimento

di un quantitativo di prodotti vinicoli, situati in posizione retrostante al recipiente adibito al

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contenimento del combustibile, di aver effettuato l’asportazione di uno dei detti articoli

nell’intento di consumarlo durante il pasto pomeridiano, non essendo a conoscenza

dell’avvenuta effrazione dell’esercizio soprastante".

I testi citati si trovano in Italo Calvino, L’antilingua, în Una pietra sopra, Milano, Arnoldo

Mondadori, 1995, p. 149

2. Analizza, a scelta, il sottocodice dello sport o della medicina.

3. Ricerca dei messaggi comunicativi espressi in un registro burocratico e prova a riscriverli in un

registro medio.

4. Per ciascuno dei seguenti termini del sottocodice della medicina indica quello in uso nella lingua

comune:

a. ipertensione b. antiemetico c. astenia d. ecchimosi e. topico f. nosocomio g. eritema h. narcosi i. letale j. epistassi

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5. Dopo aver individuato e sottolineato i termini o le espressioni appartenenti a particolari

sottocodici, indica di ciascuno il campo settoriale di appartenenza, il significato specialistico e

il significato espresso nella lingua comune:

a. L’eredità che ci è giunta inaspettata è stata una vera linfa per il nostro bilancio ed è servita a sanare il nostro passivo.

b. Se vuoi riuscire nella vita, mettici più sprint ed evita di fare lo slalom tra i problemi che si presentano.

c. Dammi solo un input, poi proseguirò da solo. d. E’ da poco che ho iniziato questo lavoro e sono ancora in

rodaggio; spero di carburare meglio tra qualche giorno. e. Lavorerò ancora qualche anno nella mia ditta, poi passerò il

testimone a mio figlio.

4. La variazione diamesica

Obiettivi: saper distinguere le caratteristiche lessicali del parlato e del parlato

trasmesso.

La variazione diamesica rappresenta la variazione linguistica relativa al mezzo

fisico/canale utilizzato per la comunicazione. Il mezzo usato per comunicare (aria, pagina

scritta, pc, cellulare ecc.) origina varietà diverse di lingua (parlata, scritta, mediata). Da questo

punto di vista si può parlare di:

- lingua parlata - quando il canale per comunicare è rappresentato dall’aria

- lingua scritta - quando il mezzo per comunicare è rappresentato dalla pagina scritta

- lingua trasmessa – quando si usano mezzi di comunicazione a distanza come radio,

televisione e cinema.

Ciascuna delle varietà al suo interno è attraversata da altri fattori di variazione: la

classe sociale e il livello di istruzione del parlante, la sua origine regionale, la sua età, la

situazione comunicativa ecc.Ciò accade perché i parametri di variazione di una lingua non

sono separabili ma, al contrario, si intrecciano e interagiscono continuamente tra loro.

Negli ultimi anni, con la diffusione dei moderni mezzi di comunicazione (cellulare,

computer ecc.) i confini tra scritto e parlato sono andati sfumando e si stanno diffondendo

sempre più varietà ibride. Es.: SMS o forme di comunicazione via pc come le chat line, che

utilizzano la lingua scritta, ma si tratta di uno scritto che imita fortemente la grammatica e lo

stile del parlato.

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Le caratteristiche lessicali del parlato:

- minore diversificazione nella scelta delle parole

- frequente ripetizione dello stesso lessema

- utilizzazione di parole dal significato generico (roba , cosa, affare, tipo)

- toni più coloriti e ricerca di espressività maggiore con l’aiuto di superlativi in –

issimo applicati sia ad aggettivi (ho avuto tantissima paura) che a sostantivi

(ho fatto un esamissimo)

- la negazione si fa attraverso formule enfatiche di tipo: un tubo (non ho visto un

tubo), un accidente di niente (non ho visto un accidente di niente).

- uso frequente di diminutivi in –ino con valore affettivo questo è un regalino

per voi po’ matta; non è poi così stupida) non presenti nello scritto.

- uso di un lessico poco sorvegliato

Le caratteristiche del parlato trasmesso:

- poggia generalmente su un testo scritto (Es. : il parlato cinematografico, i

programmi radiotelevisivi)

- si rivolge ad un pubblico ampio e del tutto indifferenziato dal punto di vista

della diastratía

- è monodirezionale: la comunicazione procede solo dal mittente al destinatario.

L’azione del canale sulla struttura dell’interazione: Il canale usato per comunicare influenza lo scambio comunicativo al punto da originare

modelli interazionali anche molto diversi tra loro. Secondo il sociologo britannico Thompson

(Thompson, J.B., Mezzi di comunicazione e modernità, Bologna, Il Mulino, 1998), il mezzo usato

per comunicare genera tre tipi di interazione: INTERAZIONE FACCIA A FACCIA ;

INTERAZIONE MEDIATA ; QUASI-INTERAZIONE MEDIATA.

Tutti i possibili scenari comunicativi, secondo Thompson, rientrano in una di queste forme di

interazione.

L’INTERAZIONE FACCIA A FACCIA: E’ la tipologia più antica di interazione; ancora

oggi è la più comune e diffusa. I tratti costitutivi di tale forma di interazione sono: (i)

compresenza fisica degli interagenti, (ii) uso del canale visivo e uditivo, (iii) struttura che

prevede un’apertura ed una chiusura codificate e, internamente, il susseguirsi di turni, (iv)

negoziazione e co-costruzione del significato da parte degli interlocutori.

Page 37: Lic Lexicologie

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Un caso a parte è costituito dall’INTERAZIONE MEDIATA. Rientrano in questo gruppo le

conversazioni telefoniche, l’interazione attraverso lettere e SMS e le varie forme di

comunicazione mediata dal computer.

QUASI – INTERAZIONE MEDIATA

E’ la tipologia di interazione che avviene attraverso i mezzi di comunicazione di massa:

RADIO, TELEVISIONE, CINEMA E STAMPA (LIBRI E GIORNALI ).

Lista subiectelor pentru pregătirea în vederea evaluării finale:

1. caratteristiche generali della variazione diamesica

2. caratteristiche lessicali del parlato

3. caratteristiche lessicali del parlato trasmesso

4. Tipi di interazione

Le varietà diacroniche della lingua

Obiettivo di questa unità didattica è introdurre alla prospettiva storica nello studio del lessico.

La variazione diacronica rappresenta la variazione della lingua nel tempo. Analizzare

le varietà storiche dell’italiano significa ricostruire la storia della lingua italiana.

L’italiano attuale deriva dal latino. Il latino era la lingua parlata in Italia, intorno al IX-

VIII secolo a. C. , da un piccolo popolo di contadini e guerrieri che viveva presso la foce del

Tevere. Tra il V e il III secolo a. C. questo popolo sottomise militarmente e politicamente

tutte le popolazioni al di qua delle Alpi e poi, nei secoli successivi, buona parte dell’Europa,

dell’Africa settentrionale e dell’Asia mediterranea. Sul piano linguistico, esso impose nei

territori conquistati la propria lingua – il latino, che si sovrappose a quelle esistenti e, nei

territori dove la dominazione romana durò più a lungo, le sostituì non senza assorbirne, a

livello di lingua parlata, molteplici elementi che la diversificarono regione per regione.

Quando l’Impero romano, tra il III e il V secolo d.C. cominciò a disgregarsi, la lingua

latina perse la sua centralità. Mentre il latino scritto rimase ancora una realtà abbastanza

compatta, il latino parlato (o latino volgare = parlato dal vulgus = popolo) prese a evolversi in

modo autonomo e diverso da zona a zona. Le lingue originarie di substrato (le lingue parlate

originariamente nelle varie zone) riemersero, accentuando le differenze fonologiche,

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morfologiche e lessicali esistenti nel latino parlato nei diversi territori dell’Impero, mentre le

lingue dei nuovi dominatori (in generale di origine germanica) portarono nuove parole.

Intorno al 600-700 d.C., in alcuni territori il latino scomparve (Germania, Inghilterra),

in altri, dove la colonizzazione romana era stata più lunga (come l’Italia, la Francia, la

Spagna, il Portogallo, la Romania) sulla base comune latina si formarono numerosi dialetti o

volgari (parlate locali che appaiono come continuazione del latino.) Poi, con il tempo, un

dialetto si impose sugli altri e divenne la lingua nazionale di quel territorio. Queste lingue

sono dette lingue neolatine (= latine nuove) o romanze (parlate nei territori dominati un

tempo da Roma). Nel loro insieme, esse costituiscono una famiglia linguistica omogenea,

formata da 10 rami principali: portoghese, spagnolo (o castigliano), catalano, francese,

franco-provenzale, provenzale, italiano, sardo, ladino, rumeno.

In Italia, tra il V e l’VIII secolo, la dissoluzione dell’unità linguistica fondata sul latino

portò alla nascita dei dialetti o volgari italiani . Queste nuove lingue, considerate tipiche della

gente non dotta e di estrazione popolare furono inizialmente impiegate solo per la

comunicazione orale; ad esse si contrapponeva il latino, che rimase ancora per lungo tempo

l’unica lingua scritta e la lingua ufficiale della Chiesa.

In Italia il volgare è documentato più tardi che in Francia. Ecco un esempio di lingua

scritta non più latino e non ancora pienamente varietà italiana, conosciuto sotto il nome di

Indovinello veronese (fine VIII-inizio IX sec.):

Se pareba boves, Si sospingeva avanti i buoi,

alba pratalia araba, bianchi prati arava,

albo versorio teneba, un bianco aratro teneva,

et nigro semen seminaba. e nero seme seminava.

Soluzione: la mano che scrive spinge avanti le dita (i buoi), solca i bianchi fogli di pergamena

(i prati), tiene ferma la penna d’oca (l’aratro bianco) e semina il nero seme dell’inchiostro.

Per la sua completezza viene considerato come atto di nascita della lingua italiana la

formula

dei testimoni di un atto notarile detto Placito (= sentenza) di Capua (960):

Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene

trenta anni le possette parte Sancti Benedicti

“So che quelle terre, per quei confini che qui si contengono,

(per) trent’anni le possedette la parte di San Benedetto”

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Questo è il primo testo datato che presenta le due lingue, latina e volgare, chiaramente

distinte e contrapposte, entro uno stesso documento: in latino è redatto il documento dal

notaio ma i

testimoni giurano usando la formula nella varietà locale campana.

Per lo sviluppo di un volgare letterario si deve aspettare fino al Duecento, quando si

hanno fioriture diverse in varie parti d'Italia, dalla poesia siciliana, ai testi religiosi umbri, ai

poemi didattici settentrionali, ai versi e alla prosa di provenienza bolognese, e poi toscana. Si

tratta di testi scritti in diverse varietà linguistiche. Fino a quasi tutto il Medioevo, in Italia si

usarono più dialetti (più volgari). Poi, a partire dal Trecento, fra tutti questi dialetti si distinse,

per merito dei suoi poeti e dei suoi prosatori (Dante, Petrarca, Boccaccio) il dialetto o

volgare fiorentino, che divenne la vera lingua italiana, riducendo tutti gli altri idiomi al ruolo

subordinato di dialetti. Nel Cinquecento si accese un dibattito sulla questione della lingua,

perchè c’erano ancora molte incertezze sulle norme e i modelli linguistici da seguire. Un

avvenimento che consacrò l’importanza dell’italiano fu la pubblicazione nel 1612 del primo

vocabolario ad opera dell’Accademia della Crusca, che fu per lungo tempo il principale punto

di riferimento di tutti i letterati.

Nell’Ottocento, il dibattito sulla lingua è dominato da Manzoni. Lo scrittore

intervenne una prima volta nelle discussioni sulla lingua dichiarando di voler scrivere un

romanzo nazionale in lingua "viva e vera". Ma Manzoni non era toscano e conosceva il

proprio dialetto (il lombardo), il francese e l'italiano delle grammatiche. Era quindi difficile

per lui scrivere in una lingua che non aveva mai parlato. Manzoni ebbe il merito storico di

respingere l'idea dominante che la lingua normativa dovesse essere quella letteraria. Cercò

nell’uso vivo una lingua media parlata, gli sembrò di trovarla a Firenze e ne fece la lingua del

suo romanzo. In un secondo momento intervenne anche nella politica linguistica del tempo

quando propose il fiorentino parlato come modello di lingua nazionale dopo la formazione

dello Stato unitario nel 1861. Manzoni ebbe il merito di avvicinare la lingua scritta a quella

parlata, ma altri furono i fattori più efficaci di unificazione linguistica.

Nel Novecento numerosi fattori sociali contribuirono alla diffusione della lingua

nazionale:

a) la burocrazia (enti pubblici di vario genere diffusi su tutto il territorio nazionale);

b) il servizio militare obbligatorio che favorì la reciproca conoscenza fra giovani provenienti

da diverse regioni della Penisola;

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c) l’industrializzazione (a cavallo tra i due secoli si spopolano le campagne a favore di una

concentrazione della popolazione nelle grandi aree industriali) che produce l’urbanesimo e le

migrazioni sia interne che all’estero;

d) l’obbligo scolastico;

e) i media (in particolare cinema, radio e televisione, stampa).

Di fatto, se ancora all’indomani della proclamazione dell’unità nazionale gli italiani che

parlavano la lingua italiana erano solo il 2,5% dell’intera popolazione (la maggioranza di essi

parlava il dialetto), alla metà degli anni Novanta gli italiani che non parlano l’italiano ma

parlano solo il dialetto sono intorno al 14-15%.

Lista subiectelor pentru pregătirea în vederea evaluării finale:

1. Illustra i motivi per i quali il fiorentino del Trecento è diventato

lingua comune.

2. Fattori sociali che hanno contribuito alla diffusione della lingua

nazionale.

3. Il ruolo del Manzoni nel dibattito sulla lingua.

4. Il latino volgare.

5. Le lingue neolatine.

6. Momenti importanti nell’evoluzione storica della lingua.

7. I primi documenti scritti della lingua italiana.

8. La “Questione della lingua”

TEST:

Completa:

La variazione ................... rappresenta la variazione della lingua nel tempo.L’italiano attuale

deriva dal ................. . Quando l’Impero romano, tra il III e il V secolo d.C. cominciò a

disgregarsi, la lingua latina perse la sua centralità. Mentre il latino ................. rimase ancora

una realtà abbastanza compatta, il latino parlato (o latino ...................) prese a evolversi in

modo autonomo e diverso da zona a zona. Intorno al 600-700 d.C., in alcuni territori il latino

scomparve (Germania, Inghilterra), in altri, dove la colonizzazione romana era stata più lunga

(come l’Italia, la Francia, la Spagna, il Portogallo, la Romania) sulla base comune latina si

formarono numerosi dialetti o ................. (parlate locali che appaiono come continuazione

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41

del latino.) Poi, con il tempo, un dialetto si impose sugli altri e divenne la lingua ....................

di quel territorio. Queste lingue sono dette lingue ................................. (= latine nuove) o

............................ (parlate nei territori dominati un tempo da Roma). Nel loro insieme, esse

costituiscono una famiglia linguistica omogenea, formata da 10 rami principali:

....................., spagnolo (o castigliano), catalano, ......................., franco-provenzale,

provenzale, ......................., sardo, ladino, .............................. In Italia, tra il V e l’VIII

secolo, la dissoluzione dell’unità linguistica fondata sul latino portò alla nascita dei dialetti o

volgari italiani . Queste nuove lingue, considerate tipiche della gente non dotta e di estrazione

....................... furono inizialmente impiegate solo per la comunicazione ........................; ad

esse si contrapponeva il ..................., che rimase ancora per lungo tempo l’unica lingua scritta

e la lingua ufficiale della Chiesa. Per lo sviluppo di un volgare letterario si deve aspettare fino

al Duecento, quando si hanno fioriture diverse in varie parti d'Italia, dalla poesia

........................, ai testi religiosi umbri, ai poemi didattici settentrionali, ai versi e alla prosa di

provenienza bolognese, e poi toscana. Si tratta di testi scritti in diverse varietà linguistiche.

Fino a quasi tutto il Medioevo, in Italia si usarono più dialetti (più volgari). Poi, a partire dal

Trecento, fra tutti questi dialetti si distinse, per merito dei suoi poeti e dei suoi prosatori

(Dante, Petrarca, Boccaccio) il dialetto o volgare ......................., che divenne la vera lingua

italiana, riducendo tutti gli altri idiomi al ruolo subordinato di dialetti. Nel Cinquecento si

accese un dibattito sulla questione della lingua, perchè c’erano ancora molte incertezze sulle

norme e i modelli linguistici da seguire. Un avvenimento che consacrò l’importanza

dell’italiano fu la pubblicazione nel 1612 del primo vocabolario ad opera dell’Accademia

della ......................., che fu per lungo tempo il principale punto di riferimento di tutti i

letterati. Nell’Ottocento, il dibattito sulla lingua è dominato da ............................. Nel

Novecento numerosi fattori ..................... contribuirono alla diffusione della lingua nazionale:

a) la ........................ (enti pubblici di vario genere diffusi su tutto il territorio nazionale);

b) il ....................... ....................... obbligatorio che favorì la reciproca conoscenza fra

giovani provenienti da diverse regioni della Penisola;

c) l’................................... (a cavallo tra i due secoli si spopolano le campagne a favore di una

concentrazione della popolazione nelle grandi aree industriali) che produce l’urbanesimo e le

migrazioni sia interne che all’estero;

d) l’obbligo scolastico;

e) i ........................ (in particolare cinema, radio e televisione, stampa).

SoluŃii:

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Diacronica, latino, scritto, volgare, volgari, nazionale, neolatine, romanze, portoghese, francese, italiano, rumeno, popolare, orale, latino, siciliana, fiorentino, Crusca, Manzoni, sociali, burocrazia, servizio, militare, industrializzazione, media.

Le componenti del lessico italiano

Obiettivi: saper analizzare il lessico italiano nelle sue componenti; riconoscere, accanto alle parole di tradizione popolare, i latinismi di trafila dotta; distinguere i prestiti dai calchi; elencare alcuni prestiti per ciascuna delle principali lingue che hanno avuto un'influenza sull'italiano; riconoscere i neologismi rispetto ai termini tradizionali e agli arcaismi.

Il lessico non è un cumulo informe di parole; possiamo ordinarlo in un insieme di settori

distinti in base a determinati criteri. Il lessico italiano è formato da:

1. Il fondo ereditario latino

2. I prestiti

3. Le neoformazioni

1.Il fondo ereditario latino

Circa 70% del lessico italiano attuale deriva dal latino. L’ingresso delle parole latine è

avvenuto nel tempo in due modi:

a) alcune parole sono entrate nell’italiano, tra il V e il X-XII secolo, per tradizione

ininterrotta o popolare – attraverso la lenta evoluzione della lingua latina parlata (esse

si sono variamente modificate nella forma e spesso anche nel contenuto (es. Oculum –

occhio, dominam- donna)

b) altre parole – i latinismi - sono entrate in italiano, nei secoli successivi, per tradizione

interrotta o dotta – attraverso il recupero operato da dotti (essendo rimaste estranee

all’uso vivo, non hanno subito mutamenti della forma o del significato) (es. Causa –

causa, equester – equestre). I latinismi sono un tipo particolare di prestito. A

differenza delle parole popolari, i latinismi conservano più fedelmente l’originaria

forma latina. Questo stacco si vede bene nei doppioni (o allotropi), quelle parole che

in italiano, ma anche in francese o in altre lingue, si rifanno alla stessa parola latina,

ma si presentano in forma diversa. Esempi:

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vezzo – vitiu(m) – vizio

cerchio – circulu(m) – circolo

soldo – solidu(m) - solido

Mutamenti lessicali nel passaggio dal latino alla lingua italiana

a. Alcune parole, con trasformazioni fonetiche più o meno rilevanti, si sono trasmesse

nella lingua italiana mantenendo il loro significato originario:

Termine latino Termine italiano

Venire Venire

Habere Avere

Filius Figlio

Timere Temere

Mater (acc. Matrem) Madre

b. Altre hanno subito nel passaggio un cambiamento di significato:

Mulier - donna Moglie

Domina – padrona Donna

Imbecillus – debole Imbecille

Otium – tempo libero Ozio

Industria – operosità industria

c. La maggior parte dei termini italiani sono derivati dal linguaggio parlato. In molti casi

la parola è stata trasmessa nella forma del diminutivo, che era di largo impiego nella

lingua popolare :

Latino

Parola popolare latinismo

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Forma normale Forma del diminutivo italiano

Avis Avicellus Uccello

Agnus Agnellus Agnello

Frater Fratellus fratello

d. Spesso il latino volgare presentava vocaboli differenziati rispetto a quelli usati dalle

persone di cultura e negli scritti: in questi casi, si è trasmessa in genere la parola d´uso

popolare, mentre la voce dotta, recuperata in tempi più recenti, si è aggiunta alla

lingua italiana come termine colto:

Termine volgare Derivato italiano Termine dotto Derivato italiano

Focus Fuoco Ignis Ignifugo

Caballus, cavallo da

lavoro

Cavallo Equus, cavallo di

razza

Equestre, equino

Casa, capanna Casa Domus, casa

signorile

Duomo (la casa di

Dio)

e. Numerose parole sono state riprese in epoca recente, per indicare concetti o oggetti

nuovi, da termini latini che hanno subito un adattamento di significato:

Termine latino Termine italiano Termine latino Termine italiano

Bacillum, bastoncino Bacillo Nucleus, gheriglio

della noce

Nucleo

Capsula, scatola Capsula Video, io vedo video

Audio, io ascolto audio

f. Molte parole ed espressioni latine si sono trasmesse nell’italiano senza subire alcuna

trasformazione fonetica: ultimatum, referendum, deficit, agenda, gratis, aula magna

etc.

Lista subiectelor pentru pregătirea în vederea evaluării finale:

1. Differenza tra le parole entrate in italiano per tradizione popolare e i latinismi.

Page 45: Lic Lexicologie

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2. Mutamenti lessicali nel passaggio dal latino alla lingua italiana

2. I prestiti

Il lessico di ogni lingua è stratificato, cioè è costituito da vari strati . Lo strato [+

nativo] è quello centrale di una data lingua, quello [- nativo] definisce gli strati periferici che

spesso riflettono le vicende storiche, i contatti che la lingua ha o ha avuto con altri sistemi

linguistici. L’italiano ha diversi strati non nativi, come testimoniano voci di origine latina

(parricida), greca (antropologia), inglese (baby sitter), francese (dessert), araba (cifra) etc.

Lo strato [-nativo] dell’italiano è costituito da:

A. prestiti

B. calchi

Sia i prestiti che i calchi sono forme di interferenza tra sistemi linguistici diversi e

riguardano la riproduzione di una data parola da una lingua di partenza ad una lingua d’arrivo.

Se la riproduzione è di struttura morfologica, sintattica o semantica si ha un calco strutturale o

semantico; se la riproduzione è centrata sul significante si ha un prestito.

A. I Prestiti

I prestiti rappresentano contributi provenienti da altre lingue ed entrati nel patrimonio

lessicale italiano; questi contributi provengono dalle lingue dei popoli con cui gli italiani sono

venuti in contatto, direttamente o indirettamente, nei secoli, per vicende storiche, economiche,

sociali, politiche e culturali.

Il prestito costituisce una delle modalità di arricchimento della lingua. Accanto al

fondo latino ereditario e alle neoformazioni, il prestito è una delle componenti fondamentali

del lessico italiano.

Tipologia dei prestiti

I prestiti possono essere:

1. Prestiti integrati / non integrati

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2. Prestiti di necessità / di lusso

3. Prestiti definitivi / non riusciti

4. Prestiti che entrano attraverso la lingua scritta / attraverso il parlato

5. Prestiti da lingue estinte / prestiti da lingue viventi / prestiti dai dialetti

1. Prestiti integrati / non integrati

Sono chiamati anche prestiti adattati e non adattati.

a) I prestiti integrati sono i prestiti adattati foneticamente, (hanno assunto una grafia e

una pronuncia italiana), e morfologicamente (hanno mutato il genere o il numero) in modo da

risultare parole italiane a tutti gli effetti. La loro forma non identifica più la loro origine

straniera.

Ecco alcuni esempi:

- giardino / (dal franco-provenzale jardin)

- besciamella (dal francese béchamel)

- bistecca / (dall’inglese beefsteak)

- bianco / (dal germanico blank)

- cifra / (dall’arabo sifr / vuoto)

- zucchero / (dall’arabo sukkar)

Fino all’Ottocento inoltrato si osserva la prevalenza dei prestiti integrati, dovuta

specialmente all’ostilità della lingua a introdurre parole che terminassero per consonante.

Così, patriote diventa patriota, radical diventa radicale etc. Questa tendenza si invertisce nel

Novecento, secolo in cui predominano i prestiti non integrati. Si adattano però alla prima

coniugazione i verbi inglesi: da flirt si ha flirtare, da chat chattare etc.

b) I prestiti non integrati sono i prestiti che, essendo entrati nelle lingua italiana in epoca

recente, hanno conservato la loro forma originaria, e quindi sono invariabili (al plurale hanno

la stessa forma del singolare). Infatti, l’italiano contemporaneo non integra quasi più i prestiti.

Ecco un elenco di prestiti non integrati:

- dessert (dal francese dessert)

- golpe (dallo spagnolo golpe)

- sport (dall’inglese sport)

- würstel (dal tedesco würstel)

- film (dall’inglese film)

- robot (dal ceco robot)

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Altri esempi di prestiti non integrati:

album baby-sitter bar blitz break body body-building boss boutique budget bungalow business cabaret champagne charter choc click clownclub cocktail computer

dessert detective disc-jockey entourage équipe fan food fax festival film goal habitat handicap hard discounthashish hippy hobby hotel input islam

leader leadership lobby look love-story luna-park mail manager marketing nursery parquet partner quiz raid referendum rock round scooter star stress

summit shampoo shopping slalom sponsor sport spot spray tabloid target telenovela tennis test tram T-shirt tunnel utility videogame virus vodka

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Si osserva facilmente che l’italiano è oggi particolarmente aperto a prestiti dall’inglese.

2. Prestiti di necessità/ di lusso

a. I prestiti di necessità riguardano l’assimilazione della parola e insieme del referente,

che può essere un oggetto o un’idea, prima ignoti. Per esempio, la patata è un prestito

di necessità, perchè è stata importata dall’America insieme al nome che la designa.

Patata è una parola haitiana giunta in italiano attraverso lo spagnolo. Ecco altri esempi

di prestiti di necessità: cacao, caffè, computer, treno, gulash, giungla, sauna.

b. I prestiti di lusso sono quelli che hanno un corrispondente nell’italiano. Essi hanno un

fine stilistico e di promozione sociale; talvolta vocaboli ed espressioni inglesi fanno

comodo per la loro brevità (sexy, show). Per esempio, l’inglese leader è un prestito di

lusso, perchè in italiano esiste già la parola capo. Lo stesso va per: baby-sitter /

bambinaia; week-end / fine settimana; break / pausa, intervallo; golpe / colpo di

stato. Non tutti i prestiti di lusso sono “inutili”, in quanto spesso il termine straniero

può contenere delle sfumature diverse da quella della parola indigena.

3. Prestiti definitivi / non riusciti

Questa distinzione misura la durata di un prestito.

a) Ci sono prestiti definitivi , cioè prestiti presenti in italiano da secoli. In casi di

questo tipo, il parlante ignora di solito la provenienza del prestito,

percependolo come una parola italiana. Per esempio, mangiare (dal francese

antico mangier) non è più identificato come prestito dai parlanti.

b) Esistono casi di prestiti non riusciti , che sono utilizzati per un breve periodo e

poi cadono in disuso. Per esempio, nel Cinquecento, in Italia circolano parole

spagnole che oggi non si incontrano più.

4. Prestiti che entrano attraverso la lingua scritta / attraverso il parlato

In ciò che riguarda le modalità di acquisizione, i prestiti entrano in italiano sia attraverso

la lingua scritta sia attraverso la lingua parlata (per contatto diretto tra persone o per parlato

trasmesso - parlato televisivo e radiofonico). Per esempio, tunnel è entrato attraverso la

lingua scritta; si pronuncia infatti all’italiana; se fosse entrato attraverso la lingua parlata si

pronuncerebbe /’tanel/, che è una pronuncia vicina a quella inglese. Budget, pronunciato

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/’badget/ è entrato con la lingua parlata. Ci sono poi parole inglesi che in Italia sono

pronunciate in vario modo: flirt : /flert/, /flirt/.

5. Prestiti da lingue estinte / prestiti da lingue viventi / prestiti dai dialetti

Ecco alcuni esempi di prestiti entrati in varie epoche in italiano (prestiti da popoli venuti a

contatto con il popolo italiano durante la sua storia):

I Latinismi: sono entrati in italiano in varie epoche: scienza, coscienza, sapienza, repubblica,

esercito, insetto, pagina, cellula, condensare, corolla. (Soprattutto a partire dal Settecento,

molti latinismi e grecismi vengono dal francese e dall’inglese, lingue che hanno per prime

ripreso questi vocaboli dalle lingue classiche diffondendoli poi in Europa; franco-latinismi e

franco-grecismi: analisi, coalizione, emozione, epoca, industria; anglo-latinismi: esibizione,

legislatura, costituzionale, sessione).Si tratta in particolare di vocaboli che riguardano i settori

della scienza e della tecnica, della filosofia, dell’economia, della politica: per questo si parla

di un lessico europeo di carattere intellettuale.

I Germanismi

Nella prima parte del lungo periodo medievale seguito alla Caduta dell’Impero romano

d’Occidente (476 d C. ), le orde barbariche si catapultarono in Italia, lasciando anche nel

settore linguistico tracce ancor valide.

a. GOTI: portarono vocaboli militari (bando, guardia, elmo) e domestici (spola), verbi e

aggettivi ( recare, schietto, arredare,) bega.

b. LONGOBARDI: spiedo, stamberga, guancia, schiena, anca, ciuffo, graffiare,

scherzare, spaccare, arraffare, spiare, spruzzare, tuffare;

c. FRANCHI: ardire, bosco, foresta, galoppare, abbandonare, guadagnare, guardare /

spiare il nemico, guerra, orgoglio, tregua, troppo

Nomi propri germanici: Baldo, Berto, Alberti, Adelchi, Aldo, Bernardo, Bruno, Corrado,

Federico, Guglielmo, Ludovico, Riccardo.

I Grecismi

Oltre agli antichi prestiti passati in italiano tramite il latino (scuola, cattedra, camera,

basilica, con il Cristianesimo entrarono termini come: chiesa<ecclesia, vescovo <episcopus,

angelo < angelus, martire < martyr), si devono ricordare grecismi più recenti dovuti al

contatto con il mondo bizantino (gondola, argano, molo,, anguria, basilico, paragone)

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Gli Arabismi

Motivi cha hanno portato alla penetrazione di parole arabe in italiano standard:

1. dall’ottavo alla fine del quindicesimo secolo, delle compagini statuali arabo-islamiche

governarono la penisola iberica e, per il periodo dall’827 al 1091, anche la Sicilia.

2. i contatti tra i mercanti arabi ed italiani hanno favorito la diffusione nell’italiano di

numerosi elementi lessicali presi a prestito dall’arabo.

3. le varie Crociate

4. un buon numero di parole di origine araba è penetrato in italiano in maniera per così dire

indiretta e mediata, attraverso le traduzioni in latino di un gran numero testi filosofici,

astronomici, matematici e tecnico-scientifici redatti originariamente in arabo.

Esempi:

- Alfiere. Sia nel senso di "portabandiera" che nel senso, da esso derivato di "pezzo del gioco degli

scacchi movibile in senso diagonale lungo le caselle di uno stesso colore". L’etimo è nello spagnolo

alférez, che a sua volta viene, in ultima analisi, dal vocabolo arabo al-fīl "elefante"

-Assassino. Deriva dalla parola araba hashishiyya o anche hashshashiyya, che significa letteralmente

fumatore di hashish. Il termine fu usato per indicare gli adepti del gruppo ismailita dei Nizariti di

Alamut in Persia, che seguivano con obbedienza cieca il loro capo noto come "il Veglio della

Montagna". Gli aderenti alla setta avevano costituito una sorta di organizzazione terroristica ante

litteram, per realizzare azioni violente e assassini politici in vari paesi del Vicino Oriente. Si dice che,

prima di andare a compiere simili imprese, i membri del gruppo si inebriassero, fumando cospicue

quantità di hashish: da qui la denominazione, dalla connotazione denigratoria, di hashishiyya che fu

loro attribuita. L’uso del termine è stato poi esteso ad indicare l’omicida, senza particolari attributi.

-Baldacchino. Dall’arabo bagdādī, aggettivo con il senso di "di Bagdad", che già in Levante

significava tanto una "stoffa preziosa di Bagdad" quanto "ornamento a forma di cupola, che sovrasta

qualche cosa".

-Arancio, Carciofo, Limone

I Gallicismi

Con la conquista di Carlomagno (774) comincia l’influsso dell’antico francese sull’italiano. I

Normanni, di lingua francese, occupano per due secoli l’Italia meridionale. I pellegrinaggi, le

crociate, la fondazione di ordini monastici, ma soprattutto il prestigio delle letterature francese

e provenzale spiegano il passaggio in Italia di molti vocaboli d’Oltralpe.

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I Gallicismi (francesismi + provenzalismi): cavaliere, scudiere, messere, dama, damigello,

lignaggio, arnese, foraggio, stendardo, fermaglio, gioiello, cuscino, sparviere, viaggio,

pensiero, preghiera.

Gli Spagnolismi

Nei secoli XVII e XVIII, la lingua italiana si arricchisce di parole che vengono dallo

spagnolo, perchè in questo periodo la Spagna governava, molta parte dell’Italia, dalla

Lombardia alla Sicilia. Esempi: baciamano, complimento, etichetta, sfarzo, puntiglio, regalo,

mantiglia, pastiglia, vigliacco, flotta, marmellata.

I Francesismi

Il lessico intellettuale europeo nasce soprattutto a partire dalla seconda metà del Settecento

per il diffondersi della cultura illuministica. Il centro culturale d’Europa è la Francia e il

francese diventa in questo secolo una specie di lingua internazionale. Le parole chiave di

questo periodo: ragione, fanatismo, pregiudizio, progresso, filsofo, liberi pensatori,

cosmopoliti, filantropi, sentimento, civilizzare, patriota, democrazia, monopolio,

concorrenza, esportare, importare, cotoletta, filetto; Calchi traduzione: belle arti, sangue

freddo, presenza di spirito.

Gli Anglicismi

Durante il Settecento e l’Ottocento l’influsso inglese è mediato dal francese.

Esempi: adepto, immorale, imparziale, acquario, inflazione.

L’influsso si accresce nel Novecento, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra, quando

l’Italia è invasa da prodotti, da tecniche e da mode provenienti dagli Stati Uniti.

Esempi: autostop, bar, best-seller, jeans, bus, camping, club, computer, compact disc, data

base, flash, hobby, jazz, leader, killer, manager, mass media, miss, model, nurse, nylon, ok,

partner, quiz, reporter, smog, sandwich, test, star etc.

In italiano oggi predominano i prestiti dall’inglese (bed and breakfast, big bang, audience)

ma vi sono anche prestiti dal francese (bidonville, bricolage, déjà vu), dal tedesco e dallo

spagnolo (Dobermann, Umlaut, Gulasch; cucaracha, desaparecido, buen retiro).

Naturalmente in ogni lingua convivono moltissimi strati e un esame accurato del lessico

italiano rivelerà la presenza di voci russe (duma, glasnost, gulag), giapponesi (judo, kamikaze,

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harakiri, karaoke), turche (chefir, harem, kebab), hindi (mahatma, maharajah), afrikaans

(apartheid) etc.

I prestiti dai dialetti

Ecco un breve elenco:

Piemonte: barbera (= vino), comò (= cassetto), grissini, pelare (= sbucciare), tota (=

ragazza), travetto (= impiegato);

Liguria: acciuga, darsena, lavagna, mugugnare, pandolce, pesto;

Lombardia: baiocchi (= denaro), balera (= locale dove si balla), barabba (= forse), barbone

(= mendicante), bollito (=lesso), bevuto (= ubriaco), fifa, gorgonzola (= formaggio), grana,

lavandino, mascarpone, osso buco, panettone, tosa (= ragazza);

Veneto: barba (= zio), branzino (= pesce), campiello (= piazzetta), ciao, ciccare (= esser

contrariato), gondola, gotto (= bicchiere), grazie, laguna, lazzaretto, lido, pettegolezzo,

tiramisù, traghetto, vestaglia;

Lazio: benzinaro, fanatico, fasullo (= falso), menare, pignolo (= meticoloso), pizzardone (=

vigile urbano), pupazzo ( = burattino), pupo;

Campania: arrangiarsi, bancarella, caciocavallo, cafone (= contadino), calzone (= pizza

chiusa e imbottita), camorra, ciuccio (= asino), fusilli, iettatura, malocchio, margherita (=

pizza con mozzarella), mozzarella, palo (= spia), pittare (= dipingere), pizza, scassare (=

rompere), scippo, scostumato (= ineducato);

Sicilia: intrallazzo (= commercio illecito), mafia, netturbino, trazzera (= sentiero) etc

B. I Calchi

A differenza del prestito, che è una vera e propria parola straniera, il calco è una parola

italiana o un gruppo di parole italiane su cui agisce un influsso straniero. I calchi possono

essere:

1. I calchi semantici

2. I calchi traduzione

1. Il calco semantico si ha quando una parola italiana assume un nuovo significato per effetto

dell’influsso di una corrispondente parola straniera.

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Per esempio, conforto, parola che esiste in italiano con il senso di sollievo, consolazione

acquista il senso di agi, comodità, sull’influsso dell’inglese comforts. Invece autorizzare, che

un tempo significava rendere autorevole, avere autorità, ha cambiato tale significato con

quello di permettere.

2. Il calco traduzione (o strutturale) si ha quando con materiali italiani si forma una parola

composta traducendo alla lettera gli elementi di un composto di una lingua straniera. Per

esempio, grattacielo riproduce l’inglese sky-scraper (sky/ cielo, scraper / che gratta),

conferenza stampa riproduce l’inglese press conference.

Lista subiectelor pentru pregătirea în vederea evaluării finale:

1. Tipologia dei prestiti. 2. Calco semantico e calco traduzione. 3. Prestiti integrati e non integrati. 4. Elenca alcune parole inglesi entrate nella lingua italiana. 5. Elenca alcuni motivi cha hanno portato alla penetrazione di parole arabe in

italiano standard 6. Elenca alcuni germanismi entrati nella lingua italiana.

TEST: 1. Nella lingua italiana come classifichiamo la parola settare (dall'ingl. to set)?

a.prestito non adattato

b.prestito adattato

c.calco

R: b

2. Prova a trovare (se esiste) un sinonimo italiano per i seguenti prestiti non integrati:

a. baby sitter

b. bar

c. budget

d. business

e. break

f. fan

g. manager

h. sponsor

i. gag

j. playboy

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k. tabloid

l. city

m. golpe

n. record

o. tour

p. college

q. hashish

r. round

s. virus

t. derby

u. yogurt

v. stress

w. zenit

R:

a. baby sitter = bambinaia

b. bar = caffè, caffetteria, locale, birreria

c. budget = bilancio, preventivo, piano finanziario, fondo, consuntivo

d. business = affare, impresa

e. break = pausa, intervallo

f. fan = ammiratore, sostenitore, tifoso

g. manager = direttore, capo, dirigente

h. sponsor = finanziatore

i. gag = battuta, trovata, lazzo

j. playboy = dongiovanni, casanova, donnaiolo, gigolo, seduttore, libertino

k. tabloid = giornale di formato ridotto

l. city = il quartiere della metropoli dove si accentrano le principali istituzioni

economiche e amministrative. Talvolta come secondo elemento di composti

spesso ironici e scherzosi (o anche polemici) col significato di ‘città, capitale’

m. golpe = colpo di stato

n. record = primato; in prove sportive valutabili con dati numerici (tempi, misure

e punteggi), il risultato che supera tutti i precedenti

o. tour = giro

p. college = in Inghilterra, scuola secondaria con internato o anche istituto

d’istruzione superiore annesso all’Università

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q. hashish = canapa indiana, fumo

r. round = ripresa

s. virus = In passato, in biologia e in medicina, ogni sostanza nociva (tossina o

microrganismo) capace di determinare una malattia

t. derby = La gara ippica più importante dell’annata; competizione sportiva fra

due squadre della stessa città o regione

u. yogurt = Alimento costituito di latte fermentato

v. stress = sforzo, tensione, affaticamento

3. Completa:

Per le occasioni eleganti vorrei comprarmi una ......................... in velluto nero:

a. parure b. pied à terre c. pochette d. revers e. équipe

R: c

3. Le neoformazioni: I neologismi

I NEOLOGISMI

Il neologismo (composto di neo- e di un derivato del greco lógos ‘parola’) è un termine o

costrutto di recente introduzione nella lingua, motivato da nuove esigenze tecniche o di

costume. L’insieme dei processi che servono per la formazione di parole nuove è chiamato

neologia.

E’ preferibile chiamare prestito un vocabolo ricavato da una lingua straniera e

chiamare neologismo una parola ricavata da un’altra parola italiana mediante un suffisso, un

prefisso o mediante un altro procedimento ma sempre in modo tale che il parlante comune si

renda conto del rapporto che intercorre tra la parola di base e la parola da essa derivata.

La neologia è un processo infinito, che riflette i mutamenti continui del lessico. I

neologismi appaiono soprattutto in culture che cambiano rapidamente; essi si diffondono

tramite i mass media, internet o per passaparola, specialmente presso i più giovani (che,

spesso, percepiscono i neologismi come un modo divertente di giocare con la lingua). Alcune

“nuove parole” entrano a far parte del vocabolario della lingua, mentre altre ne scompaiono

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dall’uso dopo poco tempo. Soprattutto ai giorni nostri, in cui i messaggi si diffondono

rapidamente grazie ai mezzi moderni di tipo Internet e posta elettronica, i neologismi hanno un

carattere provvisorio, essendo destinati ad un’esistenza effimera.

L’entrata del neologismo nell’uso è una fase compresa in uno spazio di tempo più o meno esteso. I

fattori che contribuiscono all’adozione di un neologismo sono vari:

a) l’accettazione da parte del pubblico. In questo senso, i neologismi hanno diversi

gradi di accettabilità in rapporto ai gruppi sociali e alle generazioni.

b) l'accettazione da parte dei linguisti e l'introduzione nei dizionari

c) la rilevanza del neologismo. Il fenomeno descritto dal neologismo deve rimanere in

voga, mantenendo il bisogno di un termine che lo descriva. Certe volte si tratta di

nuove scoperte che richiedono denominazioni precise.

Tipi di neologismi

Esistono varie tipologie dei neologismi.

1. Secondo il grado di accettazione, i neologismi sono:

a) instabili: neologismi estremamente nuovi, appene proposti

b) diffusi: neologismi che hanno raggiunto un pubblico significativo, ma non hanno

ancora ottenuto una piena accettazione

c) stabili: neologismi che hanno raggiunto una piena accettazione

2. Secondo l’area di appartenenza del significato i neologismi appartengono ad un

certo linguaggio settoriale o sono derivati dal gergo. Si può parlare di:

a) Neologismi scientifici: parole o frasi create per descrivere nuove scoperte scientifiche

b) Neologismi tecnologici: parole o frasi create per descrivere invenzioni

c) Neologismi politici: parole o frasi create per esprimere concetti politici

d) Neologismi gergali: parole o frasi derivate dal gergo

e) Neologismi che derivano dall’informatica, da Internet

etc.

3. Secondo il modo di formazione, i neologismi sono:

a) Neologismi sintattici o combinatori

I neologismi sintattici o combinatori comprendono:

- lessemi semplici, che risultano dai procedimenti della formazione delle parole

(suffissati, prefissati, composti):

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globale + izzazione = globalizzazione; pre+pensionamento= prepensionamento;

badante (s.m. e f., part. pres di badare) = persona che si prende cura, soprattutto

presso privati, di anziani o disabili. Il termine, documentato inizialmente nell'ambito

burocratico, è stato ripreso e utilizzato più largamente per indicare persone, nella

maggior parte dei casi immigrate, che si occupano di anziani o disabili soprattutto

presso privati. Ultimamente è entrato nella legge di sanatoria per la regolarizzazione

dei lavoratori stranieri.

- unità lessicali superiori: offerta di lancio, ripresa in diretta.

Tra i casi particolari consideriamo i neologismi che hanno come base i nomi propri. Ecco

alcuni esempi:

- ambranato agg. e sm. ammiratore e imitatore del personaggio

televisivo Ambra Angiolini

- berluschino sm. giovane seguace di Silvio Berlusconi

- berlusconata sf. azione o affermazione tipica di Silvio Berlusconi

- berluscones sm. pl. seguaci di Silvio Berlusconi

- berlusconismo sm. ideologia e stile di vita promossi da Silvio

Berlusconi e dalle sue aziende televisive

- berlusconizzarsi v. rifl. adeguarsi al modello costituito da Silvio

Berlusconi; imitare la sua tattica propagandistica

- bertinottiano sm. seguace di Fausto Bertinotti o, più in generale,

militante di Rifondazione Comunista

- clintoniano agg. e sm. relativo a Bill Clinton, presidente degli USA;

seguace di Bill Clinton

- clintonismo sf. filosofia politica che guida l'azione del Presidente

degli Stati Uniti Bill Clinton; simpatia per Clinton e la sua azione

politica

- clintonite sf. entusiastica e acritica adesione alla politica e allo stile

di Bill Clinton, presidente degli Stati Uniti

- craxino sm. emulo o epigono di Bettino Craxi

- defelicismo sm. la visione della storia, e del fare storia, tipica di

Renzo De Felice e della sua scuola

- eurocratese sm. modo di esprimersi tipico della burocrazia

dell'Unione Europea

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- prodiano agg. e sm. relativo a Romano Prodi; seguace di Romano

Prodi

- prodino sm. seguace di Romano Prodi

- scalfariano agg. relativo a Oscar Luigi Scalfaro, ex-Presidente della

Repubblica italiana

Negli esempi esposti, si osserva la possibilità di trasformare nomi propri in nomi comuni,

procedimento che si ritrova particolarmente nel linguaggio pubblicitario.

b) Neologismi semantici

Sono i neologismi che comportano un mutamento di significato anche se la forma rimane

identica. La neologia semantica è un caso particolare di polisemia.

Esempi:

- orchestrare = in senso proprio vuol dire scrivere le parti dei vari strumenti che

compongono l’orchestra; come neologismo significa organizzare un’azione

secondo un progetto organico, coordinandone i vari elementi: orchestrare una

campagna elettorale, orchestrare una manifestazione di protesta;

- girotondo: come neologismo, ha il senso di manifestazione pacifica di protesta in

cui i partecipanti si prendono per mano simulando il girotondo infantile. Il termine

risale originariamente al 1887 e viene riferito a quel gioco infantile nel quale i

bambini si prendono per mano formando un circolo e girano al ritmo di una

filastrocca. Il termine è stato recentemente ripreso per indicare gruppi di persone

che, pur non facendo direttamente parte di partiti politici o di sindacati, si riuniscono

per esprimere opinioni politiche tenendosi simbolicamente per mano (simulando

quindi il girotondo infantile) al fine di sensibilizzare l'attività dei partiti su

importanti tematiche d'attualità.

Elenco di alcuni neologismi sintattici e semantici 7:

- acchiappavoti s. persona che è in grado di ottenere voti in una competizione

elettorale grazie al proprio prestigio personale e non per la forza del partito o del

movimento di appartenenza [1996]

- alleanza sf. in politica, nome che, in unione con appropriati determinanti,

costituisce la denominazione di raggruppamenti politici sorti dopo il 1992.

7 Da Annali del Lessico Contemporaneo Italiano, Neologismi 1993-1996, Internet

Page 59: Lic Lexicologie

59

- assistito agg. in riferimento alla fecondazione, ottenuta con tecniche artificiali

[1993-94]

- berlusconata sf. azione o affermazione tipica di Silvio Berlusconi [1995]

- buonismo sm. in politica, comportamento tollerante e poco aggressivo nei confronti

degli avversari [1995]

- cattivista agg. e s. che o chi, in politica, mostra un atteggiamento aggressivo e poco

conciliante nei confronti degli avversari [1996]

- cibernauta s. utente di Internet; appassionato di Internet [1996]

- destrese sm. il linguaggio politico della destra [1993-94]

- eco-turismo sm. turismo che ha come meta luoghi interessanti dal punto di vista

ambientale o che viene effettuato rispettando l'ambiente naturale [1995]

- europol sf. futura polizia federale europea [1996]

- gattara sf. donna che accudisce i gatti randagi [1993-94]

- italoforzuto agg. e s. relativo a Forza Italia; aderente a Forza Italia [1993-94]

- navigare v. intr. andare alla ricerca di informazioni in una rete telematica [1995]

- ospitata sf. partecipazione (in particolare di un uomo politico) ad una trasmissione

televisiva di successo, per promuovere la propria immagine, o un proprio prodotto

(per es. un libro) [1993-94]

- ottomana sf. settimana formata da otto giorni [1993-94]

- pianista s. parlamentare che vota anche per il collega dello scranno vicino [1993-

94]

- riprezzare v. tr. mettere un nuovo prezzo, aumentare il prezzo di un libro, di una

merce [1996]

- segretare v. tr. porre il segreto su un atto giudiziario o su una sua parte [1993-94]

- sondaggite sf. mania dei sondaggi [1995]

- sorellanza sf. reciproco sentimento di amicizia e di affetto tra donne, simile a quello

che intercorre tra sorelle [1996]

- tavolo sm. occasione di incontro tra movimenti politici, o tra parti sociali [1993-94]

- telelavorare v. intr. soprattutto nei servizi, lavorare stando a casa, grazie a un

collegamento telematico con il centro del quale si è dipendenti [1995]

- visibilità sf. capacità di chi svolge un'attività pubblica di caratterizzare fortemente, e

quindi di rendere immediatamente riconoscibili presso il grande pubblico, le proprie

azioni [1993-94]

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60

Elenco dei più significativi dizionari di neologism i

• Claudio Quarantotto, Dizionario del nuovo italiano, Roma, Newton Compton, 1987;

• Manlio Cortelazzo, Ugo Cardinale, Dizionario di parole nuove 1964-1987, Torino,

Loescher 1989;

• Augusta Forconi, Dizionario delle nuove parole italiane, Milano, SugarCo, 1990;

• Ottavio Lurati , 3000 parole nuove. La neologia negli anni 1980-1990, Bologna,

Zanichelli, 1990;

• Andrea Bencini, Eugenia Citernesi, Parole degli anni Novanta, Firenze, Le

Monnier, 1992;

• Michele Cortelazzo, ALCI - Annali del Lessico Contemporaneo Italiano, Padova,

Esedra editrice, 1995 e seguenti;

• Giovanni Adamo e Valeria Della Valle, Neologismi quotidiani. Un dizionario a

cavallo del millennio, Firenze, Olschki, 2003

• Giovanni Adamo e Valeria Della Valle, Duemilasei parole nuove. Un dizionario di

neologismi dai giornali, Milano, Sperling&Kupfer, 2005

Lista subiectelor pentru pregătirea în vederea evaluării finale:

1. Defferenza tra neologismi e prestiti.

2. Differenza tra neologismo combinatorio e neologismo semantico.

LA FORMAZIONE DELLE PAROLE

Obiettivo di questa unità didattica è delineare le modalità fondamentali della formazione delle parole, soffermandosi ad analizzare ed esemplificare alcuni aspetti della suffissazione, della prefissazione e della composizione; distinguere fra derivazione e composizione; conoscere i principali caratterie i tipi di suffissazione; elencare alcune delle categorie dei prefissi; riconoscere composti verbali e nominali, formazioni con elementi greco-latini.

La formazione delle parole è quel complesso di trasformazioni per il quale si può

passare da parole di base a parole derivate o composte. La formazione delle parole

rappresenta un mezzo interno di arricchimento del lessico, in quanto produce nuovi vocaboli

partendo da vocaboli che già esistono (il mezzo esterno di arricchimento essendo costituito

dai prestiti).

Page 61: Lic Lexicologie

61

La struttura delle parole

Per capire come si formano le parole che costituiscono il lessico della lingua italiana è

importante analizzare la loro forma (o significante), cioè la parte materiale e concreta della

parola, composta da suoni (fonemi) e da lettere (grafemi).

La maggior parte delle parole – le parole variabili – possono essere divise in parti che,

pur non potendo essere usate separatamente, sono in grado di trasmettere ciascuna

determinate informazioni. Queste parti che costituiscono delle sotto-unità linguistiche dotate

di significato si chiamano morfemi e, a seconda della funzione che svolgono nella frase si

distinguono in:

- morfemi lessicali o radici – sono quelli che esprimono il valore semantico delle

parole, il loro significato;

- morfemi morfologici o desinenze – sono quelli che indicano le caratteristiche

morfologiche o grammaticali delle parole (il numero e il genere nei nomi, negli

aggettivi e anche in alcuni pronomi, il modo, il tempo, la persona e il numero nei

verbi)

Per esempio, la parola libro può essere scomposta in due morfemi: libr- e –o. Libr- è il

morfema lessicale, che contiene l’informazione semantica; -o è il morfema grammaticale che

porta le informazioni “maschile” e “singolare”.

La radice rimane fissa, essendo la portatrice del significato di base delle parole. La

desinenza può variare per indicare il genere e il numero della parola (essendo portatrice delle

informazioni di carattere grammaticale).

Es.: Radice: bambin-

Desinenze: - o (maschile, singolare) a (femminile, singolare) i (maschile,

plurale) e (femminile, plurale)

Le parole formate solo dalla radice e dalla desinenza si chiamano parole primitive ,

perchè non derivano da nessun’altra parola della lingua di cui fanno parte: dorm-ire, cuor-e,

bambin-o.

La formazione delle parole

I processi più importanti di formazione delle parole in italiano sono la derivazione (A)

e la composizione (B).

Page 62: Lic Lexicologie

62

A. Le parole formate mediante derivazione si chiamano parole derivate. Esse si

ottengono mediante l’aggiunta alla radice della parola-base di un morfema

modificante o affisso che può essere:

- un suffisso, se è posto dopo la radice: forn-ai-o;

- un prefisso, se è posto davanti alla radice: pre-not-are;

- un suffisso e un prefisso insieme: trans-ocean-ic-o;

- un infisso, se si aggiunge nel mezzo della parola: gir-ell-are.

L’ affissazione rappresenta la modificazione (sia sul piano formale che su quello del

significato) di un elemento lessicale attraverso l’aggiunta di elementi, detti affissi.

B. Le parole formate mediante composizione si chiamano parole composte. Esse

possono essere:

- parole composte vere e proprie: portalettere;

- parole composte con prefissoidi o suffissoidi: biblioteca, antropologico;

- nuove forme di composizione: treno merci

- composti risultati dalla riduzione per troncamento: fantascienza

- parole macedonia: lavatergilunotto;

- unità polirematiche (unità lessicali): ferro da stiro.

A. LA FORMAZIONE DELLE PAROLE PER DERIVAZIONE

La derivazione mediante l’aggiunta di affissi (suffissi e prefissi) è il procedimento più

diffuso e più produttivo per la formazione delle parole.

Il termine complessivo derivazione può riferirsi a processi diversi:

1. Derivazione suffissale

2. Derivazione infissale

3. Derivazione prefissale

4. Derivazione parasintetica

5. Derivazione regressiva

6. Derivazione impropria

1. La derivazione suffissale (la suffissazione)

Page 63: Lic Lexicologie

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Definizione: La derivazione suffissale si realizza per l’aggiunta di un suffisso alla fine della

radice di una parola (nome, aggettivo, verbo):

Libr-o = libr –eri –a / libreria (radice + suffisso+ desinenza)

Bell-o = bell-ezz-a / bellezza (radice + suffisso+ desinenza)

Mord-ere = mord-icchi-are / mordicchiare (radice + suffisso+ desinenza)

Come risulta dagli esempi, la derivazione mediante suffissi dà origine a una parola nuova che

ha un significato diverso dalla parola-base, anche se continua ad appartenere alla stessa

famiglia: libro – libreria = luogo dove si vendono libri. Per conoscere il significato o i

significati dei vari suffissi, basta consultare il dizionario, che registra tutti i suffissi della

lingua italiana, spiegando di ciascuno non solo il significato, ma anche l’origine.

Il significato dei suffissi

I suffissi, pur non avendo di per sè un valore autonomo, sono portatori ciascuno di un

particolare significato.

Es.:

-aglia esprime d’idea di „insieme di” (in senso spregiativo) – gentaglia, anticaglia.

–iera forma nomi derivati che indicano „un oggetto atto a contenere qualcosa”: fruttiera,

saliera.

- abile indica „attitudine, possibilità” – abitabile, amabile

- uto significa „fornito di” – baffuto, panciuto

Alcuni suffissi sono polisemici (hanno più di un significato):

- aio – 1. luogo destinato a contenere o a raccogliere qualcosa – granaio, pollaio 2. una

persona che attende a un mestiere o a una professione – operaio, fornaio, fioraio.

Classificazione dei suffissi

I suffissi possono essere analizzati secondo il criterio:

a. dell’origine

b. della produttività

c. della disponibilità

d. funzionale

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64

e. morfo-semantico

a. Il criterio dell’origine permette di identificare nel lessico italiano contemporaneo un

gran numero di suffissi di origine latina, qualche suffisso di provenienza greca, dei

suffissi presi dalle lingue germaniche e dal francese e suffissi creati dall’italiano

stesso.

Esempi:

La maggior parte dei suffissi di origine latina sono stati ereditati e come tali hanno

subito una determinata evoluzione fonetica:

-arius > -ario, -aro, -aio: breviario, marinaro e marinaio, notaro e notaio

-atio, ationis> -azione, -one: ammirazione, ragione

-itia > -izia, -ezza: giustizia, malizia, avarizia, bellezza, sicurezza

-ivus > -ivo, -io: nativo, natio, estivo

-osus > -oso: noioso, maestoso, vergognoso

La medicina si serve spesso di suffissi di origine greca:

Suffisso Nome della malattia

- ite (infiammazione acuta) Artrite, dermatite, meningite, otite, pleurite,

stomatite, cellulite, tonsillite, tracheite,

gastrite

- osi (affezione cronica) Artrosi, fibrosi, cirrosi, dermatosi, sclerosi,

osteoporosi, tuberculosi

- oma (tumore) Fibroma, ematoma, glaucoma, linfoma

Di origine germanica sono i suffissi: -engo, -ingo, -ardo> casalingo, ramingo,

bugiardo, testardo, codardo, leggiadro

Di origine francese sono i suffissi: -iere, -iero, -aggio:> cameriere, doganiere,

barbiere, pensiero, straniero, sondaggio, vassallaggio, coraggio, formaggio,

villaggio.

Suffissi creati dall’italiano: -istico, -ante > artistico, giornalistico, ignorante,

abbagliante

b. Il criterio della produttività permette la selezione dei suffissi. Un suffisso è

considerato produttivo o poco produttivo a seconda del numero di derivati. Fra i

suffissi che servono a formare nomi di agente -tore (trasportatore, sondatore,

Page 65: Lic Lexicologie

65

scrittore), -ante, -ente (bracciante, adolescente, credente, conoscente) –one (mangione,

dormiglione, brontolone), -ino (contadino, postino, spazzino), il più produttivo è –

tore, il meno produttivo è –one. Il suffisso –ere in italiano non è più produttivo, non dà

più vita a nouve parole. Indirettamente, ciò significa che la seconda coniugazione

italiana è una classe chiusa; i verbi che sono già presenti in italiano (come dovere,

potere, volere) ovviamente restano, ma non se ne formeranno più altri in futuro.

c. Il criterio della disponibilità offre la possibilità di rendere conto in che misura un

suffisso qualsiasi presenta in stato virtuale la capacità di diventare produttivo. Per

disponibilità si intende la possibilità di un suffisso di formare nuove parole. Esempio:

il suffisso –mente è disponibile perchè è adatto a formare un’intera classe di parole, gli

avverbi. Con l’aiuto di questo suffisso si può quasi sempre formare l’avverbio

corrispondente dall’aggettivo, dunque il suffisso è estensibile alla maggior parte degli

aggettivi italiani e disponibile per formare altrettanti avverbi derivati.

d. Il criterio funzionale classifica i suffissi secondo il genere di modifiche che questi

producono nel radicale a cui si aggiungono. Si distinguono:

o Suffissi modificatori di classe: Nella maggior parte dei casi, i suffissi

modificano la classe morfologica della base, supponendo il passaggio da una

categoria grammaticale ad un’altra: un verbo può dar luogo a un nome o a un

aggettivo; un nome a un verbo o a un aggettivo; un aggettivo a un verbo o a un

nome.

o Suffissi modificatori del valore d’uso: non modificano la classe, ma

aggiungono una certa quantità di informazione a quella contenuta dal radicale.

Esempi:

a) i suffissi alterativi: sono suffissi che non modificano completamente il significato

delle parole cui si aggiungono, ma si limitano ad alterarlo lievemente portandolo a

esprimere particolari sfumature. A seconda della sfumatura di significato che

esprimono, i suffissi alterativi sono di quattro tipi:

o diminutivi : quelli che comportano l’idea di piccolezza: -ino, -ello, -ella/

gattino, libriccino,paesino, grandino, finestella

o vezzeggiativi: quelli che attribuiscono al significato della parola-base un tono

affettuoso: -uccio, -etto/ gattuccio, libretto

o accrescitivi: -one / gattone, librone

o peggiorativi o dispregiativi: quelli che imprimono alla parola un senso

negativo o spregiativo: -accio/ gattaccio, libraccio.

Page 66: Lic Lexicologie

66

Osservazioni: a) talvolta, l’alterazione modifica il genere della parola-base: la

tigre / il tigrotto

b) molti nomi alterati hanno assunto, con l’uso, un significato

proprio, staccandosi completamente dal nome originario: canna

/cannone, fumo / fumetto, rosso / rossetto.

c) alcuni nomi presentano terminazioni simili a quelle dei nomi

alterati, ma non lo sono affatto: il postino non è un piccolo posto, il

lampone non è un grande lampo.

d) l’alterazione dei verbi produce verbi che indicano un particolare

aspetto della parola base: ripetizione, intermittenza, attenuazione,

saltuarità.Gli alterati verbali possono essere ottenuti con i suffissi: -

(er/ ar) ellare: saltare / saltellare/ salterellare, giocare /

giocherellare , -ettare, -ottare: parlare / parlottare, fischiare /

fischiettare, - icchiare, -acchiare, -ucchiare: cantare /

canticchiare, lavorare / lavoricchiare, mangiare / mangiucchiare.

b) i suffissi collettivi: -aglia, -ame, -ata: gentaglia, legname, manciata.

c) i suffissi indicatori lessicali: cumulano le due funzioni precedenti e orientano la

parola in un campo lessicale. Es.: il suffisso –trice in imbiancare/ imbiancatrice

determina un cambiamento di classe (verbo – nome) e una specializzazione, nel

senso che il nome indica una macchina: imbiancare= far divenire bianco;

imbiancatrice= macchina attraverso la quale si fa passare il riso per imbiancarlo.

e. Il criterio morfo-semantico si riferisce da una parte alla natura morfologica,

dall’altra alla classe semantica alla quale appartiene una parola di base. Es.: i suffissi -

aio, -aiolo, -ista, -iere, -tore servono a indicare un mestiere, una professione.

Osservazione: I suffissati che hanno come base un nome si chiamano denominali, quelli

che derivano da un aggettivo si chiamano deaggettivali, quelli che derivano da un verbo

si chiamano deverbali. I suffissati formati, secondo che siano nomi, aggettivi o verbi, si

dicono nominali, aggettivali o verbali. Il suffissato può essere:

Riguardo alla BASE di origine Riguardo alla sua NATURA

Denominale (base = nome) orologio Orologiaio Nominale

Denominale noia noioso Aggettivale

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Denominale salto saltare Verbale

Deaggettivale (base = aggettivo) bello Bellezza Nominale

Deaggettivale verde Verdastro Nominale

Deaggettivale verde Verdeggiare Verbale

Deverbale (base = verbo) respirare respirazione Nominale

Deverbale amare amabile Aggettivale

Deverbale cantare Canticchiare Verbale

A questi tipi principali, bisogna aggiungere gli avverbi, che possono essere sia basi

(indietro / indietreggiare) sia derivati (veloce / velocemente, bocca / bocconi).

Altre osservazioni:

a) nessuna lingua sfrutta tutte le possibilità offerte dai meccanismi di

formazione delle parole; data una base, non tutte le possibilità

derivative sono realizzate: Da lavare possiamo ottenere i derivati

lavaggio, lavatura, lavata ma non lavazione, lavamento.

b) in alcuni casi il derivato non conserva tutti i significati e gli usi della

forma base: l’aggettivo pieno ha come derivato nominale pienezza,

forma che può essere usata soltanto in senso traslato:

- il presidente ha i pieni poteri – la pienezza dei poteri del presidente

ma non il bicchiere è pieno – la pienezza del bicchiere

c) alcune variazioni formali possono intercorrere tra la base e il

suffissato:

o l’alternanza dittongo – vocale (il dittongo mobile): lieto – letizia, nuovo –

novità .

o l’alternanza occlusiva – affricata: sapiente – sapienza, comico – comicità,

mago - magia.

o le alternanze dovute alla conservazione nel suffissato di caratteri presenti nel

latino: figlio – filiale, mese – mensile, chiaro – acclarare.

In tutti questi casi si parla di base modificata.

ESEMPI DI SUFFISSI:

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1) N – N:

I nomi denominali si distinguono in cinque categorie:

1. nomi che indicano un’attività considerata con riferimento all’agente: benzina / benzinaio

2. nomi che indicano un’attività di fabbricazione, di commercio e il luogo dove si svolge tale

attività: acciaio / acciaieria

3. nomi che indicano uno strumento, un apparecchio, un utensile e simili: dito / ditale

4. nomi che esprimono una quantità o che hanno valore collettivo: cucchiaio / cucchiaiata

5. nomi scientifici: polmone / polmonite

1. I denominali che indicano un’attività considerata con riferimento all’agente si possono

ottenere con i suffissi:

- aio: giornale / giornalaio, benzina / benzinaio

- aro: scuola / scolaro

- ario: biblioteca / bibliotecario, milione / milionario

- aiolo: bosco / boscaiolo, barca / barcaiolo

- iere: banca / banchiere, infermo / infermiere

- ista: auto / autista, bar / barista, dente / dentista, comunismo / comunista

- ano: castello / castellano, guardia / guardiano

2. I denominali che indicano un’attività di fabbricazione, di commercio e il luogo dove si

svolge tale attività:

- eria: birra / birreria

- ificio: calzature / calzaturificio, zucchero / zuccherificio

- aio: bagaglio / bagagliaio, pollo / pollaio

- ile: campana / campanile, cane / canile

- ato (indica ufficio, carica, stato): console / consolato, commissario / commissariato

3. I denominali che indicano uno strumento, un apparecchio, un utensile e simili:

- ale: braccio / bracciale, gamba / gambale, dito / ditale

- ario: formula / formulario, scheda / schedario, vocabolo / vocabolario

- iere: candela / candeliere

- iera: antipasto / antipastiera, insalata / insalatiera, tè / teiera

4. I denominali che esprimono una quantità o che hanno valore collettivo:

- ata (1): a. cucchiaio / cucchiaiata (il contenuto di), secchio / secchiata b. (insieme di) scalino

/ scalinata c. (colpo inferto con) coltello / coltellata, pugnale / pugnalata

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- ata (2): buffone / buffonata (atto proprio di un buffone) ma anche la serie costituita con basi

temporali: anno / annata, giorno / giornata, notte / nottata, sera / serata

- eto, -eta (indica un luogo dove si trovano determinate piante o colture): frutto / frutteto,

agrume / agrumeto, pino / pineta

- ame: bestia / bestiame, foglia / fogliame

- aglia: muro / muraglia

- iera: scoglio / scogliera, costa / costiera

- eria: argento / argenteria

5. I denominali del linguaggio scientifico:

- ite (infiammazione acuta), -osi (infiammazione cronica), -oma (tumore): polmone / polmonite,

fibra / fibroma, artrosi

- -idi (indica una famiglia di animali), -ini (indica una sottofamiglia):cane / canidi, bove /

bovini

- acee (indica una famiglia di piante): rosa / rosacee

- nel vocabolario della mineralogia, il suffisso per indicare un minerale è –ite: antracite,

bauxite, dolomite.

2) N – A

-oso: fama / famoso

- ale: funzione / funzionale, musica / musicale

- ario: confusione / confusionario, ferrovia / ferroviario

- ico: filosofia / filosofico, nord / nordico

- ano, -ino, -ese: Milano / milanese, Parigi / parigino, Francia / francese,

Africa / africano, Roma / romano

- ato: fortuna / fortunato, velluto / vellutato

- uto: baffi / baffuto, pancia / panciuto, occhiali / occhialuto

- are: saluto / salutare, secolo / secolare

- igno: ferro / ferrigno, sangue / sanguigno

- ifico: pace / pacifico, prole / prolifico

3) N – V

- izzare: atomo / atomizzare, canale / canalizzare

- are/ -ire: film / filmare, fiore / fiorire

- eggiare: alba / albeggiare

- ificare: pace / pacificare, persona / personificare

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4) V – N

zione: amministrare / amministrazione, esportare / esportazione

ata: camminare / camminata

aggio: lavare / lavaggio, atterrare / atterraggio

mento: arredare / arredamento, nutrire / nutrimento

tore: lavorare / lavoratore, leggere / lettore, giocare / giocatore

ante, -ente: cantare / cantante, insegnare / insegnante

ura: chiudere / chiusura, cuocere / cottura

anza, -enza: compiacere / compiacenza, somigliare / somiglianza

5) V – A

bile: giustificare / giustificabile

tivo: collaborare / collaborativo

torio: consolare / consolatorio

evole: ammirare / ammirevole, lodare / lodevole

ante, -ente: abbondare / abbondante

6) A – N

ezza: bello / bellezza, alto / altezza

anza / -enza: abbondante / abbondanza, intelligente / intelligenza,

decente / decenza

aggine: ridicolo / ridicolaggine

ità, -età: semplice / semplicità, vario / varietà

ià : allegro / allegria, folle / follia

izia : amico / amicizia, avaro / avarizia

itudine : alto / altitudine

ismo, -esimo : ateo / ateismo, cristiano, cristianesimo, urbano /

urbanesimo

7) A – V

- are, -ire: calmo / calmare, snello / snellire, chiaro / chiarire

ificare: beato / beatificare, dolce / dolcificare

eggiare: bianco / biancheggiare

izzare: impermeabile / impermeabilizzare, stabile / stabilizzare

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Lista subiectelor pentru pregătirea în vederea evaluării finale:

1. La struttura delle parole. 2. Elenca i principali tipi di derivazione. 3. Il significato dei suffissi dell’origine e della produttività nella

classificazione dei suffissi. 4. Suffissi alterativi 5. Tipi di nomi denominali 6. Tipi di suffissati riguardo alla base di origine e alla loro natura 7. Esempi di suffissati deverbali nominali. 8. Esempi di suffissati denominali aggettivali. 9. Esempi di suffissati deverbali aggettivali. 10. Esempi di suffissati denominali nominali.

TEST: 1. Quale meccanismo di formazione delle parole è in atto nel lessema senzatetto?

a. Composizione b. derivazione

2. La derivazione mediante l’aggiunta di affissi è: a. la derivazione mediante suffissi b. la derivazione mediante suffissi e prefissi c. la derivazione mediante prefissi

3. I diminutivi sono:

a. parole alterate che comportano l’idea della grandezza b. parole alterate che comportano l’idea di piccolezza c. parole alterate che imprimono alla parola un senso negativo o spregiativo

4. I vezzeggiativi sono:

a. parole alterate che comportano l’idea della grandezza b. parole alterate che attribuiscono al significato della parola-base un tono affettuoso c. parole alterate che imprimono alla parola un senso negativo o spregiativo

5. Scegli il significato corretto per giornataccia: a. giornata lunga b. bella giornata c. brutta giornata

6.Riguardo alla base di origine, il suffissato nevicare è:

a. denominale b. deaggettivale c.deverbale

7. Riguardo alla base di origine, il suffissato testardaggine è: a. denominale b. deaggettivale c. deverbale

8. Nella classificazione dei suffissi, il criterio dell’origine:

a. si riferisce alla possibilità di un suffisso di formare nuove parole

Page 72: Lic Lexicologie

72

b. permette di identificare nel lessico italiano contemporaneo un gran numero di suffissi di origine latina, qualche suffisso di provenienza greca, dei suffissi presi dalle lingue germaniche e dal francese e suffissi creati dall’italiano stesso

c. classifica i suffissi secondo il genere di modifiche che questi producono nel radicale a cui si aggiungono

SoluŃii:

1. a 2. b 3. b 4. b 5. c 6. a 7. b 8. b

2. Derivazione infissale

Se un affisso si aggiunge nel mezzo della parola, allora l’affisso sarà un infisso e il processo

si chiamerà infissazione.

Gli infissi non modificano la classe morfologica del radicale. Es.: girellare, parlottare restano

verbi come le loro basi girare, parlare, ma modificano leggermente il valore semantico del

radicale. La maggior parte degli infissi si combinano con i suffissi insieme ai quali formano

dei derivati. Li incontriamo inclusi

a. nei suffissi verbali:

-ic, -er: dormicolare, inciampiccare, troterellare

b. nei suffissi sostantivali:

- ic, -er: campicello, salterello

c. nei suffissi aggettivali:

-gn: gialognolo, azzurrognolo

3. Derivazione prefissale

La derivazione mediante prefissi (prefissazione) consiste nell’aggiunta di un

prefisso a sinistra di una base. Per esempio, se alla base comporre aggiungiamo i prefissi de-,

ri-, s- otteniamo rispettivamente decomporre, ricomporre, scomporre.

La derivazione può avvenire attraverso uno o più prefissi per la stessa parola:

scendere: di-scendere (scendere da); ri-di-scendere (discendere di nuovo).

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73

A differenza della suffissazione, la prefissazione non comporta il passaggio della

parola derivata da una categoria grammaticale ad un’altra . Dopo la prefissazione, un

nome rimane nome (tensione / ipotensione), un aggettivo rimane aggettivo (accettabile /

inaccettabile, contento / scontento), un verbo rimane verbo comporre / decomporre,

ricomporre, scomporre).

La prefissazione produce parole nuove che hanno un significato diverso da quello

della parola – base, ma strettamente legato ad esso da una precisa relazione semantica: il

derivato, ad esempio, ha un significato opposto alla parola-base (contento/ scontento) oppure

indica un’accentuazione o una diminuzione del significato della parola – base (ricco /

straricco, vedente / ipovedente).

I prefissati possono essere: NOMINALI, AGGETTIVALI, VERBALI.

PREFISSO N A V PREFISSO + N PREFISSO + A PREFISSO + V

a-/ an- + + - Asimmetria A-politico

Ante - + + + Anteguerra Antelucano Anteporre

Anti – (1) + + - Antitarlo Antigovernativo

Anti – (2) + + + Anticamera Antidatato Antivedere

Arci- + + - Arcivescovo Arcinoto

Auto + + + Autobiografia Autosufficiente Autoconvincersi

Avan- + - - Avanguardia

Circum- - + + Circumterrestre Circumnavigare

Cis- - + - Cisalpino

Co- + + + Coinquilino Coassiale Coabitare

Con- + + + Condirettore Connazionale Convivere

Contro- + + + Controcanto Controfattuale Controbattere

De- - - + Deumidificare

Dis- + + + Disarmonia Disabile Disfare

Ex- + - - Exmoglie

Extra- + + - Extrasistole Extralucido

In- (1) - - + Immettere

In- (2) + + - Inesperienza Incapace

Infra- + + - Infrastruttura Infrarosso

Inter- + + + Interregno Internazionale Intercorrere

Intra- - + + Intramolecolare Intraprendere

Page 74: Lic Lexicologie

74

Iper- + + + Ipermercato Iperattivo Ipernutrire

Ipo- + + + Ipoalimentazione Ipocalorico Iponutrirsi

Macro- + - - Macroeconomia

Maxi- + - - Maxischermo

Mega- + - - Megaconcerto

Meta- + + - Metalinguaggio Metagiuridico

Micro- + - - Microclima

Mini- + - - Miniappartamento

Multi- + + - Multistrato Multidimensionale

Neo- + + - Neoformazione Neoclassico

Oltre- + + + Oltretomba Oltremarino Oltrepassare

Paleo- + + - Paleografia Paleocristiano

Para- + + - Parastato Paramilitare

Pluri- + + - Plurilingue Pluricentrico

Poli- + + - Poliambulatorio Policentrico

Post- - + + Postmoderno Postdatare

Pre- + + + Preguerra Prematrimoniale Prevedere

Pro- + + - Proaborto Proamericano

Re-/ri- - - + Ridiscutere

Retro- + + + Retrobottega Retroattivo Retrodatare

s- + + + Sblocco Sfortunato Sbalzare

Semi- + + - Semicerchio Semideserto

Sopra- + + + Sopraddote Sopraesposto Sopraeccitare

Sovra- + + + Sovraccarico Sovrastrutturale Sovrapporre

Sotto- + + + Sottocommissione Sottostimato Sottoutilizzare

Stra- - + + Stragrande Stravedere

Sub- + + + Subappalto Subalpino Subaffittare

Super- + + + Superburocrate Supermodesto Supervisionare

Sur- + + + Survoltaggio Surreale Surriscaldare

Trans- + + + Transcodifica Transalpino Transfondere

Ultra- + + - Ultrasuono Ultravioletto

Vice- + - - Viceré

Page 75: Lic Lexicologie

75

(elenco di prefissi preso da Giorgio Graffi, Sergio Scalise, Le lingue e il linguaggio, Introduzione alla

linguistica, Bologna, Il Mulino, 2002, pp. 133-134)

A partire da questo quadro si possono fare diverse considerazioni :

A. I prefissi si possono aggiungere a più categorie: nomi, aggettivi, verbi;

B. Alcuni prefissi hanno più sensi (sono polisemici):

Dis:

Dis (dal latino):

a) indica negazione, opposizione: disonesto, disattento, disfare

b) ha valore intensivo: perdere – disperdere

c) raramente indica separazione: disgiungere, distrarre

Dys (dal greco): a) ha senso peggiorativo in parole tecniche: distrofia, dispnea

Bis-, bi-:

a) due volte: biscugino, biscotto

b) davanti agli aggettivi acquista valore quasi di superlativo: bislungo

c) valore peggiorativo: bistrattare

Ultra-, oltre:

a) oltre, più in là: oltremare, oltrepassare

b) superlativo: ultramoderno, ultrapotere

C. Molti prefissi hanno una forma fluttuante, disponendo di più varianti combinatorie:

Esempi:

ante-, anti – (indicano la precedenza nel tempo: anteguerra, antecedente e nello spazio:

antelunare, anticamera);

intra-, intro- : intravedere, intromettere.

extra-, estra-, stra- : extralegale, extrafino, estralegale, strafare, strapotente

contro-, contra- : controoffensiva, controcorrente, contrappeso, contravveleno

trans-, tras-, tra- : transfigurazione, transatlantico, trapasso.

D. Non tutti i prefissi elencati sono ugualmente produttivi:

Per esempio, le costruzioni ipo+verbo, circum + verbo possono contare pochissime

formazioni (iponutrire, circumnavigare, circumcingere), mentre le costruzioni mini + nome,

in + nome sono molto produttive (miniappartamento, minigonna, inadatto, ineguale etc).

Quest’elenco contiene una lista approssimativa dei prefissi italiani. Non ci sono

incluse forme prefissali molto specifiche (come acetil-) o tutte le varianti possibili di un

prefisso (ad esempio, accanto a pro- con valore a favore di vi è almeno un altro pro- con

valore di anteriorità, come nel prefissato proscimmia).

Page 76: Lic Lexicologie

76

4. Derivazione parasintetica

I parasintetici sono caratterizzati dall’aggiunta simultanea di un prefisso e di un suffisso a

una base costituita da un nome o da un aggettivo.

Di solito, i parasintetici sono costruzioni verbali.

Esempi:

base = nome: compagno – accompagnare, abbracciare, accompagnare, affrettare,

impolverare, incatenare, incolpare, intitolare, incoraggiare, inginocchiare, innamorare

base = aggettivo: basso – abbassare, arricchire, assicurare, allontanare, impoverire,

indebolire, inebriare, ingrandire, invecchiare, raddoppiare, ringiovanire

I prefissi che formano dei parasintetici sono numerosi (mentre i suffissi sono solo due, -are e

–ire):

a) a- (chiede il raddoppiamento della consonante iniziale): rabbia – arrabbiare, braccia –

abbracciare, fretta – affrettare. Davanti a base che inizia con vocale si ha la forma eufonica

ad-: opera - adoperare

b) de-: preda – depredare, privo – deprivare, caffeina – decaffeinare, cappotta - decappottare

c) in-(im-, inn-, il-, ir-): catena – incatenare, amore – innamorare, lume – illuminare, ruggine

- irrugginire

d) s- privativo: fiore – sfiorire, buccia - sbucciare

e) s- rafforzativo: farfalla – sfarfallare, fondo – sfondare

f) dis -: bosco – disboscare, colpa – discolpare, sete - dissetare

g) ri-, r-: allegro – rallegrare

etc

I nomi dei colori producono spesso parasintetici in –ire: arrossire, ingiallire, imbrunire,

annerire, rinverdire, impallidire. Eccezione: imbiancare (parasintetico in -are).

Osservazione: rosso può formare due parasintetici, arrossare (rendere rosso / il sole arrossava

le cime dei monti, il freddo arrossa la pelle; la luce intensa arrossa gli occhi) e arrossire

(diventare rosso / arrossisce facilmente; a. per la timidezza; a. dalla (o di) vergogna.)

Lo stesso vale per: assordare / assordire, ammollare / ammollire, abbrunare / abbrunire.

5. Derivazione regressiva ( derivazione a suffisso zero,retroformazioni)

Page 77: Lic Lexicologie

77

E’ il procedimento per il quale si formano parole troncando certi suffissi o desinenze.

Esempi: nome - nome: biografia – biografo, lessicologia – lessicologo8, pedagogia –

pedagogo.

Verbo – nome (deverbali privi di suffisso): accusare – accusa, arrivare – arrivo, classificare

– classifica, domandare – domanda, guadagnare – guadagno, ritornare – ritorno, accordare

– accordo, guidare – guida, modificare – modifica, trafficare – traffico, sorvolare – sorvolo.

Osservazioni:

a) Si osserva la formazione di vere e proprie coppie in cui ciascun termine (quello a

suffisso zero e quello con suffisso regolare) si è specializzato in un determinato

ambito: si dice per esempio il comando delle operazioni ma il primo comandamento,

oppure la carica della cavalleria ma il caricamento del fucile, oppure ancora il

realizzo in Borsa ma la realizzazione di un sogno.

b) Ci sono casi in cui il verbo da cui è nata la retroformazione è scomparso. Per esempio,

il verbo discaricare è scomparso da secoli, ma il deverbale discarica (di rifiuti) è

usato. Lo stesso è valido per il deverbale divieto, che deriva da un verbo divietare oggi

estinto.

6. Derivazione impropria

Un certo numero di parole presenta un cambiamento di categoria grammaticale, senza per

questo cambiare forma. Il procedimento porta il nome di cambiamento della categoria

morfologica, della classe morfologica o del valore grammaticale.

Il cambiamento di categoria grammaticale si fa senza l’intervento di un suffisso o di un

prefisso (da cui il nome di derivazione impropria).

Esempi di derivazione impropria sono:

1) la nominalizzazione dell’infinito

Qualunque infinito può diventare sostantivato: è sufficiente usarlo in frasi come: andare in

campagna gli fa piacere; fumare danneggia la salute. L’infinito con valore nominale può esser

introdotto dall’articolo (Il suonare continuo dei cellulari) o dalla preposizione + articolo (Con il

litigare non otterrai niente). Generalmente, questo tipo di nominalizzazioni costituiscono degli

usi episodici, possibili teoricamente con qualsiasi parola.

8 Questi nomi possono considerarsi sia derivati sia composti da bio + grafo, lessico +logo.

Page 78: Lic Lexicologie

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In alcuni casi la funzione nominale dell’infinito ha avuto tale fortuna da dar origine a un

sostantivo vero e proprio, con un suo genere e la possibilità di formare il plurale: il potere i

poteri; il volere i voleri; l’essere gli esseri; il dovere i doveri; l’avere, gli averi; il dispiacere i

dispiaceri etc. In questo caso, l’uso episodico si è stabilizzato ed è arrivato ad acquistare

autonomia rispetto al materiale di partenza.

2) gli aggettivi sostantivati

Esempi: il povero, il ricco, il bello, il giusto, il giovane, il vecchio, l’utile, il facile, il difficile,

il verde, il giallo, il penale, la metropolitana.

Gli aggettivi sostantivati derivano spesso dall’ellissi del nome in una sequenza “nome +

aggettivo”: la metropolitana = la ferrovia metropolitana, la succursale = la sede succursale, il

cellulare = il telefono cellulare, la capitale = la città capitale, la provinciale = la strada

provinciale, la tangenziale = la strada tangenziale. Il fenomeno è tanto diffuso che in molti casi i

parlanti non hanno più la percezione di usare un aggettivo sostantivato.

3) i participi presenti sostantivati

Esempi: l’aiutante, l’assistente, il cantante, il dirigente, l’insegnante, il mendicante, la

sorgente.

4) i participi passati sostantivati

Esempi: il fatto, il prodotto, l’entrata, la spesa, l’offerta, l’udito, il trattato.

5) i gerundi trasformati in sostantivi:

E’ un caso meno comune, incontrato nel linguaggio della musica (il crescendo), della

matematica (il sottraendo), dell’economia (il dividendo).

Anche i participi presenti sostantivati sono numerosi (aiutante, aspirante, assistente,

cantante, insegnante, mendicante) oppure quelli provenendo dai participi passati (il fatto, il

prodotto, la spesa, l’offerta).

Meno comune è il caso dei gerundi trasformati in sostantivi: nel linguaggio della musica (il

crescendo), della matematica (il sottraendo), dell’economia (il dividendo).

PAROLE SEMPLICI E PAROLE COMPLESSE

Le parole semplici sono quelle non derivate e non composte. Le parole semplici sono „date”,

costituiscono il „lessico” o „dizionario” dei parlanti. Es. : ieri, sempre, ogni.

Le parole complesse sono quelle derivate e/o composte. Queste parole sono “formate” tramite

regole morfologiche. Es.: velocemente, lavastoviglie, respirazione.Un elenco dei vari tipi di

parole complesse dell’italiano è il seguente:

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a. parola suffissata (vin + aio, bar + ista)

b. parola prefissata (dis + adatto, in + elegante)

c. parola composta (capo + stazione, alto + piano)

d. parola suffissata più volte (industri + al + izza + zione)

e. parola prefissata più volte (ex + pro + console)

f. parola composta più volte (tergi + lava + lunotto)

g. parola suffissata e prefissata ( in + desidera + bile, dis +

articola + zione)

h. parola composta e suffissata (croce + ross(a) + ina, ferro

+ via + ario)

i. parola composta e prefissata ( in + vero + simile)

j. parola composta, prefissata e suffissata (in + vero +

simil(e) + mente)

Lista subiectelor pentru pregătirea în vederea evaluării finale:

1. La derivazione infissale 2. La derivazione impropria 3. La derivazione regressiva 4. La derivazione parasintetica 5. La derivazione prefissale 6. Parole semplici e parole complesse

TEST: 1. Il prefisso s- in scortese, sleale indica:

a. ripetizione b. negazione c. allontanamento

2. La prefissazione: a. comporta il passaggio della parola derivata da una categoria grammaticale ad un’altra b. non comporta il passaggio della parola derivata da una categoria grammaticale ad

un’altra 3. I prefissi a- (an-), in- (il-, im-, ir-):

a. amplificano il significato della parola-base, avendo un valore intensivo b. attenuano il significato della parola-base, perchè indicano una quantità inferiore c. rovesciano il significato della parola-base, avendo un valore negativo

4. I derivati mediante l’affissione contemporanea di un suffisso e di un prefisso si chiamano: a. parole composte b. parasintetici c. unità lessicali

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5. Il prefisso in- in includere, immettere significa: a. dentro b. non c. senza

6. Forma un verbo parasintetico partendo dalla parola amore. 7. Forma un verbo parasintetico partendo dalla parola rabbia. SoluŃii:

1. b 2. b 3. c 4. b 5. a 6. innamorare 7. arrabbiare

1. LA COMPOSIZIONE La composizione consiste nell’unire due o più parole in modo da formare una parola nuova:

aspira + polvere = aspirapolvere, lava + stoviglie = lavastoviglie, ferro + via = ferrovia.

Negli esempi appena visti, i due componenti sono forme libere, cioè parole che si possono

impiegare anche da sole.

Le parole composte nascono dall’unione di parole della lingua italiana appartenenti a tutte le

categorie grammaticali:

Nome + nome

a) in grafia unita o separata, uno dei due membri regge l’altro, che funge da

complemento; il plurale riguarda solo il sostantivo reggente: banconota/

banconote, la ferrovia (la via di ferro)/ ferrovie (Eccezione: pomodoro /

pomidoro e pomodori.

b) Uno dei due regge l’altro con il sottinteso aggettivo di raccordo simile ed è il

solo a essere volto al plurale: l’arcobaleno (baleno simile ad arco)/

arcobaleni, il pescespada (il pesce simile ad una spada) / pescispada

Nome + aggettivo: il plurale riguarda entrambi i componenti : il pellerossa / pellirosse,

cassaforte / casseforti, l’acquaforte / acqueforti; nordamericano

Nome + verbo: capovolgere, nullafacente

Aggettivo + nome: il bassorilievo / i bassorilievi, il mezzogiorno / i mezzogiorni, la

mezzanotte / le mezzenotti, purosangue, verdesalvia, verde oliva, giallo limone

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Aggettivo + aggettivo: agrodolce / agrodolci, sordomuto, giallo verde, rosso acceso, politico

+ sociale, romeno + italiano

Aggettivo + verbo: il belvedere / i belvedere

Verbo + nome: lavastoviglie, portafogli, aspirapolvere, grattacielo, marciapiede, girasole,

parafango, il bucaneve/ i bucaneve, il portavoce / i portavoce

Verbo + verbo: il dormiveglia / i dormiveglia, il toccasana / i toccasana, il saliscendi, il

fuggi-fuggi, il serra - serra

Verbo + avverbio: il posapiano / i posapiano

Avverbio + nome: il dopoguerra / i dopoguerra, il doposcuola / i doposcuola, malocchio,

benefattore

Avverbio + aggettivo: sempreverde, semprevivo, malsano, benedetto, benvenuto

Avverbio + verbo: benestante, maldicente, il benestare, il benessere

Preposizione + nome: soprannome, soprauomo

Preposizione + verbo: il daffare

Preposizione + avverbio: dabbene

Preposizione + articolo + preposizione + avverbio: aldilà

Numerale + nome: mille piedi

Numerale + numerale: settecento

Avverbio + Pronome personale + Verbo + Pronome personale: nontiscordardime

La composizione in italiano forma essenzialmente nomi ed aggettivi. Ecco la

rappresentazione della struttura di un composto: camposanto: [[campo]N+ [santo]A]N

2. Parole composte con prefissoidi o suffissoidi

A differenza della composizione propriamente detta, in cui i composti risultano

dall’unione di due elementi lessicali che sono entrambi delle parole autonome, la

composizione con prefissoidi e suffissoidi suppone la presenza di composti formati a partire

da forme non libere, cioè da elementi di origine greca o latina che non si usano da soli, ma

trovano impiego solo nei procedimenti di composizione:

Composizione propriamente detta (composti con forme libere):

lavastoviglie = lava + stoviglie

Page 82: Lic Lexicologie

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Gli elementi che formano questo tipo di composti hanno ciascuno un senso compiuto, se

utilizzati da soli.

Composizione con prefissoidi e suffissoidi (composti con forme non libere):

democrazia = demo- (che deriva dal greco demos = popolo) + crazia (che deriva dal greco

kratia = potere).

In questo tipo di composti, almeno un elemento non ha, preso da solo, alcun senso in

italiano (certo, ne ha uno nella lingua di origine). Nell’esempio dato, i due elementi costituenti

del composto non hanno alcun senso, presi singolarmente. Demo e crazia sono forme che

non possono usarsi fuori da combinazioni di questo tipo.

La forma non libera che costituisce la prima parte del composto (demo) è detta

prefissoide o primo elemento, la forma non libera che costituisce la seconda parte del

composto (crazia) è detta suffissoide o secondo elemento.

La composizione per mezzo di prefissoidi e suffissoidi può avvenire con le seguenti

modalità:

- unione di un prefissoide e un suffissoide: bibliofilo (biblio = libro + filo = che ama.)

- unione di un prefissoide con una forma libera: televisione (tele = lontano + visione).

- unione di una forma libera con un suffissoide: paninoteca (panino + teca = deposito,

custodia).

Come nel caso della composizione propriamente detta, anche i composti con prefissoidi e

suffissoidi possono essere classificati in:

a. composti con base nominale (democrazia, cardiopatia)

b. composti con base verbale (antropofago, bibliofilo)

Se osserviamo con attenzione i composti appena menzionati, notiamo che questa

distinzione è valida solo per chi ha nozioni di cultura classica. Altrimenti, senza la

competenza necessaria, non si distingue il significato dei due elementi greci del composto,

come nell’esempio antropofago: anthropos = uomo e fago= mangio. La formazione di parole

mediante prefissoidi e suffissoidi è, come si è appena visto, una formazione di tipo dotto,

essendo propria dei linguaggi specialistici delle scienze e delle tecniche.

Per rendere conto in modo sistematico del quadro complesso dei prefissoidi e dei

suffissoidi più comuni dell’italiano, abbiamo elaborato un elenco in cui, accanto al prefissoide

o al suffissoide viene distinto il suo significato (o i suoi significati), accompagnato (i) da

esempi concludenti.

Page 83: Lic Lexicologie

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I prefissoidi più comuni dell’italiano Prefissoide Significato Esempi Aero - Relativo all’aria Aerobico, aerosol Auto – (1) Da sè Autoadesivo, autofinanziamento Auto – (2) Relativo all’automobile Autolavaggio, autonoleggio Biblio - Libro Bibliofilo, biblioteca, bibliografia Bio- Vita Biologia, biografia, biologia Cosmo- Mondo, universo Cosmologia, cosmopolita Demo- Popolo Democrazia, demografia Eco- Ambiente in cui si vive Ecologia, economia Fago- Che mangia Fagocita Filo- Che ha amore per Filoamericano, filologia, filosofia,

filantropia Geo- Terra, globo terrestre Geochimica, geofauna, geografia Macro- Grande Macroanalisi, macrocosmo Mega- (1), megalo- Grande Megaconcerto Mega- (2) Un milione di volte Megabyte, megahertz Miso- Odio Misantropo Mono- Uno solo Monopolio, monoteismo Omo- Uguaglianza, identità Omonimia Onni- Tutto, totalità Onnipotente, onnipresente,

onnisciente Orto- Corretto Ortografia, ortopedia Paleo- Antico Paleografia, paleocristiano,

paleolitico Pan- Tutto, totalità,

riconducibile a un denominatore comune

Pancristiano, panteismo

Penta- Cinque Pentagono Poli- Molti Poliglotta, poliambulatorio Psico- Mente Psicofarmaco, psicologia Quadri- Composto di quattro Quadrilatero, quadripartito Tele – (1) A distanza Telefono, televisione Tele – (2) Relativo alla televisione Telecamera, telefilm Topo- Luogo Topografia, toponimo Tri- Tre Triangolo, tricolore

I suffissoidi più comuni dell’italiano Suffissoide Significato Esempi -algia Dolore Odontalgia, nevralgia -archia Dominio Monarchia, oligarchia -cida Uccisore Insetticida, omicida -coltore Coltivatore, allevatore Agricoltore -crate Che ha il potere, il

dominio Burocrate, tecnocrate

-crazia Potere, dominio Aristocrazia, democrazia

Page 84: Lic Lexicologie

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-fago Che mangia Antropofago -fero Che porta, che genera Calorifero, frigorifero, sonnifero -filo Che ama Bibliofilo, cinefilo, musicofilo -fobia Terrore Agorafobia, claustrofobia,

idrofobia -forme Forma Multiforme, puntiforme -fugo Che fugge, che mette in

fuga Centrifugo, febbrifugo

-gamia Nozze, matrimonio, riproduzione sessuale

Poligamia, monogamia

-iatria Cura medica Pediatria, geriatria -logia Studio Geologia,meteorologia, sociologia -mania Passione eccessiva,

ossessione Cleptomania, megalomania

-patia Sentimento, sofferenza Apatia, cardiopatia, simpatia -scopia Osservazione Microscopia -teca Deposito Biblioteca, discoteca, enoteca -voro Che mangia Carnivoro, erbivoro, onnivoro

Quadro: Il prefissoide auto-

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Il secondo dopoguerra, e soprattutto il periodo di boom economico, con lo straordinario sviluppo della motorizzazione, ha visto crescere a dismisura le voci composte col prefissoide auto-, forma accorciata di automobile. La duttilità semantica e sintattica del prefissoide (di questo come di altri) è notevole; se parliamo, per esempio, di autoambulanza, autocisterna o autobotte, intendiamo indicare autoveicoli con determinate funzioni; con parole tipo autotreno o autocarro designiamo veicoli, stradali o ferroviari, con trazione propria a motore termico; in parole tipo autocolonna o autorimessa, il prefissoide ha una posizione sintatticamente subordinata rispetto al secondo elemento: quindi “colonna di automobili”, “rimessa per automobili”.

Si sa che nel termine automobile il primo elemento del composto è dato dal greco autòs ‘sè, sè stesso’, che già in greco veniva usato per formare parole composte; così come succede nella nostra lingua, per esempio autobiografia, autocritica, autosuggestione e diversi altri. Statisticamente, auto nel significato di automobile ha sopravanzato di gran lunga l’altro auto col significato di ‘sè stesso’. Ma negli ultimi anni, a partire dalla grande contestazione del 1968, il più antico prefisso ha un po’ ripreso il terreno perduto, ed è stato sentito e usato soprattutto in termini che indicassero non tanto un’operazione individuale, quanto un’attività o un movimento collettivo di base. Il verbo gestire è di larga circolazione ai nostri giorni, ed è preferito al verbo amministrare (al quale i lessici lo avvicinano per sinonimia), perché praticamente in gestire viene sentita una carica di maggiore autonomia, responsabilità e fors’anche democraticità. È chiaro dunque che chi gestisce opera in proprio, amministra da sè, sia pure intendendo questo ‘da sè’ in senso comunitario. Eppure è stato coniato il verbo autogestire, che può sembrare inutile e tautologico, se non si intendesse sottolineare in maniera più evidente läautonomia responsabile del gestire. In un manifesto del movimento femminista ho letto questa frase: “Non dobbiamo autolasciare ai medici la decisione dell’aborto.” Penso che a tutti gli utenti della lingua italiana sarebbe parso sufficiente dire lasciare; ma con autolasciare si è probabilmente voluta accentuare la non disponibilità a lasciare di propria iniziativa quello che veniva ritenuto un diritto personale di decisione. Un’interpretazione simile per il verbo automettersi, da me letto in questa frase: “Alcune persone si automettono nelle categorie più alte.” Non v’è dubbio che il riflessivo mettersi significhi ‘mettere sè stesso’, ed esprime appieno un’azione personalizzata; così come uno che si lava, lava sè stesso e non si direbbe che si autolava. Ma ancora, il segnale eccedente di automettersi rileva con maggiore energia la responsabilità individualizzata dell’operazione espressa dal verbo. (Gianni A. Papini, Derivazione e composizione in Parole e cose, Milano, Lista subiectelor pentru pregătirea în vederea evaluării finale:

1. La composizione 2. Parole composte con prefissoidi o suffissoidi TEST:

1. Il prefissoide di psicofarmaco, psicologia, psicoanalisi significa: a. efficace b. contro c. mente 2. Il prefissoide di topografia, toponomastica, toponimo significa: a. uguale b. luogo c. arte 3. Il suffissoide di idrofobia, claustrofobia significa: a. amore b. paura c. dolore

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86

4. Lavastoviglie è un composto con: a. base verbale b. base nominale 5. Mezzogiorno è un composto con: a. base verbale b. base nominale 6. Il contenitore dove conservare i soldi si chiama: a. il salvadanaio b. il portalettere c. il segnalibro 7. Scrivi la parola composta che corrisponde alla definizione: la parte della strada riservata ai pedoni: il ................................ SoluŃii: 1. c 2. b 3. b 4. a 5. b 6. a 7. marciapiede

Temă de casă: 1. Sostituisci ai puntini l’aggettivo adatto scelto tra i seguenti :

- pensione ............, condotto ............. (alimentare, alimentario) - istituto ............, legge .............., prodotto .............., lavoro .................. (agrario /

agricolo) - l’esercito .............., un oggetto d’arte ............. dai tempi di Ramsete I (egiziano, egizio)

2. Distingui se i seguenti suffissati sono denominali, deaggettivali o deverbali: benzinaio, altezza, lavorazione, cortesia, lavaggio, investigatore, avarizia, dentista, ringraziamento, carbonizzare, solidificare. 3. Individuare almeno tre derivati appartenenti a ciascuna delle seguenti categorie derivazionali:

a. nomi d’agente deverbali b. nomi d’agente denominali c. nomi di qualità deaggettivali d. nomi d’azione deverbali e. nomi di strumento deverbali f. nomi di luogo denominali g. verbi denominali h. verbi deaggettivali i. aggettivi deverbali j. aggettivi denominali

6. I Dizionari; Tipologia e struttura

Page 87: Lic Lexicologie

87

Obiettivo: conoscere i vari tipi di dizionari e la loro struttura

Il dizionario è una raccolta di parole e locuzioni di una lingua, disposte per lo più in ordine

alfabetico, indipendentemente dalle variazioni morfologiche delle declinazioni e delle

coniugazioni, e seguite da una definizione del loro significato.

La produzione di dizionari è caratteristica delle società moderne e risponde ad esigenze di

informazione e comunicazione. Lo scopo del dizionario è dunque pedagogico.

Tipi di dizionari:

1. dizionario bilingue (o plurilingue) – ha lo scopo di tradurre le parole

di altre comunità linguistiche. Es. Francese-italiano e italiano-

francese

2. dizionario monolingue – serve a definire e illustrare le parole e le

espressioni di una lingua

3. dizionari tecnici e specialistici - transcodifica in una norme comune le

conoscenze tecnico – specialistiche di gruppi sociali o culturali

4. dizionario enciclopedico – oltre alla parte lessicografica, comprende

una vera e propria enciclopedia

5. dizionario etimologico – ricostruisce la storia di una parola, dalla

prima documentazione scritta fino ad oggi

6. dizionario dei sinonimi e dei contrari – registra i sinonimi ed i

contrari di ciascuna parola

7. etc

I principali dizionari monolingui italiani sono: lo Zingarelli, il Devoto-Oli, il Sabatini-Coletti.

Essi contengono un numero di voci che si aggira intorno alle 100 000-150 000 parole

(lemmi), una quota limitata se si considera che le stime di quante siano le parole variano tra le

500 000 e i milioni, comprendendo i linguaggi tecnici.

La struttura del dizionario

In generale, un dizionario consta di una lista di forme chiamate entrate, voci o lemmi.

L’insieme delle entrate di un dizionario costituisce la nomenclatura o il lemmario. La

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88

nomenclatura di un dizionario deve essere presentata in un ordine formale, normalmente

quello alfabetico.

I dati contenuti in un vocabolario dell’uso sono i seguenti:

1. un’area dell’entrata, in cui compaiono la parola considerata, la pronuncia o la

sillabazione, l’informazione grammaticale

2. un’area della semantica, in cui sono disposti:

a. i significati (le definizioni)

b. gli esempi d’uso e la fraseologia

c. gli eventuali alterati e derivati avverbiali

3. altre informazioni complementari, per esempio l’etimologia, i sinonimi, i contrari.

Lista subiectelor pentru pregătirea în vederea evaluării finale

8. Vari tipi di dizionari

9. La struttura del dizionario

Exemplu de test de evaluare din toată materia:

TEST

1. Il numero delle parole è:

a. potenzialmente arricchibile

b. piuttosto ristretto e stabile

2. adesso, mo’ e ora sono:

a. metafore regionali

b. termini polisemici

c. geosinonimi

3. Classifica il brano seguente: cara signora, ti sto scrivendo due richi perchè questa

settimana finisco di faticare e poi vengo se non finisco un giorno vengo due

a. italiano standard

b. italiano popolare

c. italiano parlato

4. In italiano il lessema tra è una parte variabile o invariabile del discorso?

a.invariabile

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b.variabile

5. La variazione e l’evitamento della ripetizione lessicale, la preferenza per termini

specifici o per parole ritenute più auliche sono tratti linguistici tipici dei:

a. registri alti

b. registri bassi

6. Determina il lemma corrispondente alla forma accendono.

7. Durante è un esempio di:

a) grammaticalizzazione

b) lessicalizzazione

8. Si può parlare di parlato trasmesso quando:

a) il mezzo per comunicare è rappresentato dalla pagina scritta

b) quando il canale per comunicare è rappresentato dall’aria

c) quando si usano mezzi di comunicazione a distanza

9. Riguardo alla base di origine, il suffissato testardaggine è:

a. denominale

b. deaggettivale

c. deverbale

10. Il prefissoide di topografia, toponomastica, toponimo significa:

a. uguale

b. luogo

c. arte

11. Il lessema rappresenta:

a. ogni minima unità linguistica avente un significato autonomo (radice, parola,

parola composta)

b. unità elementare nel sistema delle forme grammaticali

c. unità fonologica minima di un sistema linguistico

12. Accendisigari è un composto con:

a. base verbale

b. base nominale

13. La parola in carattere italico è una varietà regionale. Scrivila in italiano standard:

Carlo, il mio compagno di scuola, va in una gita in mondagna ..............................

14. Il registro aulico si usa:

a. In situazioni domestiche o amicali, con persone con cui si è in grande

confidenza.

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b. In situazioni ufficiali, con persone di riguardo, soprattutto se non si

conoscono

c. In situazioni normali, con persone che non si conoscono bene.

15. Riguardo alla base di origine, il suffissato compratore è:

a. denominale

b. deaggettivale

c. deverbale

16. Saper scegliere e utilizzare il registro linguistico più adatto alla situazione in cui

ci si trova prende il nome di:

a. competenza linguistica

b. repertorio linguistico

c. competenza comunicativa

17. Ordinate le quattro espressioni che seguono in una scala di decrescente formalità:

A. devi prendere le compresse a stomaco pieno

B. deve assumere il farmaco a stomaco pieno

C. le pastiglie, prendile dopo mangiato

D. le compresse, le devi prendere dopo i pasti

a. D-C-A-B

b. C-B-D-A

c. A-B-D-C

d. B-A-D-C

18. Che cos'è la variazione diafasica?

a.la variazione della lingua a seconda della situazione comunicativa

b.la variazione della lingua a seconda dello strato sociale di appartenenza del parlante

c.la variazione della lingua nel tempo

19. Nella lingua italiana come classifichiamo la parola purosangue (dal franc. pur-

sang)?

a. prestito non integrato

b. prestito integrato

c. calco

d. arcaismo

20. La situazione comunicativa rappresenta:

a. le circostanze e i luoghi in cui avviene la comunicazione

b. il rapporto tra le persone tra cui si svolge la comunicazione

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c. l’argomento di cui si parla