Italiana Fonetica[1]

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LIMBA ITALIANĂ CONTEMPORANĂ Lector univ. drd. GETA POPESCU Specialitatea B OBIECTIVE Cursul îşi propune să prezinte într-o formă sintetică părŃile de vorbire, flexibile şi neflexibile, probleme de primă importanŃă pe care limba italiană le ridică studentului din anul I, zi, frecvenŃă redusă sau învăŃământ la distanŃă, interesat de achiziŃionarea unor structuri şi construcŃii specifice limbii. În prezentarea categoriilor morfologice se insistă asupra regulilor şi excepŃiilor, având ca suport numeroase exemple, şi pe diferenŃele faŃă de limba română, respectându-se caracterul specific al limbii italiene. Semestrul I MORFOLOGIA 1. L’ARTICOLO L’articolo non ha un significato lessicale autonomo. Serve solo a determinare il sostantivo a cui è associato, e con il quale concorda in genere e in numero. Infatti c’è un legame molto stretto tra l’articolo e il sostantivo. Solo in determinate condizioni il sostantivo può fare a meno dell’articolo (con alcuni nomi propri, di persona, Mario, di città, Parigi), mentre l’articolo è sempre seguito da un sostantivo. L’articolo ha pure la proprietà di rendere sostantivi anche le parole che non lo sono; in realtà, qualsiasi parte del discorso, accompagnata dall’articolo, si può trasformare in sostantivo: aggettivi: unire l’utile al dilettevole; il rosso è il mio colore preferito; verbi: tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare; l’umiliare gli altri è malvagità; In italiano l’articolo rappresenta due opposizioni fondamentali: 1. „classe” / „membro” Il cane (= i cani, tutti i cani) è l’animale più fedele. / Un cane abbaia nella strada. 2. „noto” / „nuovo” Il bambino è nel giardino. / Un bambino legge un libro. articolo determinativo indeterminativo maschile femminile maschile femminile singolare il, lo (l’) la (l’) un, uno una (un’) plurale i, gli le - Come si vede, l’opposizione tra „determinativo” e „indeterminativo” avviene in modo diverso al singolare e al plurale: al singolare, l’articolo ha forme specifiche: il bambino / un bambino; la donna / una donna; al plurale, l’articolo ha forme specifiche solo per indicare la determinatezza, mentre l’indeterminatezza è indicata dall’assenza dell’articolo (a volte si usano gli articoli partitivi: dei, degli, delle): i bambini / _ bambini (dei bambini); le donne / _ donne (delle donne). Davanti a sostantivi che hanno una stessa forma per il maschile e il femminile o per il singolare e il plurale, l’articolo ne specifica il genere e il numero: il / la cliente; la / le crisi. 1.1. L’articolo determinativo L’articolo determinativo indica una cosa che si suppone già nota. 1.1.1. Forme dell’articolo determinativo il, I La forma il si usa davanti ai nomi maschili che cominciano per consonante, tranne „simpura, z, x e i gruppi gn, pn, ps: il fiore, il treno, il ragazzo, il cane. La forma corrispondente per il plurale è i: i fiori, i treni, i ragazzi, i cani. lo (l’), gli

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LIMBA ITALIAN Ă CONTEMPORANĂ

Lector univ. drd. GETA POPESCU

Specialitatea B OBIECTIVE Cursul îşi propune să prezinte într-o formă sintetică părŃile de vorbire, flexibile şi neflexibile,

probleme de primă importanŃă pe care limba italiană le ridică studentului din anul I, zi, frecvenŃă redusă sau învăŃământ la distanŃă, interesat de achiziŃionarea unor structuri şi construcŃii specifice limbii. În prezentarea categoriilor morfologice se insistă asupra regulilor şi excepŃiilor, având ca suport numeroase exemple, şi pe diferenŃele faŃă de limba română, respectându-se caracterul specific al limbii italiene.

Semestrul I

MORFOLOGIA

1. L’ARTICOLO

L’ articolo non ha un significato lessicale autonomo. Serve solo a determinare il sostantivo a cui è associato, e con il quale concorda in genere e in numero.

Infatti c’è un legame molto stretto tra l’articolo e il sostantivo. Solo in determinate condizioni il sostantivo può fare a meno dell’articolo (con alcuni nomi propri, di persona, Mario, di città, Parigi), mentre l’articolo è sempre seguito da un sostantivo.

L’articolo ha pure la proprietà di rendere sostantivi anche le parole che non lo sono; in realtà, qualsiasi parte del discorso, accompagnata dall’articolo, si può trasformare in sostantivo:

– aggettivi: unire l’utile al dilettevole; il rosso è il mio colore preferito; – verbi: tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare; l’umiliare gli altri è malvagità; In italiano l’articolo rappresenta due opposizioni fondamentali: 1. „classe” / „membro” Il cane (= i cani, tutti i cani) è l’animale più fedele. / Un cane abbaia nella strada. 2. „noto” / „nuovo” Il bambino è nel giardino. / Un bambino legge un libro. articolo determinativo indeterminativo maschile femminile maschile femminile singolare il, lo (l’) la (l’) un, uno una (un’) plurale i, gli le – - Come si vede, l’opposizione tra „determinativo” e „indeterminativo” avviene in modo diverso al

singolare e al plurale: – al singolare, l’articolo ha forme specifiche: il bambino / un bambino; la donna / una donna; – al plurale, l’articolo ha forme specifiche solo per indicare la determinatezza, mentre

l’indeterminatezza è indicata dall’assenza dell’articolo (a volte si usano gli articoli partitivi: dei, degli, delle):

i bambini / _ bambini (dei bambini); le donne / _ donne (delle donne). Davanti a sostantivi che hanno una stessa forma per il maschile e il femminile o per il singolare e

il plurale, l’articolo ne specifica il genere e il numero: il / la cliente; la / le crisi. 1.1. L’articolo determinativo

L’ articolo determinativo indica una cosa che si suppone già nota. 1.1.1. Forme dell’articolo determinativo

il, I La forma il si usa davanti ai nomi maschili che cominciano per consonante, tranne „s” impura, z,

x e i gruppi gn, pn, ps: il fiore, il treno, il ragazzo, il cane. La forma corrispondente per il plurale è i: i fiori, i treni, i ragazzi, i cani. lo (l’), gli

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La forma lo si usa davanti ai nomi maschili che cominciano con: - “s” impura: lo sbaglio, lo scandalo, lo spettacolo, lo studente; - z: lo zio, lo zero, lo zucchero, lo zolfo; - x: lo xilofono, lo xenofobo; - i gruppi gn, pn, ps: lo gnomo, lo pneumatico, lo pseudonimo; - la semiconsonante i: lo iato, lo iogurt, lo Jonio. Davanti alla semiconsonante u si usa l’articolo lo (eliso in l’ ) per le parole italiane: l’uomo,

l’uovo, e l’articolo il per le parole di origine straniera: il week-end, il whisky, il windsurf. Per il plurale si usano rispettivamente le forme: gli: gli uomini e i: i week-end.

Nelle parole comincianti per h si usa l’articolo lo (eliso in l’ ), che al plurale diventa gli: l’hamburger, l’handicap, l’hashish; gli hamburger.

Si ha lo invece di il in alcune locuzioni avverbiali: per lo più, per lo meno. Dinanzi ai nomi maschili che cominciano per vocale l’articolo lo si elide in l’ : l’albero,

l’esercizio, l’incendio, l’ospite, l’uomo. La forma corrispondente per il plurale è gli: gli sbagli, gli zii, gli xilofoni, gli gnomi, gli iati, gli

hamburger, gli alberi. la (l’), le La forma la si usa davanti ai nomi femminili comincianti per consonante e per la semiconsonante

i: la donna, la scolara, la zia, la iena. Davanti a vocale l’articolo la si elide in l’ : l’aula, l’escursione, l’isola, l’oca. Con i nomi comincianti per h, a differenza del maschile, si usa la forma non elisa: la hall, la

holding. La forma corrispondente per il plurale è le (che non si elide mai): le donne, le aule, le hall. 1.2. L’articolo indeterminativo

L’ articolo indeterminativo indica una cosa generica, indefinita, ancora non nota; la sua funzione è quella di introdurre nel discorso un sostantivo di cui non si è parlato in precedenza.

1.2.1. Forme dell’articolo indeterminativo

un La forma un si usa davanti ai nomi maschili che cominciano per consonante, tranne „s” impura, z,

x e i gruppi gn, pn, ps: un fiore, un treno, un ragazzo, un cane. Inoltre si usa dinanzi ai nomi maschili inizianti per vocale, per la semiconsonante u e per h: un

uragano, un whisky, un hobby. uno La forma uno si usa davanti ai nomi maschili che cominciano con „s” impura, z, x, i gruppi gn,

pn, ps e con la semiconsonante i: uno sbaglio, uno zio, uno xilofono, uno gnomo, uno pneumatico, uno pseudonimo, uno iato.

una La forma una si usa davanti ai nomi femminili che cominciano per consonante e si elide in un’

davanti a vocale (ma non davanti a i semiconsonante): una donna, una scolara, una zia, una iena, una hall; un’aula, un’escursione, un’isola.

L’articolo indeterminativo non ha plurale; con funzione di plurale si possono usare le forme dell’articolo partitivo: dei, degli, delle, gli aggettivi indefiniti: alcuni, numerosi, parecchi, qualche (+ nome al singolare) o semplicemente il nome al plurale, senza nessun’altra indicazione:

Sono apparse delle difficoltà. Sono apparse alcune difficoltà. E’ apparsa qualche difficoltà. Sono apparse _ difficoltà. 1.3. Usi particolari dell’articolo determinativo

1.3.1. Nomi geografici

I nomi di città e di piccole isole non hanno generalmente l’articolo: – Roma, Venezia, Bucarest, Mosca, Vienna, ma L’Aquila, La Spezia, L’Aia, L’Avana, La Mecca,

Il Cairo; – Capri, Corfù, Ischia, Procida, Malta, Rodi, ma l’Elba, la Capraia, la Gorgona. Ricevono invece l’articolo quando sono accompagnati da un determinativo, attributo o

complemento: l’industriosa Milano, la Venezia dei dogi, la Firenze del Rinascimento. Richiedono l’articolo i nomi che indicano:

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– monti: il Vesuvio, lo Stromboli, l’Etna, i Balcani, i Pirenei, gli Appennini; la Maiella, le Alpi, le Ande, le Dolomiti.

– fiumi: il Po, il Tevere, il Tamigi, il Danubio, l’Arno; la Senna, la Loira, la Marna. – laghi: il Garda, il Como, il Trasimeno. – mari: il Mediterraneo, il Ligure, il Tirreno, lo Jonio, l’Adriatico. – oceani: il Pacifico, l’Atlantico. – isole grandi: la Sicilia, la Sardegna, la Corsica, le Eolie, le Filippine, le Azzorre; il

Madagascar, i Caraibi, ma Cipro, Creta, Giava. – regioni: il Lazio, il Piemonte, l’Abruzzo; la Toscana, la Lombardia. – Stati: la Francia, la Romania, l’Italia; il Portogallo, il Brasile, lo Yemen, l’Egitto, gli Stati

Uniti d’America. – continenti: l’Europa, l’Asia, l’Africa. Questi nomi possono fare a meno dell’articolo quando sono usati come complemento di

specificazione: il re di Francia, l’ambasciatore di Gran Bretagna, ma: il presidente degli Stati Uniti, il rappresentante della Svizzera; o come complemento di luogo, introdotto dalla preposizione in: andare in Australia, vivere in Toscana, recarsi in Italia, ma: abitare nel Piemonte, fermarsi nel Lazio.

Con tutte le altre preposizioni si usa sempre l’articolo: viaggiare per l’America, dirigersi verso il Giappone, tornare dal Brasile, correre attraverso l’Egitto, navigare verso la Spagna.

1.3.2. Nomi propri di persona e cognomi

I nomi propri di persona rifiutano normalmente l’articolo: Tra poco verrà Marco. Ho scritto a Paola. Nell’uso regionale dell’Italia settentrionale però i nomi propri femminili vengono di solito

preceduti dall’articolo: Ho rivisto la Carla. Prendono invece l’articolo quando sono accompagnati da un determinativo: l’imperatore

Augusto, Stefano il Grande, Michele il Bravo. I cognomi di donne richiedono l’articolo: la Deledda, la Serao, la Loren, come pure i cognomi di

uomini al plurale: i Visconti, i Medici, gli Estensi, gli Sforza. Con i cognomi di uomini al singolare l’uso non è costante; nel linguaggio parlato si omette

l’articolo: Ho incontrato Rossi. Davanti ad alcuni cognomi di personalità famose non si usa l’articolo: Garibaldi, Pirandello,

Colombo, Verdi, Kennedy, davanti ad altri invece l’articolo si usa: il Tasso, il Leopardi, l’Ariosto. 1.3.3. Aggettivo possessivo

L’articolo si omette davanti ai nomi di parentela preceduti da un aggettivo possessivo (con loro invece si usa l’articolo): mio padre, tua madre, suo fratello, sua moglie, nostra zia, vostro nipote, ma: il loro padre, la loro madre, ecc.

Ammettono l’articolo: – i nomi di parentela al plurale: le mie sorelle, i tuoi zii, i suoi nipoti; – i nomi di parentela accompagnati da un attributo: la mia cara moglie; – i nomi di parentela seguiti dal possessivo: lo zio suo; – i diminutivi: la tua sorellina, la vostra zietta; – gli affettivi: il mio papà, il tuo babbo, la sua mammina, il vostro figliolo. Non hanno l’articolo alcuni appellativi onorifici, quando sono preceduti da Sua e Vostra: Sua

Maestà, Sua Santità, Sua Eminenza, Vostra Altezza, Vostra Eccellenza. 1.4. Omissione dell’articolo

– nella maggioranza delle locuzioni avverbiali: in fondo, a proposito, a piedi; – con alcuni complementi di luogo: tornare a casa, abitare in montagna, uscire da casa, andare

a letto, a teatro (ma: al cinema, allo stadio); – davanti a nomi che formano con il verbo espressioni predicative: aver fame, sete, paura,

sonno, sentire freddo, caldo, affetto, dare fastidio, fiducia, importanza, spazio, prendere posto, posizione, fare amicizia, paura, soldi;

– in alcune locuzioni: sala da pranzo, abito da sera, scarpe da tennis, vino da pasto; – nei proverbi: Cane che abbaia non morde;

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– nei titoli dei libri o dei capitoli: Grammatica italiana, Canto quinto; – nelle insegne: Entrata, Partenze, Ristorante, Pescheria; – nel linguaggio della pubblicità: Vendo appartamento zona centrale; 1.5. Preposizioni articolate

Quando l’articolo determinativo è preceduto dalle preposizioni di, a, da, in, su, si unisce con esse dando luogo alle cosiddette preposizioni articolate:

il lo (l’) la (l’) i gli le di del dello (dell’) della (dell’) dei degli delle a al allo (all’) alla (all’) ai agli alle da dal dallo (dall’) dalla (dall’) dai dagli dalle in nel nello (nell’) nella (nell’) nei negli nelle su sul sullo (sull’) sulla (sull’) sui sugli sulle Si usa ancora la preposizione articolata col che proviene dalla preposizione con più l’articolo

determinativo il . 1.6. Articolo partitivo

Le forme articolate della preposizione di (del, dello, dell’, della, dei, degli, delle) si usano anche con valore di articolo partitivo; in questo caso indicano una parte, una quantità indeterminata.

L’articolo partitivo viene usato soltanto con i „nomi massa”, quei sostantivi che non indicano un singolo oggetto, ma una certa quantità:

E’ caduta della pioggia. Al singolare l’articolo partitivo equivale a „un po’ di”, ” alquanto”: Ho comprato soltanto del pane. Al plurale esso sostituisce l’inesistente plurale dell’articolo indeterminativo ed equivale a

„alcuni”, „ qualche”: Ho visitato delle città straniere.

2. IL SOSTANTIVIO Il sostantivo (o nome) è una parte variabile del discorso che indica persone, animali, cose, idee,

fatti, entità reali o irreali. I sostantivi costituiscono una classe aperta, che si arricchisce continuamente di nuovi elementi.

2.1. Classificazione dei nomi

I nomi propri designano un particolare „ individuo”, di una specie o categoria: – un essere umano, e rientrano in questa categoria:

-i nomi propri di persona: Carlo, Monica, ecc.; -i cognomi: Rossi, Rinaldi, ecc.; -i soprannomi: Lorenzo dei Medici, il Magnifico.

– un appellativo geografico (continenti, nazioni, regioni, città, monti, fiumi, laghi, mari, oceani): Europa; Francia, Portogallo, Austria; Veneto, Calabria; Firenze, La Mecca, Il Cairo; Monte Cervino, Etna, Stromboli; Po, Arno, Senna; Como; Mediterraneo, Adriatico, Ionio; Pacifico, Atlantico, ecc.

Possono anche riferirsi a più persone o cose: i Romani, gli Appennini, le Alpi, ecc. I nomi comuni designano ogni possibile „ individuo”, di una specie o categoria:

– esseri umani: ragazzo, scolaro, uomo; donna, bambina; – animali: leone, uccello, scorpione; scimmia, anatra; – oggetti: tavolo, albero; casa, pianta.

I nomi collettivi designano un gruppo di „ individui”: – esseri umani: popolo, esercito; flotta, folla; – animali: gregge (di pecore), mandria (di cavalli); – oggetti: fogliame, pietrame; mobilia.

Alcuni nomi collettivi subiscono al plurale un mutamento di significato: la gente (= gli uomini), le genti (= le popolazioni).

I nomi concreti designano realtà materiali percepibili dai sensi: libro, casa; prete, dottoressa; gallo, mosca, ecc.

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I nomi astratti designano concetti non percepibili dai sensi: coraggio, amore; bontà, gioia, ecc. I nomi numerabili designano entità delimitabili: quaderno, letto, astuccio; finestra, porta, ecc. I nomi non numerabili o „nomi massa” designano:

– sostanze: vino, sale; farina, acqua, ecc.; – materiali: legno, ferro; gomma, seta, ecc.

Questi nomi hanno alcune proprietà: – non possiedono il plurale: (sg.) il latte, (pl.) -; vengono usati al plurale solo in contesti tecnico-

scientifici: Il fruttosio e il glucosio sono zuccheri semplici.

– prendono l’articolo partitivo singolare: Vorrei del pane.

2.2. Nomi primitivi, derivati e alterati

I primitivi sono nomi semplici, senza alcuna aggiunta né all’inizio (prefisso) né alla fine (suffisso); sono formati soltanto da radice + desinenza: mont-e, vent-o, cas-a, ecc.

I derivati si formano con l’aggiunta di prefissi e suffissi. Il loro significato è nettamente distinto da quello del nome primitivo da cui derivano:

– acqua è un elemento naturale; – acquaio è la vaschetta dove si lavano le stoviglie; – acquaiolo è l’uomo che vende acqua; – acquata significa pioggia improvvisa e breve.

Anche gli alterati si ottengono mediante suffissi. Tali suffissi però non mutano radicalmente il significato del nome, lo modificano soltanto, dando ad esso una particolare sfumatura: accrescitiva, diminutiva, vezzeggiativa o peggiorativa. Esistono quindi quattro categorie di nomi alterati:

– accrescitivi (conferiscono al nome un’idea di grande): suffissi: -one/-a: librone, nuvolone, donnone; casona;

-otto: barilotto; -ozzo: predicozzo.

– diminutivi (conferiscono al nome un’idea di piccolo): suffissi: -ello: vinello, asinello;

-erello: alberello; -etto/-a: ragazzetto; borsetta, saponetta;

– vezzeggiativi (l’alterazione esprime insieme all’idea di piccolezza un sentimento di carezzevole simpatia):

suffissi: -icino: cuoricino; -iccino: libriccino; -olino: pesciolino, cagnolino, topolino;

– peggiorativi (l’alterazione indica disprezzo e talvolta ironia): suffissi: -accio/-a: ragazzaccio, diavolaccio; parolaccia;

-astro/-a: poetastro, medicastro; sorellastra; -ucolo: poetucolo.

Attenzione ai falsi alterati del tipo: bottone, montone, barone, mattone, mulino, pulcino, mattino; salina, ecc.

Vi sono poi sostantivi che nacquero come effettivi alterati, ma che, col passare del tempo, hanno acquistato un significato autonomo: pagliaccio, panettone, orecchio, ginocchio, fratello, agnello, occhiello, castello, contadino, postino, pescivendolo; fanciulla, nuvola, pagella, sorella, sigaretta, ecc.

2.3. Il genere del nome

Rispetto al genere, il nome può essere maschile o femminile. Per quanto riguarda le persone e gli animali, la distinzione avviene in relazione al sesso: sono di

genere maschile i nomi degli esseri animati di sesso maschile: Carlo, padre, scrittore; gatto, leone;

sono di genere femminile i nomi degli esseri animati di sesso femminile: Carla, madre, scrittrice; gatta, leonessa.

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Tuttavia non sempre esiste una corrispondenza tra genere „grammaticale” e genere „naturale”: ci sono infatti nomi di persona che, pur essendo femminili sotto il profilo grammaticale, designano per lo più uomini:

la guardia, la recluta, la scorta, la sentinella, la spia; ce ne sono altri invece che si riferiscono a donne, sebbene siano di genere grammaticale maschile:

il soprano, il mezzosoprano, il contralto. In questi casi, l’accordo va fatto tenendo conto del genere grammaticale:

La sentinella è attenta. Le reclute sono arrivate. Il soprano è bravo. I mezzosoprani sono applauditi.

Per i nomi di cosa, la distinzione tra genere maschile o femminile è puramente convenzionale e ha soltanto una funzione grammaticale: solo l’uso ha stabilito che parole come fiume, clima siano maschili, mentre altre come cartella, crisi siano femminili. Oltre alla consultazione del vocabolario e all’esperienza, gli elementi che ci possono aiutare a determinare il genere di un nome sono il significato e la desinenza.

Secondo il significato, sono di genere maschile: – i nomi degli alberi: il melo, il pero, il pioppo, l’abete, l’arancio, l’olmo, ecc.;

sono femminili: la palma, la quercia, la vite, l’acacia. – i nomi dei fiori: il bucaneve, il crisantemo, il garofano, il giglio, il gladiolo, il girasole, il

mughetto, il narciso, il papavero, il tulipano, l’anemone, ecc.; sono femminili: la camelia, la dalia, la margherita, la ninfea, la peonia, la petunia, la

rosa, la viola. – i nomi dei metalli e degli elementi chimici: il bronzo, il ferro, il rame, l’argento, l’oro; il

carbonio, lo zolfo, l’idrogeno, l’ossigeno, l’uranio, ecc. – i nomi dei mesi e dei giorni della settimana: il febbraio, l’ottobre; il mercoledì, il sabato, ecc.;

è femminile la domenica. – i nomi dei monti: il Monte Bianco, lo Stromboli, l’Himalaya, i Pirenei, gli Appennini, ecc.;

sono femminili: la Maiella, le Alpi, le Ande, le Dolomiti. – i nomi di fiumi, laghi, mari, oceani: il Nilo, il Volga, l’Arno; il Garda; il Tirreno, lo Jonio,

l’Egeo; il Pacifico, l’Atlantico, ecc.; sono femminili: la Garonna, la Loira, la Marna, la Senna.

– i nomi dei punti cardinali: il Nord, il Settentrione, il Sud, il Mezzogiorno, il Meridione, l’Est, l’Oriente, l’Ovest, l’Occidente.

Sono di genere femminile: – i nomi dei frutti: la ciliegia, la mela, la pesca, l’albicocca, ecc.;

sono maschili: il dattero, il fico, il lampone, il limone, il pistacchio, l’ananas. – i nomi delle scienze: la chimica, la lessicologia, l’economia, ecc.

è maschile il diritto . – i nomi delle nozioni astratte: la cultura, la fede, la virtù, ecc.

sono maschili: il coraggio, l’amore, l’eroismo, ecc. – i nomi di continenti, Stati, regioni, città, isole: l’Europa; la Romania, l’Argentina; la Toscana;

la dotta Bologna, la Milano dei Visconti; la Groenlandia, le Antille ecc. sono maschili: il Belgio, il Perù, lo Zaire, l’Egitto, gli Stati Uniti; il Piemonte, il Lazio; Il

Cairo; il Madagascar. Secondo la desinenza, sono di genere maschile:

– i nomi con la desinenza in -o: il libro, il quadro, lo sviluppo, l’astuccio, ecc. sono femminili: la foto, la mano, la moto, la radio, l’auto.

Il sostantivo eco è femminile al singolare: una forte eco e maschile al plurale: gli echi. - i nomi terminanti in consonante, di origine straniera: il bar, il camion, il deficit, il film, il tram,

lo sport, l’autobus, ecc. sono femminili: la holding, la hall.

Sono di genere femminile: -i nomi con la desinenza in -a: la casa, la pianta, la terra, l’aula, ecc.

sono maschili vari nomi derivanti dal greco, con terminazione in: – ma: il clima, il diploma, il problema, il tema, il teorema, il dramma, il

programma, il telegramma; – ta: il despota, il gesuita, il pilota, il poeta, il profeta, l’atleta, l’eremita; – altri nomi come: il duca, il papa, il sofà, il nulla; – alcuni nomi propri: Andrea, Elìa, Mattia, Nicola.

- i nomi con la desinenza in -i: la crisi, la diagnosi, la tesi, l’analisi, l’eclissi, l’oasi;

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è maschile il brindisi. - i nomi terminanti in -tà e -tù: la civiltà, la verità, l’austerità, l’università; la gioventù, la

servitù, la virtù; sono maschili: il caucciù, il falò, il tabù.

- i nomi con la desinenza in -e possono essere: – maschili: il dente, il dolore, il fiume, il padre, il ponte, l’amore, ecc.; – femminili: la fame, la madre, la mente, la notte, l’emozione, ecc.

2.4. Formazione del femminile

La distinzione dei nomi in maschili o femminili, per ciò che riguarda i nomi di cosa, rappresenta una pura convenzione, e lo abbiamo già detto, ha un valore esclusivamente grammaticale. I nomi di cosa non possono subire trasformazioni nel genere, quindi rimangono sempre o maschili o femminili.

Esiste però una categoria di nomi molto simili tra di loro, ma con sensi diversi a seconda del genere:

banco (di scuola); banco corallino; banca (dei dati) vendere sotto banco = di nascosto colpo colpa colpo di telefono = telefonata rapida essere in colpa colpo di Stato; un colpo di pistola; per colpa di qualcuno far colpo = suscitare ammirazione corso = viale corsa corso di un fiume di corsa = in fretta; corsa a ostacoli; capitano di lungo corso corsa agli armamenti costo = spesa; rischio (fig.) Costa Azzurra costo di produzione; a nessun costo foglio (bianco) = non scritto foglia (morta) = secca tremare come una foglia modo = maniera moda modo indicativo; avverbio di modo; l’alta moda = l’industria dell’abbigliamento per modo di dire = per esempio pianto pianta; il gladiolo è una pianta scoppiare in pianto stivali a larga pianta la pianta di una città porto (militare) porta porto d’armi udienza a porte chiuse condurre in porto un affare chiudere la porta in faccia a qualcuno mettere qualcuno alla porta = mandarlo via posto (di segretario) posta essere a posto = in ordine spedire per posta prenotare un posto tasso tassa (postale) tasso di mortalità; tasso del 60% velo vela velo da sposa barca a vela Vi sono poi alcuni nomi di cosa che, pur conservando la medesima forma, possono essere

maschili o femminili, certo con significato diverso: il capitale (sociale) la capitale (di uno Stato) il finale (di un dramma) la finale = gara conclusiva = proposizione finale il fine = lo scopo la fine (del mondo) proporsi un fine; lieto fine; essere in fin di vita a che fine? dare, porre fine a qualcosa condurre un affare a buon fine alla fine = finalmente; in fine = in conclusione il fronte (freddo, caldo) la fronte (parte della testa)

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fronte popolare; fronte di liberazione; a fronte alta far fronte comune contro gli invasori mettere a fronte due testimoni stare, essere, trovarsi di fronte = dirimpetto il moto = il movimento la moto verbi di moto

2.4.1. Nomi di persona e di animale La maggior parte dei nomi di esseri animati può avere sia il maschile sia il femminile, e passa

dall’uno all’altro cambiando la desinenza o aggiungendo un suffisso.

2.4.1.1. Nomi in -a I nomi che al maschile finiscono in -a formano il femminile aggiungendo al tema il suffisso -

essa: duca – duchessa, papa – papessa, poeta – poetessa.

2.4.1.2. Nomi in -o I nomi che al maschile terminano in -o prendono al femminile la desinenza -a: figlio – figlia, maestro – maestra, scolaro – scolara, zio – zia, amico – amica. Fra i nomi di animali: cavallo – cavalla, gatto – gatta, lupo – lupa. Molti nomi propri, di varia desinenza al maschile, diventano femminili con la desinenza -a: Francesco – Francesca, Giovanni – Giovanna, Giuseppe – Giuseppa.

2.4.1.3. Nomi in -e I nomi che al maschile escono in -e formano il femminile in due modi: alcuni cambiano la

desinenza in -a: cameriere – cameriera, padrone – padrona, signore – signora; marchese – marchesa;

altri, e si tratta di nomi indicanti professione o titolo nobiliare, prendono il suffisso -essa: presidente – presidentessa, studente – studentessa; barone – baronessa, conte – contessa,

principe – principessa. Fra i nomi di animali: elefante – elefantessa, leone – leonessa.

2.4.1.4. Nomi in -tore I nomi che al maschile finiscono in -tore formano il femminile in -trice: benefattore – benefattrice, direttore – direttrice, lettore – lettrice, pittore – pittrice,

scrittore – scrittrice, senatore – senatrice, traditore – traditrice, amministratore – amministratrice, attore – attrice, imperatore – imperatrice, ispettore – ispettrice. Ma dottore fa dottoressa.

Alcuni nomi hanno, accanto alla forma in -trice, quella popolare, regionale, in -tora: stiratore – stiratrice, stiratora.

Altri hanno solo la forma in -tora: pastore – pastora, tintore – tintora, impostore – impostora.

2.4.1.5. Nomi in -sore I nomi che al maschile finiscono in -sore sono adoperati raramente al femminile, ottenuto

aggiungendo -itrice alla radice del verbo da cui derivano: difensore – difenditrice (difendere) o difensora, possessore – posseditrice (possedere), uccisore

– ucciditrice (uccidere). Ma professore fa professoressa.

2.4.1.6. Casi particolari Alcuni nomi usano il suffisso diminutivo per formare il femminile: eroe – eroina, re – regina, zar – zarina; gallo – gallina; l’ accrescitivo per formare il maschile: strega – stregone; capra – caprone. Formano il femminile in modo del tutto particolare i nomi: abate – badessa, dio – dea, doge – dogaressa; cane – cagna. 2.4.1.7. Nomi indipendenti Alcuni nomi hanno radici diverse per il maschile e il femminile: padre – madre, papà (babbo) – mamma, fratello – sorella, marito – moglie, genero – nuora,

padrino – madrina, patrigno – matrigna, compare – comare, uomo – donna, celibe (scapolo) – nubile (zitella), frate – suora, maschio – femmina.

Fra i nomi di animali: montone – pecora, maiale (porco) – scrofa, toro – vacca, bue – mucca, fuco – ape.

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2.4.1.8. Nomi di genere comune Alcuni nomi hanno un’unica forma per il maschile e per il femminile; essi possono essere

distinti solo dall’articolo o dall’aggettivo che li accompagna. Appartengono a questa categoria: – alcuni nomi in -e: il cliente – la cliente, il custode – la custode, il nipote – la nipote, il preside – la

preside. – i nomi che corrispondono a forme sostantivate di participio presente: il/la cantante, un/un’amante, un/un’insegnante. – i nomi in -ista e -cida: il/la finalista, il/la giornalista, il/la pianista, un/un’artista; il/la suicida, un/un’omicida. – alcuni nomi in -a di derivazione greca: il/la collega, il/la pediatra, un/un’atleta, un/un’ipocrita. I nomi dei primi due gruppi sono ambigeneri non solo al singolare, ma anche al plurale: i clienti

– le clienti, i cantanti – le cantanti, ecc. Per quanto riguarda gli altri nomi, essi presentano nel plurale forme diverse sia al maschile che

al femminile: i giornalisti – le giornaliste, i colleghi – le colleghe, ecc. 2.4.1.9. Nomi di genere promiscuo Alcuni nomi di animali hanno un’unica forma, o maschile o femminile, per indicare tanto il

maschio quanto la femmina: – il corvo, il delfino, il falco, il gorilla, il leopardo, il serpente, il topo, lo scorpione, l’usignolo,

ecc. – la balena, la giraffa, la iena, la lepre, la pantera, la tigre, la volpe, la mosca, la rondine,

l’aquila, l’anatra, l’oca, ecc. In questi casi, per distinguere il genere „naturale”, si aggiunge maschio o femmina: possiamo

dire quindi la volpe maschio, la volpe femmina oppure il maschio della volpe, la femmina della volpe. 2.5. Formazione del plurale

Il plurale dei nomi si forma mutando la desinenza del singolare, ed esistono tre classi. 2.5.1. Nomi in -a I nomi che al singolare terminano in -a formano il plurale: – in -i se sono maschili: il problema -i problemi, il panorama -i panorami, il programma -i

programmi, il poeta -i poeti, il profeta -i profeti, il papa -i papi, il sistema -i sistemi, il telegramma -i telegrammi;

– in -e se sono femminili: la pianta – le piante, la strada – le strade, la pecora – le pecore, ecc. Fra i nomi femminili, ala e arma prendono al plurale la -i: le ali, le armi. I nomi in -ista, -cida e alcuni con terminazione in -a, di genere comune, cambiano la desinenza: – in -i se sono maschili: il giornalista -i giornalisti, il pianista -i pianisti, l’artista – gli artisti; il

suicida -i suicidi, l’omicida – gli omicidi; – in -e se sono femminili: la giornalista – le giornaliste, la violinista – le violiniste, l’artista – le

artiste; la parricida – le parricide. I nomi in -ca, -ga escono al plurale: – in -chi, -ghi se sono maschili: il duca -i duchi, il monarca -i monarchi, il patriarca -i

patriarchi; il collega -i colleghi, lo stratega – gli strateghi; – in -che, -ghe se sono femminili: la banca – le banche, la barca – le barche, la basilica – le

basiliche, l’amica – le amiche; la bottega – le botteghe, la delega – le deleghe. Il/la Belga fa al plurale maschile Belgi, al plurale femminile Belghe. I nomi femminili in -cìa, -gìa (con la -i tonica) formano il plurale in -cìe, -gìe: la farmacia – le farmacie, la scia – le scie; la bugia – le bugie, la magia – le magie, la nevralgia

– le nevralgie, l’allergia – le allergie. I nomi femminili in -cia, -gia (con la -i atona) conservano la -i, se le consonanti c o g sono

precedute da vocale (I), perdono invece la vocale, se sono precedute da consonante (II); quindi il plurale sarà:

– (I) -cie, -gie: la camicia – le camicie, la ferocia – le ferocie, la fiducia – le fiducie, la socia – le socie, l’audacia – le audacie; la ciliegia – le ciliegie, la valigia – le valigie.

– (II) -ce, -ge: la caccia – le cacce, la pronuncia – le pronunce, la provincia – le province, la roccia – le rocce; la frangia – le frange, la pioggia – le piogge, la spiaggia – le spiagge.

2.5.2. Nomi in -o

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I nomi che al singolare finiscono in -o prendono al plurale la desinenza -i: il bambino -i bambini, il cappello -i cappelli, lo scolaro – gli scolari, l’impiegato – gli impiegati;

il lupo -i lupi, ecc. Uomo forma il plurale in -i, ma con un mutamento nel tema: uomini. Dei pochi nomi femminili in -o, alcuni sono invariabili: foto, moto, auto, mentre mano fa mani. L’eco al singolare è femminile, al plurale è maschile: gli echi. I nomi in -co, -go non hanno un comportamento costante nella formazione del plurale. In genere,

se sono piani, escono in –chi, -ghi; se sono sdruccioli, escono in –ci, -gi: – (piani): il cuoco -i cuochi, il bruco -i bruchi, il fuoco -i fuochi, il fico -i fichi, l’arco – gli archi;

il fungo -i funghi, il drago -i draghi, il lago -i laghi, l’albergo – gli alberghi (indicano per lo più cose). – (sdruccioli): il comico -i comici, il medico -i medici, il monaco -i monaci, il sindaco -i sindaci;

il teologo -i teologi, lo psicologo – gli psicologi (indicano per lo più persone). Fra i nomi piani, ci sono alcuni che si comportano diversamente: il greco -i greci, il nemico -i nemici, il porco -i porci, l’amico – gli amici. Fra gli sdruccioli, lo stesso: il carico -i carichi, il rammarico -i rammarichi, il solletico -i solletichi, lo scarico – gli scarichi,

l’incarico – gli incarichi; il dialogo -i dialoghi, il catalogo -i cataloghi, il monologo -i monologhi, il prologo -i prologhi, il profugo -i profughi, l’obbligo – gli obblighi, l’epilogo – gli epiloghi.

Alcuni nomi presentano entrambe le forme: chirurgo – chirurghi, chirurgi; mago – maghi, magi: re magi; stomaco – stomachi, stomaci;

sarcofago – sarcofaghi, sarcofagi. I nomi in –ìo (con la -i tonica) formano il plurale in –ìi: il mormorio -i mormorii, il pendio -i

pendii, il ronzio -i ronzii, lo zio – gli zii, l’addio – gli addii, l’oblio – gli oblii. Il dio fa al plurale gli dei.

I nomi in io (con la -i atona) perdono al plurale la -i del tema; escono quindi in una sola -i: il bacio -i baci, il figlio -i figli , il foglio -i fogli, il giglio -i gigli , il raggio -i raggi, il viaggio -i viaggi, lo studio – gli studi, l’occhio – gli occhi, l’ozio – gli ozi, l’orologio – gli orologi, l’esercizio – gli esercizi.

Tempio ha il plurale templi, rispetto a tempo che fa al plurale tempi. Alcuni nomi in -o, che al singolare sono di genere maschile, diventano al plurale di genere

femminile con la desinenza in -a: il riso (= il ridere) – le risa, il paio – le paia, il centinaio – le centinaia, il migliaio – le migliaia, il miglio – le miglia, l’uovo – le uova.

2.5.3. Nomi in -e I nomi che al singolare terminano in -e, maschili o femminili, al plurale cambiano la desinenza in

-i: il giudice -i giudici, il padre -i padri, il cane -i cani, il leone -i leoni, lo stupore – gli stupori. la canzone – le canzoni, la legge – le leggi, la madre – le madri, l’azione – le azioni. Bue fa al plurale buoi; mille ha una forma speciale di plurale derivata dal latino: -mila. I nomi femminili in -ie sono invariabili; alcuni però non hanno la stessa forma: la moglie – le mogli, la superficie – le superfici, l’effigie – le effigi. 2.5.4. Nomi invariabili I nomi che conservano al plurale la stessa forma del singolare sono chiamati invariabili. Per

distinguere il numero dobbiamo osservare l’articolo, l’aggettivo, in generale il contesto. Appartengono a questa categoria:

– alcuni nomi maschili in -a: il/i boa, il/i boia, il/i gorilla. – alcuni nomi femminili in -o (nomi accorciati): la/le radio, la/le foto, la/le moto, la/le bici, la/le

metro (= la metropolitana), la/le dinamo, l’/le auto. Rientrano in questa categoria anche pochi nomi maschili: il/i frigo, lo/gli zoo.

– i nomi femminili in -ie: la/le carie, la/le serie, la/le barbarie, la/le specie. Effigie, moglie e superficie escono al plurale in -i: effigi, mogli, superfici. – i nomi in -i: il/i brìndisi, il/i bìsturi, l’/gli alibi ; la/le crisi, la/le tesi, la/le diagnosi, la/le

metropoli, l’/le analisi, l’/le ipotesi, l’/le oasi. – i monosillabi: il/i re, il/i tè; la/le gru. – i nomi uscenti in vocale tonica: il/i caffè, il/i lunedì, il/i falò; la/le città, la/le virtù, l’/le entità. – i nomi terminanti in consonante, di origine straniera: il/i film, il/i bar, il/i gas, il/i tram, il/i goal,

il/i camion, il/i deficit, lo/gli sport, l’/gli autobus, l’/gli album. 2.6. Nomi difettivi

Ci sono molti nomi che si usano soltanto al singolare o soltanto al plurale; essi sono chiamati nomi difettivi.

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Si usano al singolare: – i nomi astratti: il coraggio, l’amore, l’eroismo; la pazienza, la pietà, la bontà, la fame, la sete,

la sapienza, la superbia, l’umiltà, ecc. – i nomi di metalli e di elementi chimici: il piombo, il cromo, lo zinco, l’alluminio, l’ossigeno,

l’uranio, ecc. – i nomi di cereali: il grano, il granturco, il riso, l’orzo; la segale, l’avena, ecc. – i nomi di prodotti alimentari: il latte, il miele, il sale, il pepe, il burro, lo zucchero, l’olio, ecc. – i nomi delle varie discipline: la chimica, la fisica, la linguistica, l’aritmetica. – alcuni nomi collettivi: il fogliame, il bestiame; la prole, la plebe. – alcuni nomi di malattia: il tifo, il diabete; la malaria, la peste, la bronchite, la polmonite. – alcuni nomi che indicano feste: il Natale, il Capodanno; la Pasqua, la Pentecoste, l’Epifanìa,

l’Ascensione. – i nomi che indicano cose uniche in natura: il Sole, l’universo, l’equatore; la Luna. Si usano al plurale: – alcuni nomi indicanti oggetti in cui si possono distinguere due parti: i calzoni (= i pantaloni),

gli occhiali; le forbici, le manette, le mutande, le tenaglie (= le cesoie), le redini. – alcuni nomi che indicano una pluralità: i viveri, i maccheroni, gli spinaci, gli spaghetti, gli

spiccioli; le stoviglie, le spezie, le vicinanze (= i dintorni), le dimissioni. – i nomi dotti che in latino mancavano del singolare: i posteri, i fasti, gli annali; le calende, le

ferie, le nozze, le tenebre, le esequie (= i funerali). – alcuni nomi propri geografici: i Pirenei, gli Appennini, le Ande; i Caraibi, le Baleari, ecc. Alcuni nomi presentano un diverso significato a seconda che siano singolari o plurali: la gente (persone, uomini) – le genti (popolazioni); il resto (ciò che rimane) -i resti (= le macerie). 27. Nomi con doppia forma di singolare

Appartengono a questo gruppo alcuni nomi maschili con due terminazioni, in -iero, -iere: nocchiero, nocchiere – nocchieri; sparviero, sparviere – sparvieri. 2.8. Nomi con doppia forma di plurale

Parecchi nomi maschili terminanti in -o, oltre al plurale in -i, ne hanno un altro, con la desinenza in -a, di genere femminile: essi sono chiamati nomi sovrabbondanti.

Il plurale maschile indica per lo più il senso figurato, mentre quello femminile il senso proprio; tuttavia nell’italiano di oggi tale differenza non è osservabile in tutti i casi. l’anello gli anelli (di metallo) le anella (dei capelli) anello di matrimonio gli anelli della tenda anello di Saturno il braccio i bracci (del fiume) le braccia (del corpo) il braccio della gru i bracci della croce a braccia aperte (fig.) il cervello i cervelli = gli ingegni le cervella (materia cerebrale) uscire di cervello= impazzire bruciarsi le cervella = uccidersi sparandosi alla testa il dito i diti (considerati singo– le dita (in senso collettivo) mettere il dito sulla piaga larmente) leccarsi le dita un dito di vino il filo i fili (del telegrafo) le fila (di un tessuto) filo d’erba tirare qualcuno per i fili le fila di una congiura filo di Arianna il fondamento i fondamenti = le basi le fondamenta (di un edificio) i fondamenti di un sistema gettare le fondamenta il gesto i gesti = i movimenti le gesta (imprese gloriose) gesto di rabbia gesti teatrali le gesta dei Romani il labbro i labbri = i margini (di una le labbra (della bocca) ferita) avere una parola sulla punta delle labbra i labbri sono ancora aperti

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il membro i membri (di un partito) le membra (del corpo) i membri del parlamento membra superiori, inferiori il muro i muri (di una casa) le mura (di una città) mettere qualcuno al muro chiudersi fra quattro mura parlare al muro il vestigio i vestigi le vestigia vestigia umane le vestigia di un’antica civiltà

2.9. Nomi con doppia forma al singolare e al plurale

Pochi sono i nomi che rientrano in questo gruppo: il frutto -i frutti; la frutta – le frutta (le frutte): significati diversi: la frutta – le frutta, le frutte (l’insieme dei frutti commestibili); (l’insieme dei frutti serviti alla

conclusione di un pasto); il frutto i frutti (in senso proprio e figurato) il nocciolo del frutto frutti di mare (crostacei, molluschi) il frutto dell’educazione i frutti della caccia, della pesca senza frutto = senza risultato azienda che non dà frutti 2.10. Plurale dei nomi composti

Il procedimento della composizione consiste nell’unire due o più parole diverse per creare parole nuove; i nomi ottenuti in questo modo si chiamano nomi composti. Il comportamento dei nomi composti per quanto riguarda il passaggio dal singolare al plurale cambia secondo il tipo di parole da cui sono costituiti.

2.10.1. Sostantivo + sostantivo I nomi formati da due sostantivi mutano nel plurale soltanto la desinenza del secondo termine: il cavolfiore -i cavolfiori, il manoscritto -i manoscritti, l’arcobaleno – gli arcobaleni, ma il

pescespada -i pescispada. la banconota – le banconote, la ferrovia – le ferrovie, l’autostrada – le autostrade. I nomi composti con la parola capo non si comportano allo stesso modo: – in alcuni di essi si mette al plurale il secondo elemento: il capogiro -i capogiri, il capolavoro -i capolavori, il capoluogo -i capoluoghi. – in numerosi casi si mette al plurale il primo elemento, soprattutto quando capo significa

„persona che sta a capo di qualcosa”: il capostazione -i capistazione, il caposcuola -i capiscuola, il caposquadra -i capisquadra, il

capofamiglia -i capifamiglia. – in pochi casi entrambi gli elementi si mettono al plurale: il caporedattore -i capiredattori, il caposaldo -i capisaldi. – pochi di essi hanno due forme di plurale: il capocomico -i capocomici, i capicomici; il capocuoco -i capocuochi, i capicuochi; il

capotreno -i capitreno, i capotreni. – quando il composto è femminile, rimane invariato al plurale: la capoclasse – le capoclasse, la capobanda – le capobanda, la capostazione – le capostazione,

ma la caporedattrice – le caporedattrici, la capocuoca – le capocuoche. 2.10.2. Sostantivo + aggettivo I nomi formati da un sostantivo seguito da un aggettivo trasformano al plurale entrambe le

parole componenti: il pellerossa -i pellirosse; il camposanto -i campisanti, i camposanti, ma il palcoscenico -i

palcoscenici; la cassaforte – le casseforti. 2.10.3. Aggettivo + sostantivo I nomi formati da un aggettivo seguito da un sostantivo trasformano al plurale solo il secondo

elemento: il bassorilievo -i bassorilievi, il francobollo -i francobolli, il galantuomo -i galantuomini, il

mezzogiorno -i mezzogiorni, l’altoparlante – gli altoparlanti, ma l’altoforno – gli altiforni, il bassofondo -i bassifondi, ma il purosangue -i purosangue (invariato); la mezzanotte – le mezzenotti, la mezzaluna – le mezzelune.

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2.10.4. Verbo + sostantivo I nomi formati da un verbo e un sostantivo si comportano in maniera diversa a seconda che il

sostantivo sia singolare o plurale: – se il sostantivo è plurale, il nome composto resta invariato: il cavatappi -i cavatappi, il lustrascarpe -i lustrascarpe, il portafogli -i portafogli, lo

stuzzicadenti – gli stuzzicadenti; la lavastoviglie – le lavastoviglie. – se il sostantivo è singolare, il nome composto può assumere la desinenza del plurale o può

rimanere invariato. Riceve la desinenza del plurale, se il sostantivo componente è di genere maschile: il girasole -i girasoli, il grattacielo -i grattacieli, il marciapiede -i marciapiedi, il parafulmine -i

parafulmini, il passaporto -i passaporti, lo spazzacamino – gli spazzacamini. – rimane invece invariato, se il sostantivo componente è di genere femminile: il bucaneve -i bucaneve, il portacenere -i portacenere, il posacenere -i posacenere, il portavoce

-i portavoce, il salvagente -i salvagente, l’aspirapolvere – gli aspirapolvere, ma l’asciugamano – gli asciugamani.

2.10.5. Verbo + verbo, verbo + avverbio I nomi costituiti da due forme verbali o da una forma verbale e un avverbio restano invariati al

plurale: il dormiveglia -i dormiveglia, il fuggifuggi -i fuggifuggi, il saliscendi -i saliscendi, il viavai -i

viavai, l’andirivieni – gli andirivieni. 2.10.6. Preposizione (o avverbio) + sostantivo I nomi formati da una preposizione (o un avverbio) e un sostantivo non sono in realtà nomi

composti, ma prefissati. Essi non seguono una regola precisa: – alcuni rimangono invariati: il dopoguerra -i dopoguerra, il senzatetto -i senzatetto. – altri mutano la desinenza del secondo elemento: il dopopranzo -i dopopranzi, il sottopassaggio -i sottopassaggi, il sottaceto -i sottaceti,

l’antipasto – gli antipasti. la soprattassa – le soprattasse, la sottoveste – le sottovesti, la telecronaca – le telecronache, la

fotomodella – le fotomodelle.

3. L’AGGETTIVO L’ aggettivo può modificare il significato del sostantivo a cui si riferisce, aggiungendo a questo

una qualità o una determinazione. Rispetto al sostantivo, l’aggettivo si trova in una condizione di dipendenza grammaticale. Nelle

frasi: I miei nonni possiedono una villa spaziosa. Carla indossa un abito nuovo. gli aggettivi spaziosa e nuovo dipendono rispettivamente da villa e da abito, ed è la sola scelta

possibile. Non possiamo dire nè una villa *spazioso, spaziosi, spaziose e nemmeno un abito *nuova, nuovi, nuove. 3.1. Le categorie dell’aggettivo

Gli aggettivi vengono distinti in qualificativi e determinativi (o indicativi). Gli aggettivi qualificativi si uniscono ai sostantivi per esprimere particolari qualità: grande,

piccola, caldi, fredde, bianco, neri, ecc. Gli aggettivi determinativi aggiungono al sostantivo una determinazione, che serve a

individuarlo meglio, precisandone: – il possesso: mio, sua, nostre, vostri, ecc.; – la posizione: questo, quella; – la quantità: molti, poche, nessuno, ecc.; – il numero: uno, due, terzo, sesto, ecc.

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3.2. Aggettivi qualificativi

Gli aggettivi qualificativi sono numerosissimi; si tratta di una classe aperta di elementi, che può essere sempre aumentata.

3.2.1. Genere e numero dell’aggettivo qualificativo Per quanto riguarda il genere e il numero, l’aggettivo qualificativo si comporta come il

sostantivo. masch. femm. sing. pl. sing. pl. -o -i -a -e forme distinte per i due generi e per i due numeri: cattivo, cattiva, cattivi, cattive; simpatico, simpatica, simpatici, simpatiche; bianco, bianca, bianchi, bianche; lungo, lunga, lunghi, lunghe; -i participi passati dei verbi (1): letto, letta, letti, lette; uscito, uscita, usciti, uscite. -a -i -a -e forma unica per il genere; forme distinte per il numero: entusiasta, entusiasti, entusiaste; belga, belgi, belghe; realista, realisti, realiste; suicida, suicidi, suicide; -e -i -a -i forme distinte per il genere; forma unica per il numero: bonaccione, bonacciona, bonaccioni. -e -i -e -i forma unica per il genere; forma unica per il numero: elegante, eleganti; verde, verdi. -i participi presenti dei verbi (2): rappresentante, rappresentanti; uscente, uscenti. (1) Sono numerosissimi i participi passati con valore aggettivale, che posono diventare

sostantivi. Il passaggio dalla funzione verbale a quella aggettivale è tipica del participio passato, poichè ha quattro desinenze, quindi si comporta come un aggettivo qualificativo della I classe: tessuto (participio passato di tessere) può diventare:

– aggettivo: panno tessuto; – sostantivo: l’importazione dei tessuti. I sostantivi provenienti dai participi passati sono innumerevoli: il condannato, il ferito, un fatto,

il fidanzato, il passato, il ritratto, un ammalato, l’invitato, l’infinito ; la promessa, una scoperta, la spesa, l’offerta, ecc.

(2) Il participio presente può esprimere anche una qualità: stella errante; le avventure dei cavalieri erranti; le tribù erranti del deserto.

Dal participio all’aggettivo, poi al sostantivo, il passaggio è molto rapido: brillante (participio presente di brillare): La luna brillante sul mare (valore di participio „che brilla”) Un discorso brillante (valore di aggettivo) Il brillante dell’anello (valore di sostantivo, con senso specifico: pietra preziosa,

diamante). Gli aggettivi qualificativi nati dalla forma del participio presente sono assai numerosi e tra questi

molti sono diventati sostantivi: il cantante, il comandante, il combattente, il commerciante, il presidente, l’agente, ecc.

Gli aggettivi composti indicano una doppia qualità: chiaroveggente, sacrosanto, verosimile, aerodinamico, socialdemocratico, sordomuto, grigioverde, ecc.; possono anche risultare da due aggettivi uniti con un trattino: socio-economico (o socioeconomico), italo-inglese, russo-americano, tecnico-scientifico, ecc.

Entrano nella categoria degli aggettivi invariabili: – le locuzioni avverbiali: dappoco, dabbene (= perbene): uomo dabbene; pari, impari (=

dispari): numero pari; – alcuni nomi indicanti colore: blu, rosa, viola; – coppie di aggettivi indicanti gradazione di colore: verde cupo (= verde scuro), azzurro pallido,

rosso chiaro; – coppie formate da un aggettivo e un sostantivo: rosso fuoco, verde bottiglia; – alcuni aggettivi di recente formazione composti da anti– e un sostantivo: sistemi antifurto,

maschera antigas, rifugio antiatomico, trattato antinucleare.

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3.2.2. Le forme dell’aggettivo bello – maschile singolare: bel libro maschile plurale: bei libri bello spettacolo begli spettacoli bell’albero begli alberi – femminile singolare: bella ragazza femminile plurale: belle ragazze bell’amica belle amiche – il plurale belli si usa posposto: uomini belli; si usa sostantivato: i belli e i brutti. 3.2.3. Posizione dell’aggettivo qualificativo In italiano l’aggettivo qualificativo può essere collocato prima o dopo il sostantivo. In formule ormai

fisse, l’aggettivo precede il sostantivo: il Pubblico Ministero, la buona o la cattiva fede, i buoni uffici. Ben più frequenti sono i casi in cui il qualificativo segue il sostantivo: il popolo italiano, il continente europeo, la marina militare, l’anno venturo, l’avvocato penale, l’intervento bellico, il conto corrente, ecc.

Talvolta la differente posizione dell’aggettivo rispetto al sostantivo comporta una diversità di significato: uno studente povero (che non ha sufficienti risorse economiche) / quel povero ragazzo non guarirà più (desta pietà per la sua malattia); un funzionario alto (= di statura elevata) / un alto funzionario (= d’importante livello).

3.2.4. Nominalizzazione dell’aggettivo qualificativo

Quasi tutti gli aggettivi, in unione con l’articolo o con un altro determinante, un numerale o un aggettivo indefinito, possono essere sostantivati:

i ricchi e i poveri; i Romani vinsero i Cartaginesi; quattro giovani; molti stranieri. Talvolta l’originario valore di aggettivo non è più sentito dai parlanti: i mobili, il buio, la stradale (= polizia stradale), la circolare (= linea di autobus con percorso ad

anello). Un aggettivo usato con valore neutro può sostituire un sostantivo astratto: il bello la bellezza; il vero la verità; il giusto la giustizia: Gli scrittori cercano di rappresentare il vero. 3.2.5. Accordo dell’aggettivo qualificativo

L’aggettivo qualificativo concorda nel genere e nel numero con il sostantivo cui si riferisce: uno scolaro studioso; Carla è studiosa; Ugo e Paolo sono studiosi; Rita e Franca sono studiose. Quando si riferisce a più nomi dello stesso genere, tutti al singolare, tutti al plurale o alcuni

singolari e altri plurali, l’aggettivo prende il genere dei nomi e si mette al plurale: La carta e la penna sono pronte. eppure si dice: lingua e letteratura italiana. Quando si riferisce a più nomi di genere e di numero diversi, l’aggettivo viene posto per lo più al

maschile plurale: I miei fratelli e le mie sorelle sono tutti lontani. Ha un album e una rivista interessanti. Debbo prendere delle pillole e uno sciroppo amarissimi. E’ possibile anche: Debbo prendere uno sciroppo e delle pillole amarissime. In quest’ultimo esempio l’accordo al femminile è dovuto alla vicinanza del sostantivo di genere

femminile. 3.2.6. Gradi dell’aggettivo qualificativo

Con l’aggettivo qualificativo possiamo esprimere non soltanto la qualità, ma anche la misura (il grado) in cui tale qualità è posseduta:

bello, più bello, bellissimo. Bello è di grado positivo, perchè esprime solo una qualità, senza indicarne la misura; più bello è

di grado comparativo, perchè esprime una qualità stabilendo un confronto; bellissimo è di grado superlativo, perchè esprime una qualità in misura molto alta.

Il grado d’intensità di un aggettivo può variare in due modi:

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– relativamente ad altri oggetti della stessa specie, istituendo un paragone con un altro oggetto (grado comparativo):

La tua casa è più grande della mia. o con un gruppo di oggetti (grado superlativo): Questo appartamento è il più grande del palazzo. – in assoluto, senza introdurre confronti con altri oggetti (grado superlativo assoluto), mediante: – l’aggiunta di un suffisso: una casa grandissima; di un prefisso: una casa stragrande; – per mezzo di avverbi: una casa molto grande; – ripetendo o rafforzando l’aggettivo: una casa grande grande, una valigia piena zeppa. 3.2.6.1. Grado comparativo Il grado comparativo stabilisce un confronto tra due termini rispetto a una stessa qualità: Luca è più intelligente di Ugo. Luca è meno intelligente di Andrea. Luca è intelligente quanto (= come) Franco. oppure tra due qualità rispetto a uno stesso termine: Luca è più intelligente che studioso. Mario è meno intelligente che studioso. Gianni è tanto intelligente quanto studioso. Il comparativo si articola quindi in tre proporzioni: – maggioranza, – minoranza, – eguaglianza, ciascuna delle quali si esprime in un determinato modo. – Il comparativo di maggioranza si ottiene facendo precedere l’aggettivo da più, mentre davanti

al secondo termine di paragone possiamo mettere che o di. Che si mette davanti a un nome o a un pronome retto da preposizione oppure quando si paragonano tra loro due verbi: E’ più facile a dirsi che a farsi.

– due aggettivi: Carla pareva più rassegnata che persuasa. La preposizione di si mette davanti a un nome o a un pronome non retti da preposizione o

davanti a un avverbio: Gianna è più giovane di Rita. Monica correva più veloce di me. – Il comparativo di minoranza presenta la stessa costruzione con la sostituzione di più con meno: Elena è meno intelligente di Bianca. Maria è meno intelligente che studiosa. – Il comparativo di eguaglianza si ottiene introducendo il secondo termine con l’avverbio

quanto (= come), mentre il primo termine può essere usato da solo: Sono intelligente quanto (= come) Franco. L’aggettivo può essere preceduto anche da tanto (= così): Sono tanto (= così) intelligente quanto (= come) Franco. 3.2.6.2. Grado superlativo Il superlativo può essere di due tipi: relativo e assoluto. – Il superlativo relativo esprime il grado massimo o minimo di una qualità. Si differenzia

formalmente dal comparativo per la presenza dell’articolo determinativo davanti all’aggettivo: E’ il più bel romanzo che io abbia mai letto. o al sostantivo: E’ l’ attore meno adatto per questo ruolo. – Il superlativo assoluto in -issimo indica la qualità al massimo grado: Giulio è un amico carissimo. Non hanno gradazione alcuni aggettivi che contengono già in sè l’idea del superlativo:

colossale, divino, eccezionale, enorme, eterno, gigantesco, immenso, infinito, immortale, meraviglioso, onnipotente, perfetto, straordinario, ecc.

Altri aggettivi invece hanno un significato assolutamente preciso, specifico, preciò rifiutano ogni gradazione: cubico, sferico; fisico, chimico, industriale, siderurgico; annuale, periodico; bronzeo, ferreo; calabrese, asiatico; fluviale, lacustre, montano; filiale, fraterno, orfano; doppio, duplice, triplice; annuale, mensile, notturno, quotidiano, ecc.

L’ intensificazione del significato dell’aggettivo di grado positivo può essere ottenuta anche ricorrendo ad altri procedimenti:

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– facendo precedere l’aggettivo dagli avverbi di quantità: molto, assai, tanto, troppo, incredibilmente, estremamente, terribilmente, oltremodo:

Tuo figlio è assai intelligente. – mediante l’uso di avverbi intensificativi: davvero, sul serio, veramente, proprio: Sono davvero arrabbiato. – mediante la ripetizione dell’aggettivo: un abbraccio forte forte; una casa piccina, piccina; – mediante i prefissi: arci-, stra-, extra-, iper-, sopra– (sovra-), super-, ultra-: arcicontento,

straricco, extrafino, ipersensibile, sopraffino, sovraccarico, supersonico, ultramoderno, ecc.: E’ una strada superaffollata. In alcune espressioni un aggettivo o una locuzione comparativa possono intensificare il significato

dell’aggettivo di grado positivo: ubriaco fradicio, innamorato cotto, ricco sfondato, pieno zeppo, bagnato fradicio, stanco morto, brutto forte, buio pesto, pazzo da legare, buono come il pane, testardo come un mulo, ecc.:

Ho incontrato un mendicante bagnato fradicio. 3.2.6.3. Comparativi e superlativi organici Seguono il modello latino anche i cosiddetti comparativi e superlativi organici, costituiti da

un’unica forma del tutto autonoma rispetto al corrispondente aggettivo di grado positivo: positivo comparativo di maggioranza superlativo relativo assoluto buono migliore il migliore ottimo cattivo peggiore; nel peggiore dei casi il peggiore pessimo; essere in pessimi rapporti con qc. grande maggiore; Stato maggiore il maggiore massimo; il massimo poeta, Dante piccolo minore; opere minori il minore minimo molto più – il più I primi quattro hanno anche le forme non organiche: più buono, il più buono, buonissimo; più

cattivo, il più cattivo, cattivissimo; più grande, il più grande, grandissimo; più piccolo, il più piccolo, piccolissimo.

3.2.7. Aggettivi qualificativi alterati

Sulla scia dei sostantivi, molti aggettivi qualificativi possono frequentemente acquistare, mediante particolari suffissi, forme alterate con diverso valore:

– accrescitivo: -accio: cattivaccio, malignaccio; -one: credulone, cattivone, grassone, semplicione, stupidone.

– diminutivo: -etto: grandetto, piccoletto, poveretto, rotondetto; -icello: grandicello; -ino: bellino, bruttino, carino, piccolino, poverino.

– vezzeggiativo: -otto: bassotto, sempliciotto; -uccio: magruccio, palliduccio.

– peggiorativo: -astro: biancastro, giallastro, nerastro; -iccio: rossiccio, umidiccio; -ognolo: amarognolo, giallognolo, azzurrognolo. 3.3. Aggettivi determinativi (indicativi)

Gli aggettivi determinativi (o indicativi) hanno la funzione di specificare il sostantivo esprimendo una determinazione: – possessiva: la mia casa;

– dimostrativa: quella casa; – indefinita: alcune case; – interrogativa: quale casa? – numerale: due case. Al contrario degli aggettivi qualificativi, essi costituiscono una classe chiusa di elementi, non

suscettibili d’incremento attraverso i meccanismi della formazione delle parole. Un’altra particolarità che li differenzia è che in genere questi aggettivi possono avere anche valore di pronome.

3.3.1. Aggettivi possessivi

Questi aggettivi hanno una duplice funzione: da un lato specificano l’oggetto posseduto, dall’altro precisano la persona del possessore:

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persona singolare plurale maschile femminile maschile femminile I mio mia miei mie II sg. tuo tua tuoi tue III suo sua suoi sue I nostro nostra nostri nostre II pl. vostro vostra vostri vostre III loro loro I possessivi hanno quattro forme distinte; soltanto la III persona plurale loro è invariabile; mio,

tuo, suo, hanno al plurale maschile le forme miei, tuoi, suoi; tutte le altre forme sono regolari. L’aggettivo possessivo concorda in genere e in numero con il sostantivo cui si riferisce: il vostro appartamento; la nostra automobile; i miei libri; le tue braccia. In un solo caso però si deve tener conto anche del possessore: nella III persona plurale: bisogna

dunque usare suoi per il maschile, sue per il femminile, quando il possessore è uno solo: Franco mi ha mostrato i suoi terreni e le sue case. e loro quando i possessori sono due o più: I nonni mi hanno mostrato i loro terreni e le loro case. L’italiano dispone anche di altri aggettivi possessivi: proprio e altrui. Proprio può sostituire il possessivo di III persona singolare e plurale, solo quando si riferisce al

soggetto della frase: Carlo e Luigi hanno fatto i propri doveri. Serve a rafforzare l’aggettivo possessivo: Monica si è imposta con le sue proprie forze. Altrui indica un possessore indefinito; è invariabile e di solito viene posto dopo il nome;

corrisponde a „di un altro”, „di altri”: Bisogna rispettare le opinioni altrui. 3.3.1.1. Uso dell’aggettivo possessivo L’aggettivo possessivo precede di solito il sostantivo cui si riferisce. Viene posposto: – nelle frasi vocative ed esclamative: Figlia mia!; – quando si vuole conferire un rilievo particolare: il fratello suo; – quando si vuole accentuare l’idea di possesso: questa è casa mia; In alcuni casi l’articolo determinativo si omette: – davanti ai nomi indicanti una relazione di parentela: mia sorella, tuo nipote, sua madre, nostro

fratello, vostra zia. In altri casi l’articolo si conserva: – quando il nome di parentela è al plurale: i nostri fratelli, le vostre zie; – quando il nome è qualificato da un aggettivo: la mia nipote preferita; – con loro e proprio: il loro padre, la propria madre; – con i nomi alterati: la tua zietta; – con i nomi affettivi: papà, babbo, mamma, mammina, figliolo, figliola: la mia mamma, il tuo

papà, la sua figliola. 3.3.2. Aggettivi dimostrativi Questi aggettivi determinano una persona o una cosa, in stretto legame al rapporto di vicinanza

o di lontananza nello spazio, nel tempo o nel discorso. La sua particolare funzione è quella di „mostrare”, ed è chiamata funzione deittica.

La funzione dell’aggettivo dimostrativo è molto simile a quella dell’articolo determinativo; per questo motivo i membri delle due classi occupano la medesima posizione nel sintagma nominale (precedono il sostantivo) e sono in distribuzione complementare, la presenza dell’uno esclude la presenza dell’altro. Quindi si può dire: il gatto oppure questo (o quel) gatto.

Le forme sono questo, codesto, quello, e ciascuna di esse ha un uso ben definito: Questo indica persona o cosa vicina a chi parla: Questa ragazzina cresce in fretta. (vicinanza nello spazio); Questo pomeriggio Maria va a teatro. (vicinanza nel tempo); Queste minacce non mi spaventano. (vicinanza nel discorso). – al singolare si elide davanti a vocale: quest’anno, quest’isola; – al plurale non si elide mai: questi anni, queste isole;

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– la forma femminile questa diventa sta in alcuni composti: stamattina (= stamane, stamani), stasera, stanotte, stavolta.

Quello indica persona o cosa lontana sia da chi parla sia da chi ascolta: Conosci quel signore? (lontananza nello spazio); Quell’anno il raccolto fu abbondantissimo. (lontananza nel tempo); Cercherò di seguire quei consigli. (lontananza nel discorso). – al maschile singolare e plurale si comporta come l’articolo determinativo, quindi presenta

forme diverse a seconda di come inizia il sostantivo cui è legato: quel banco quei banchi; quello scolaro quegli scolari. – al singolare si elide davanti a vocale: quell’orologio, quell’enciclopedia; – al femminile plurale non si elide mai: quelle enciclopedie. Gli aggettivi dimostrativi possono essere rafforzati dagli avverbi di luogo qui (o qua), lì (o là)

che si pospongono al sostantivo cui l’aggettivo si riferisce: Voglio questo giornale qui. Chi è quel tipo là? Si considerano dimostrativi anche gli aggettivi stesso e medesimo, che indicano identità tra due

elementi: Ho comprato lo stesso tipo di gelato. Loro hanno le medesime idee. Essi possono avere valore rafforzativo e si pospongono in genere al sostantivo cui si riferiscono: Il direttore stesso (= medesimo, in persona) si congratulò con loro. Un altro aggettivo con funzione dimostrativa è tale: Dopo tali parole, nessuno potè rispondere. – può essere anche aggettivo indefinito. 3.3.3. Aggettivi indefiniti

Gli aggettivi indefiniti danno un’indicazione generica e approssimata. singolare plurale maschile femminile maschile femminile ogni ogni – – qualche qualche – – qualunque qualunque – – qualsiasi qualsiasi – – qualsivoglia qualsivoglia – – ciascuno ciascuna – – nessuno nessuna – – alcuno alcuna alcuni alcune – – taluni talune certuno certuna certuni certune certo certa certi certe tale tale tali tali poco poca pochi poche alquanto alquanta alquanti alquante parecchio parecchia parecchi parecchie molto molta molti molte numeroso numerosa numerosi numerose tanto tanta tanti tante troppo troppa troppi troppe altrettanto altrettanta altrettanti altrettante tutto tutta tutti tutte altro altra altri altre diverso diversa diversi diverse vario varia vari varie Ogni è invariabile; indica una totalità di persone o cose considerate singolarmente: Ogni uomo è mortale. Ogni proposta verrà esaminata con particolare attenzione. Ciascuno ha anche forma di femminile; equivale a ogni, ma è meno usato: Ciascuno scolaro ricevette dei libri. – al maschile subisce il troncamento davanti a consonante o a vocale: ciascun cittadino, ciascun

uomo;

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– al femminile si elide davanti a vocale: ciascun’amica. Qualunque è invariabile: Telefonami a qualunque ora. – può inoltre collegare due proposizioni, e in tal caso si costruisce con il congiuntivo: Ci rivedremo a qualunque ora tu voglia. Nessuno è variabile nel genere, manca però del plurale, e ha sempre valore negativo; si comporta

come ciascuno per quanto riguarda l’elisione e il troncamento: Nessun pericolo lo spaventa. Nessuno studente lavora la domenica. Nessun uomo è perfetto. Nessuna (nessun’) impresa è priva di ostacoli. – in frasi che hanno già un’altra negazione, è sempre posposto al verbo: Non c’è nessun’attività che m’interessi. Qualche è invariabile, richiede un sostantivo singolare e indica una pluralità indeterminata: Per le strade c’era solo qualche persona. Alcuno si adopera al singolare nelle frasi negative, come equivalente di nessuno; subisce

l’elisione o il troncamento negli stessi casi di ciascuno e nessuno: Non posso darti alcun (= nessun) aiuto. – al plurale è usato per indicare un numero indeterminato, ma non grande, di persone o cose;

equivale a qualche: L’ho incontrato alcuni giorni (= qualche giorno) fa. Certo è sinonimo di tale, e al singolare è di solito accompagnato dall’articolo indeterminativo

un: Ha telefonato un certo (= un tale) signor Rossi. Può essere anche aggettivo qualificativo, e in tal caso è analogo a sicuro. La sua collocazione

cambia a seconda che svolga l’una o l’altra funzione: – quando è aggettivo indefinito si mette davanti al sostantivo: E’ un’attività che dà un certo (= un qualche) utile. Mi ha riferito certe (= alcune) notizie. – quando invece è aggettivo qualificativo si pospone al nome: E’ un’attività che dà un utile certo (= sicuro). Mi ha riferito notizie certe (= sicure). Tale varia nel numero, ma non nel genere; indica una persona che non si può o non si vuole

identificare esattamente; al singolare è preceduto dall’articolo indeterminativo un: C’è di là un tale signor Moretti che desidera parlarti. – in correlazione con quale o con se stesso esprime identità: E’ tal quale il padre. Tale la moglie, tale il marito. – può avere anche funzione dimostrativa. Poco indica una scarsa quantità: Mancano pochi minuti alla partenza. Molto indica una quantità notevole, in opposizione a poco: Ci vuole molta pazienza. Parecchio indica una quantità rilevante, ma inferiore rispetto a molto: In questo periodo abbiamo parecchio lavoro. Tanto equivale a molto: Abbiamo sprecato tanto (= molto) tempo. – in correlazione con „quanto” o con se stesso stabilisce un paragone (comparativo di

eguaglianza): C’erano tanti posti quanti erano gli invitati. Tanto denaro guadagna, tanto ne spende. Troppo indica eccesso: Non mangiare troppi dolci. Tutto indica la totalità e si costruisce con l’articolo o il dimostrativo inseriti fra l’aggettivo e il

nome: Ha girato tutto il mondo. Chi ti ha dato tutte queste cose? – particolare è l’uso di tutto con i numerali, ai quali si unisce per mezzo della congiunzione e: C’erano tutti e tre (= tutt’e tre) i fratelli. C’erano ancora tutte e due le sorelle. Diverso, vario hanno valore qualificativo: Ha visitato diversi paesi. Soltanto alcuni indefiniti mostrano la possibilità del grado superlativo: molto, poco, tanto:

moltissimo, pochissimo, tantissimo. 3.3.4. Aggettivi interrogativi

Questi aggettivi servono a domandare la qualità, l’identità, la quantità del sostantivo cui si riferiscono. Essi sono:

singolare plurale

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maschile femminile maschile femminile che che che che quale quale quali quali quanto quanta quanti quante Che è invariabile ed equivale a „quale”; è di uso più comune nella lingua parlata: Che novità ci sono? Quale è variabile nel numero, ma non nel genere: Quale pretesto hanno trovato? Quali consigli le daremo? – al singolare può subire il troncamento davanti a vocale: Qual è la tua opinione? Quanto è variabile nel genere e nel numero; serve per chiedere la quantità: Quanto denaro hai speso? Quante domande mi faranno? Questi aggettivi si usano anche nelle proposizioni interrogative indirette: Non so che giudizi abbia espresso. Dimmi a quali conclusioni sei giunto. Gli chiesi quanti figli avesse. Possono avere anche funzione esclamativa: Che coraggio! Quale audacia! 3.3.5. Aggettivi numerali

Per esprimere il concetto di numero, l’italiano si serve principalmente degli aggettivi numerali, che si distinguono in:

– cardinali: uno, due, tre, ecc. – ordinali: primo, secondo, terzo, ecc. – moltiplicativi: doppio, triplo, ecc. – collettivi: un paio, una decina, ecc. – distributivi: ad uno ad uno, a due a due, ecc. – frazionari: un terzo, due terzi, ecc. La categoria grammaticale dei numerali è in realtà alquanto eterogenea; essa comprende: – aggettivi: cinque persone; – sostantivi: è uscito il sette al lotto; – pronomi: c’erano entrambi. cifra araba numerale cardinale cifra romana numerale ordinale 1 uno I primo 2 due II secondo 3 tre III terzo 4 quattro IV quarto 5 cinque V quinto 6 sei VI sesto 7 sette VII settimo 8 otto VIII ottavo 9 nove IX nono 10 dieci X decimo 11 undici XI undicesimo 12 dodici XII dodicesimo 13 tredici XIII tredicesimo 14 quattordici XIV quattordicesimo 15 quindici XV quindicesimo 16 sedici XVI sedicesimo 17 diciassette XVII diciassettesimo 18 diciotto XVIII diciottesimo 19 diciannove XIX diciannovesimo 20 venti XX ventesimo 21 ventuno (ventun) XXI ventunesimo 22 ventidue XXII 23 ventitrè XXIII 24 ventiquattro XXIV 25 venticinque XXV 26 ventisei XXVI 27 ventisette XXVII 28 ventotto XXVIII

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29 ventinove XXIX 30 trenta XXX trentesimo 40 quaranta XL quarantesimo 50 cinquanta L cinquantesimo 60 sessanta LX sessantesimo 70 settanta LXX settantesimo 80 ottanta LXXX ottantesimo 90 novanta XC novantesimo 100 cento C centesimo 1000 mille M millesimo 1001 mille uno MI 1100 millecento MC 2000 duemila MM 100000 centomila 1000000 un milione 3.3.5.1. Aggettivi numerali cardinali Questi aggettivi determinano una quantità numerica precisa. Sono invariabili, all’infuori di uno

che al femminile fa una, e di mille che fa al plurale –mila, forma derivata dal latino: tremila, centomila.

Uno si tronca e si elide secondo le regole dell’articolo determinativo: un ragazzo, un albero, un’anitra. I composti con uno possono subire il troncamento: ventun giorni, trentun minuti.

Le decine da venti in poi, unite a uno o a otto, troncano la vocale finale: sessantuno, sessantotto, novantuno, novantotto.

I numeri costituiti da più elementi si scrivono uniti: quarantanove, ottantasei. Oltre che in lettere, gli aggettivi numerali cardinali si possono scrivere in cifre, cifre arabe, usate

soprattutto nel campo matematico. 3.3.5.1.1. Uso degli aggettivi numerali cardinali Questo tipo di aggettivo si mette, in genere, prima del sostantivo: animali a quattro zampe, i

dieci comandamenti. Si possono trovare posposti in particolari contesti: – nella terminologia scientifica: un blocco di marmo del peso di chili 25; – nel linguaggio giuridico: condannare l’imputato alla pena di mesi sei di reclusione. In alcuni casi, posposti al nome, i cardinali acquistano valore di ordinali: leggi a pagina 20 (=

alla pagina ventesima). Questo tipo di costruzione si usa soprattutto per indicare le ore e le date, e in tal caso il sostantivo viene spesso sottinteso:

sono le (ore) sette (o 7); nacque nel (l’anno) 20 dopo Cristo. Soltanto nell’indicare il primo giorno del mese si adopera l’ordinale al posto del cardinale: Il Primo Maggio è la festa del lavoro. In molti casi i cardinali vengono sostantivati: E’ un uomo sui sessanta (= sulla sessantina, sessantenne). E’ una notizia sicura al cento per

cento. 3.3.5.2. Aggettivi numerali ordinali Essi indicano l’ordine di successione in una serie numerica. Sono tutti variabili nel genere e nel

numero, quindi si accordano al sostantivo. I primi dieci ordinali hanno ciascuno una forma particolare derivata dal latino; tutti gli altri,

dall’undici in poi, si formano aggiungendo il suffisso -esimo al cardinale, che perde generalmente la vocale finale: undicesimo, settantesimo, centesimo, millesimo. Accanto a queste forme, possiamo trovarne altre di uso più limitato, letterario: decimoprimo, decimosecondo, ecc.

Gli ordinali possono essere scritti in cifre romane, chiamate così perchè era appunto questo il sistema di rappresentazione dei numeri usato dagli antichi Romani.

3.3.5.2.1. Uso degli aggettivi numerali ordinali Anche quest’altro tipo di aggettivo precede di solito il sostantivo: Abbiamo viaggiato in prima classe. Si pospongono:

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– nell’indicare l’ordine di successione di papi, sovrani, e si scrivono sempre in cifre romane: Enrico IV, Vittorio Emanuele II, Luigi XIV, Giovanni Paolo II.

– nelle scritte: classe terza, aula sesta, capitolo nono, canto quinto, atto quarto, scena prima. Gli ordinali si adoperano per indicare i secoli; a partire dal XIII, questi vengono indicati con

numerali cardinali sostantivati, scritti con maiuscola: il secolo XIII – il Duecento (1201-1300); il secolo XIV – il Trecento (1301-1400); il secolo XV – il Quattrocento (1401-1500); il secolo XVI – il Cinquecento (1501-1600); il secolo XVII – il Seicento (1601-1700); il secolo XVIII – il Settecento (1701-1800); il secolo XIX – l’Ottocento (1801-1900); il secolo XX – il Novecento (1901-2000). Gli ordinali sono prevalentemente introdotti dall’articolo determinativo: La prima (= la prima donna) sorrise, la seconda (= la seconda donna) non si mosse. E’ molto frequente l’uso degli ordinali come sostantivi: Abbiamo ascoltato la sesta (sinfonia) di Beethoven.

4. IL PRONOME Il pronome è una parte variabile del discorso che permette di designare qualcuno o qualcosa,

senza nominarli direttamente, e di precisarne poi alcune caratteristiche riguardanti la quantità, la qualità o lo spazio.

La categoria dei pronomi comprende anche una serie abbastanza numerosa di parole alle quali non corrispondono sempre significati precisi; in molti casi il significato dipende soltanto dal contesto linguistico: Conosco Luca, anche se non lo vedo da anni;

o extralinguistico: Prendi questo! (si suppone un gesto del parlante). 4.1. Pronomi personali

Se nella proposizione: Egli è uscito egli sta al posto di un qualsiasi nome, comune o proprio: il professore, Marco, ecc.; nelle proposizioni: Io scrivo una lettera. Tu lavori pure la domenica. io e tu non sostituiscono nessun nome. I pronomi di I e II persona rappresentano rispettivamente chi parla e chi ascolta. Il pronome di

III persona indica invece quello di cui si parla: Secondo me, tu dovresti andare subito da tua sorella e fare la pace con lei. Secondo il numero, tutti i pronomi personali hanno il singolare e il plurale. Secondo il genere,

sono invariabili nella I e II persona, variabili nella III persona. I pronomi personali presentano inoltre forme differenziate in rapporto alla funzione sintattica svolta: hanno una forma per il soggetto e due forme per i complementi, una tonica (o forte), l’altra atona (o debole).

4.1.1. Pronomi personali soggetto

singolare plurale pers. I io noi pers. II tu voi pers. III M. egli, lui essi, loro esso F. essa, lei, ella esse, loro Il pronome di III persona dispone di una maggiore varietà di forme: – tre coppie al sing.: egli – ella, lui – lei, esso – essa; – una sola coppia al plurale: essi – esse, ma anche la forma loro, con valore sia di maschile sia

di femminile. Al maschile: egli, lui si usano con riferimento alle persone: Ho parlato con il direttore ed egli (lui) mi capì subito. esso è usato invece per cose o animali: Un importante compito ti è stato affidato: esso andrà fatto entro dopodomani.

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Io ho un cane: esso abbaia sempre. Al femminile tale differenza non esiste tra lei ed essa, mentre ella è caduta in disuso, è forma

letteraria, solenne. Al plurale le forme essi, esse indicano tanto le persone quanto le cose o gli animali; loro invece

è usato solo con riferimento alle persone: Loro (essi) sono rientrati ieri sera. Nell’uso familiare, ma pure nella lingua scritta, si sono affermati come pronomi di III persona,

in funzione di soggetto, le tre forme di complemento: lui, lei, loro, mentre le altre: egli, essa, ella, essi, esse caratterizzano l’uso letterario.

Le forme lui, lei, loro sono obbligatorie: – quando si vuole mettere in rilievo il soggetto; in questo caso il pronome si mette dopo il verbo: Quella bugia l’ha detta lei. – dopo „come”, „quanto”, cioè in complementi di paragone: Io ne so quanto lei. – nelle contrapposizioni: Lui dice sempre di sì, lei di no. – quando il verbo è all’infinito, al participio o al gerundio: Partito lui, la madre rimase sola. – nelle esclamazioni: Beati loro! – dopo „anche”, „neanche”, „pure”, „neppure”, „nemmeno”: Verranno anche loro? Neppure lui

lo sapeva. Anche le forme soggettive della I e II persona, io, tu, sono talvolta sostituite dalle forme

complementari me, te: – dopo „come”, „quanto”: Sono contento quanto te. – nelle esclamazioni: Povero me! In italiano l’uso del pronome personale in funzione di soggetto è piuttosto limitato: _Ha letto una notizia interessante. _Sei tornato presto. Il pronome viene espresso: – quando si vuole dare particolare rilievo al soggetto, soprattutto nelle contrapposizioni: Io lavoro dalla mattina alla sera, tu invece non fai che divertirti. – quando ci sono forme verbali (particolarmente nel congiuntivo) che potrebbero creare

ambiguità: Tutti gli amici pensavano che tu amassi Carla. (è necessario il pronome per evitare ambiguità) 4.1.2. Pronomi personali complemento

4.1.2.1. Forme toniche singolare plurale pers. I me noi pers. II te voi pers. III M. lui, esso loro, essi F. lei, essa loro, esse riflessivo sè sè Alla I persona singolare io, corrisponde in funzione di complemento la forma me: Cercava me. E’ venuto da me. Alla II persona singolare tu, corrisponde come complemento te: Vogliono te. C’è una lettera per te. Le forme noi – voi sono comuni tanto al soggetto che ai complementi: Hanno fiducia in voi. Il pronome di III persona, in funzione di complemento, è sé, quando ha valore riflessivo, cioè

quando si riferisce al soggetto della frase: Ha troppa stima di sé. – quando invece indica una persona diversa dal soggetto assume le forme lui, lei, loro: Vado

con loro. Le forme esso, essa, essi, esse, in funzione di complemento, si riferiscono soltanto alle cose o

agli animali: L’aereo è il mezzo più veloce: con esso è molto facile raggiungere posti lontani. In funzione di complemento oggetto però si deve usare la forma atona lo: Vedi quel libro? Compramelo. Le forme complementari toniche possono essere rafforzate con l’aggettivo d’identità stesso: Non sono per niente contento di me stesso.

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4.1.2.2. Forme atone I pronomi atoni si differenziano da quelli tonici: – non hanno forme soggettive corrispondenti; – precedono o seguono immediatamente la forma verbale; il costrutto verbo più pronome atono

non può essere spezzato da altri elementi: Comunicai loro le notizie più recenti. Tra il pronome atono e il verbo può inserirsi soltanto un altro pronome atono: Il pacco me lo spedirà domani. – non possono essere usati in costruzioni enfatiche; – non possono comparire in assenza del verbo. singolare plurale pers. I mi ci pers. II ti vi compl. oggetto M. lo li F. la le pers. III compl. di termine M. gli loro (gli) F. le loro (gli) riflessivo si si Le forme atone si adoperano solo per il complemento oggetto in Accusativo e per il complemento

di termine (o indiretto) in Dativo. Accusativo Dativo mi: Mi chiamavano Pupa. Mi raccontò tutto. ti: Ti accompagno a casa. Ti mandai un bel regalo. ci: Ci inganna sempre. Ci hanno scritto una lettera. vi: Vi ascolto con attenzione. Vi penso sempre con affetto. La forma atona del pronome di III persona è si nell’uso riflessivo, cioè quando il soggetto è

identico: (Loro) si guardarono allo specchio. Alla III persona singolare e plurale, quando non si riferisce al soggetto della proposizione, il

pronome presenta una duplice serie di forme (come si può osservare dal seguente schema): Accusativo Dativo singolare: lo: Lo vidi fuggire subito. gli: Gli descrissi il quadro. la: La incontro ogni giorno. le: Le rivolsi la parola. plurale: li : Li seguivo da lontano. loro: Comunicai loro tutte le notizie. le: Le salutai tutte. Loro, a differenza degli altri pronomi atoni, è posposto al verbo. Le forme lo, la, essendo eguali a quelle dell’articolo determinativo, possono subire l’elisione.

Allorquando l’apostrofo può creare confusione sul genere, si evita di elidere la vocale per non creare ambiguità. Quindi si deve scrivere:

Lo aiutai di tutto cuore. La aiutai di tutto cuore. e non: L’aiutai di tutto cuore. Nell’italiano parlato è sempre più frequente l’uso di gli al posto di loro: Li invitai a casa e gli offrii un caffè. (invece di: offrii loro) 4.1.2.2.1. Forme accoppiate di pronomi atoni I pronomi atoni me, te, se, ce, ve possono essere usati in coppia con altri pronomi sempre atoni:

lo, la, li, le, ne: me lo me la me li me le me ne te lo te la te li te le te ne se lo se la se li se le se ne ce lo ce la ce li ce le ce ne ve lo ve la ve li ve le ve ne Le funzioni dei due pronomi di ciascuna coppia sono ben distinte: quello che occupa il primo

posto è un complemento di termine, l’altro invece è un complemento oggetto o un altro complemento: Te lo giuro! Me ne ricorderò senz’altro. Il pronome atono gli seguito da lo, la, li, le, ne diventa glie-: glielo, gliela, glieli, gliele, gliene,

forme usate per qualsiasi genere e numero: Glielo dissi subito. Scrisse una lettera alla nonna e gliela inviò.

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4.1.2.2.2. Collocazione dei pronomi atoni Le forme atone dei pronomi personali precedono in generale il verbo, sono proclitiche. In alcuni

casi queste particelle pronominali seguono il verbo, diventano cioè enclitiche, formando una sola parola. Ciò accade:

– con un infinito (si perde la vocale finale): Pensavo di dirtelo. Con alcuni verbi servili (dovere, potere, sapere, volere) il pronome può anche precedere questo

tipo di verbo: Non posso accettarti come amico. / Non ti posso accettare come amico. Voglio regalarglielo. / Glielo voglio regalare. Se un verbo servile regge due infiniti, abbiamo più possibilità: Devo poter farlo. / Devo poterlo fare. / Lo devo poter fare. – con un gerundio: Conoscendolo meglio, cominciai a stimarlo. – con un imperativo: Leggimi la lettera! Non muoverti! / Non ti muovere! Se l’imperativo è tronco, il pronome raddoppia la consonante iniziale: Stammi bene a

sentire!Vattene! – con un participio passato: Salutatolo, si allontanò subito. 4.1.2.3. Altri usi di „lo”, „ci”, „vi”, „ne” Il pronome atono lo, complemento oggetto, può riferirsi a un’intera frase: Ho parlato con Franco; tutti lo hanno notato. (Tutti hanno notato il fatto che io ho parlato con Franco). Nell’esempio: La nostra squadra vincerà sicuramente. – Chi lo dice? – ha valore neutro ed equivale a „ ciò”, „questa cosa”. Ci = vi sono pronomi di I e II persona plurale con funzione di complemento oggetto o di termine.

Possono inoltre avere le funzioni di: – avverbio di luogo: Ci siamo stati in due. (= lì, in quel luogo) Sono usati particolarmente in costruzione con il verbo essere nel senso generico di „esistere”,

„trovarsi”: C’era una volta... Vi sono tanti animali strani nel mondo. – pronome dimostrativo, con valore neutro: Non ci fare caso! (= a ciò) Non ci capisco nulla. (= di ciò) Espressioni: farcela = riuscire: Ce la fai? Sì, ce l’ho fatta! avercela con qualcuno: Ce l’ebbe con me! restarci male: Ci sono restato molto male! averci (registro colloquiale): Ci ho pochi soldi. Ne ha valore di avverbio di luogo ed equivale a „di qui”, „di qua”, „di lì”, „di là”: Giunsi a Milano il mattino e ne ripartii la sera. Spesso questa particella è preceduta dalle forme pronominali atone, mi, ti, si, ci, vi, che

diventano me, te, se, ce, ve: Non era un ristorante elegante, quindi me ne andai subito. – equivale a: „di lui”, „di lei”, „di loro”; „da lui”, „da lei”, „da loro”: Ho un amico italiano, ma da tempo non ne ho più notizie. (= di lui) Appena la conobbe, ne fu affascinato (= da lei) – equivale a: „di questo”, „di questa”, „di questi”, „di queste”; „da questo”, „da questa”, „da

questi”, „da queste”: E’ un affare poco chiaro e io non ne voglio sapere niente. (... io non voglio saperne

niente). Lessi il romanzo e ne fui impressionato. (= da questo) – ha valore neutro, quando si riferisce a una frase: Credi davvero che Rita abbia detto tutta la verità? – Ne dubito. (= di ciò) Espressioni: aversene a male = offendersi: Se ne ebbero a male con lui. non poterne più = essere stufo: Non ne posso più. valerne la pena: Ne vale la pena di provarci! ne va della nostra vita = E’ in pericolo, in gioco, la nostra vita. 4.2. Pronomi allocutivi

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Quando nel parlare o nello scrivere ci si rivolge a un interlocutore con cui non si è in confidenza, si usano i pronomi allocutivi di rispetto, di cortesia:

confidenziale di rispetto sing. tu Lei (Ella – forma letteraria) Voi pl. voi Loro Lei è troppo gentile, dottore. Lei, signorina, è attesa. Ella, signor presidente, ha sempre ragione. Loro, signori, sono pregati di stare calmi. Alle forme soggettive Lei, Loro, corrispondono, in funzione di complemento: – le forme toniche: a Lei, (a) Loro, di Lei, di Loro; – e le forme atone: La, Le (per Lei, Ella) ; Li, Le, Loro (per Loro): Accusativo Dativo Stavo cercando proprio Lei, ingegnere. A Lei, signore, non devo nessuna spiegazione. La prego gentilmente di scusarmi. Le esprimo tutta la mia gratitudine. 4.3. Pronomi possessivi

I pronomi possessivi sono formalmente identici agli aggettivi possessivi. Nell’uso pronominale, il possessivo è sempre preceduto dall’articolo determinativo:

Il nostro bambino e il vostro non vanno mai d’accordo. I miei, i tuoi, i suoi, ecc. possono indicare i genitori, i parenti: Vivo con i miei. Salutami i tuoi. oppure gli amici, i compagni: Non potrà più contare sull’aiuto dei suoi. Alla mia, alla tua, alla sua, ecc., nei brindisi, sottintendono salute: Su, beviamo: alla nostra! 4.4. Pronomi dimostrativi

singolare plurale maschile femminile maschile femminile questi – – - quegli – – - costui costei costoro costoro colui colei coloro coloro ciò – – - Questi si riferisce a persona vicina, quegli, a persona lontana, e si adoperano soltanto al

maschile singolare in funzione di soggetto; per i complementi, si ricorre a questo, quello: Sono giunti alla festa Franco e Luca: questi era atteso, quegli no. (Luca) (Franco) Colui, colei, coloro servono ad indicare soltanto persone, spesso con una sfumatura negativa;

hanno tutti i generi e i numeri e possono essere usati sia come soggetto sia come complemento: Chi è costui? Non parlarmi di coloro! – colui, colei, coloro si possono usare con il pronome relativo che o il (la) quale, i (le) quali: Colui che arriverà in ritardo non sarà più ammesso. Ricordati di coloro i quali ti hanno dato una mano. – colui che, colei che sono spesso sostituiti da chi: Fidati di chi ha più esperienza di te. Ciò è invariabile e ha soltanto valore neutro; può essere usato in funzione sia di soggetto che di

complemento: Ciò che dici è molto grave. Non sapevo ciò. / Non lo sapevo. – con valore di complemento è spesso sostituibile con le forme pronominali atone: lo, ci (vi), ne:

Pensaci bene! 4.5. Pronomi indefiniti

singolare plurale maschile femminile maschile femminile uno una – - qualcuno qualcuna – -

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ognuno ognuna – - chiunque chiunque – - chicchessia chicchessia – - qualcosa – – - alcunchè – – - checchè – – - checchessia – – - niente – – - nulla – – - altri (un altro) – – - Uno, di uso molto frequente, serve per indicare una singola persona, in modo però

indeterminato, quindi senza precisarne l’identità: C’è uno al telefono che ti vuole parlare. Ho incontrato una che ti conosce. – acquista spesso valore impersonale: In certe situazioni uno non sa come comportarsi. (= non si sa) – in correlazione con il pronome altro può indicare sia persona sia cosa, e ammette anche il

plurale, sempre preceduto dall’articolo indeterminativo gli o le: Gli uni dicono di sì, gli altri di no. Le locuzioni l’un l’altro , l’uno con l’altro esprimono reciprocità: Si amavano l’un l’altro . Vi dovete aiutare gli uni con gli altri. Qualcuno, variabile nel genere, si usa esclusivamente al singolare. Indica una quantità

indeterminata di persone o cose: Solo qualcuno riuscì a salvarsi. Alcuno ha entrambi i generi e i numeri: Alcuni sono d’accordo, altri no. Ognuno, ciascuno sono variabili nel genere; si usano soltanto al singolare: Ognuno dei candidati presentò il proprio programma. Ciascuno può esprimere il proprio

pensiero. Chiunque è usato al singolare, tanto al maschile quanto al femminile: Chiunque di noi sarebbe disposta ad aiutarlo. – a volte può avere contemporaneamente valore di pronome indefinito e di pronome relativo; in

questo caso equivale a „qualunque persona (che)” e regge l’indicativo o il congiuntivo: Chiunque afferma questo è un bugiardo. Non farlo, chiunque te lo chieda. Niente, nulla sono pronomi negativi con valore neutro e significano „nessuna cosa”. Sono

invariabili e si accordano al maschile: Non gli fa paura niente. Non fa nulla dalla mattina alla sera. – quando precedono il verbo non richiedono altra negazione: Nulla è perduto. Altro significa „altra persona” e richiede l’articolo: Se non lo farai tu, lo farà un altro. Non badare a quello che dicono gli altri . Altri si adopera soltanto al maschile singolare e significa „un’altra persona”, „qualcun altro”; il

suo uso è ridotto, esclusivamente letterario: Non io, altri afferma questo. 4.6. Pronomi relativi

Oltre alla funzione di sostituire un nome, il pronome relativo ha anche quella altrettanto importante di mettere in relazione due proposizioni.

La frase Ho visto tuo padre che andava a casa equivale a due proposizioni: Ho visto tuo padre. Tuo padre andava a casa in cui il soggetto della seconda è sostituito da un pronome relativo. Il pronome relativo ha dunque una duplice funzione: di congiunzione (in quanto unisce la

proposizione di cui fa parte, chiamata appunto relativa, con la proposizione reggente) e di pronome (in quanto sostituisce un nome presente anche nella proposizione reggente, chiamato antecedente). Oltre che da un nome, l’antecedente può essere costituito da un altro pronome:

Tu, che sei il più esperto, perché non ci vuoi lavorare? – da un infinito sostantivato: Il lavorare, che è una necessità per ciascun individuo, a me non

interessa. – o da un’intera proposizione: Non eravamo per niente preparati alla missione, il che ci preoccupava abbastanza. I pronomi relativi sono: variabili invariabili

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il (la) quale che i (le) quali cui chi Che è invariabile; si usa per entrambi i generi e i numeri. La concordanza in genere e in numero

si fa con il sostantivo di cui che è il sostituente. Tra tutti i pronomi relativi che è di uso più frequente; può adoperarsi come soggetto e come complemento oggetto per persone, cose ed animali:

– soggetto: Ho conosciuto un medico che sa fare il proprio mestiere. L’economia è una materia che non m’interessa molto. – complemento oggetto: Puoi prestarmi le riviste che hai letto? – per i complementi indiretti si ricorre alle forme cui (il/la quale, i/le quali): Il film di cui (del quale) ti ho parlato, ha vinto l’Oscar. Nella lingua parlata è ormai diffuso l’uso di che in funzione di complemento indiretto, chiamato

che indeclinato, che si può ritrovare in proverbi ed espressioni idiomatiche: Paese che vai usanza che trovi. E’ ormai accettato il che con valore temporale, al posto di in cui, quando l’antecedente è un

sostantivo indicante tempo, del tipo il giorno, il mese, l’anno, la volta: Il giorno che ci siamo incontrati fu molto felice. Ogni volta che lo ascolto, lo trovo

interessante. Il pronome che può riferirsi anche a un’intera proposizione; in questo caso ha valore neutro,

significa „la qual cosa”, „ciò” ed è preceduto di solito dall’articolo il o dalla preposizione articolata: Voglio smettere di fumare, il che non è affatto facile. (= e ciò) Cui è invariabile; si usa per entrambi i generi e i numeri. Si adopera soltanto come complemento

di termine (o indiretto), preceduto da una preposizione semplice. Può essere sostituito dalle forme il (la) quale, i (le) quali:

Il problema di cui (del quale) abbiamo discusso non si può affatto risolvere. Il fine a cui (al quale) tendo sembra impossibile ai miei genitori. La regione da cui (dalla quale) provengo è la Sardegna. La casa in cui (nella quale) abito si trova in campagna. Il solo pronome relativo formato da due elementi è il (la) quale, i (le) quali; è il pronome

più chiaro e completo, perché precisa sempre il genere e il numero. Si può usare sia come soggetto sia come complemento, oggetto (molto raro e letterario) o indiretto (di uso corrente, accanto a cui):

Seduta sul marciapiede c’era una vecchia, la quale (che) chiedeva l’elemosina. Il libro, del quale (di cui) ho fatto la recensione, è stato pubblicato da poco. Ho incontrato tua zia, alla quale (a cui) ho raccontato tutto l’accaduto. Questa è la cella dalla quale (da cui) è fuggito il prigioniero. L’uso della forma composta è preferibile: – quando l’esatta indicazione del genere e del numero serve ad evitare possibili ambiguità: Parlai col figlio della signora Rossi, il quale (il figlio) abita vicino a noi. Parlai col figlio della signora Rossi, la quale (la signora Rossi) abita vicino a noi. – quando il relativo è distante dall’antecedente: Molte storielle mi ha raccontato la nonna quand’ero piccola, le quali erano non solo

divertenti, ma anche istruttive. – quando ci sono altri vari che: Ho saputo che Franco, il quale non mi ha finora detto niente, ha deciso di non venire al

mio matrimonio che avrà luogo questa domenica. Possono acquistare valore relativo gli avverbi dove (ove) e donde (onde); a differenza di dove,

gli ultimi tre sono di uso letterario: Il paese dove (in cui, nel quale) sono nato è la Romania. 4.7. I pronomi „doppi”: chi, quanto

Chi si riferisce esclusivamente ad esseri animati; è invariabile e si usa soltanto per il singolare, maschile e femminile (il genere si può ricavare dal contesto o dall’accordo grammaticale).

E’ un pronome „doppio”, poiché unisce in sé le funzioni di due pronomi diversi: – uno dimostrativo (colui, quello; colei, quella) oppure indefinito (qualcuno, uno; qualcuna,

una); – l’altro relativo (che, il/la quale). Per questa sua particolarità è l’unico pronome relativo che si possa usare in forma assoluta, cioè

senza essere preceduto da un sostantivo:

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Chi (colui che) studia è promosso. C’è chi (qualcuno che) crede ancora al Principe Azzurro.

Si adopera come: – soggetto, sia nella reggente che nella relativa: Chi dice questo sbaglia. La coppia correlativa chi…chi corrisponde a „l’uno…l’altro”, „gli uni…gli altri”,

„alcuni…altri”: Chi preferisce il mare, chi la montagna. Quanto ha contemporaneamente funzione dimostrativa e relativa. Al singolare è usato con

valore neutro e si riferisce soltanto a cose; equivale a „(tutto) quello che”, „(tutto) ciò che”: Farò quanto è possibile. (= tutto ciò che) Al plurale si usa nelle forme quanti, quante, che si riferiscono sia a persone che a cose ed

equivalgono a „(tutti) quelli che”, „(tutte) quelle che”: Quanti desiderano iscriversi devono presentare la domanda. (= Tutti quelli che) 4.8. Pronomi interrogativi

Questi pronomi si usano tanto nelle proposizioni interrogative dirette quanto in quelle indirette, e possono avere funzione di soggetto o di complemento.

singolare plurale maschile femminile maschile femminile chi chi chi chi che – – - quale quale quali quali quanto quanta quanti quante Chi è invariabile e si riferisce soltanto a persone, esseri animati: Chi sono quelle signore? Chi chiami? (Accusativo) A chi ti rivolgi? (Dativo) Nelle interrogative indirette il pronome occupa la posizione preverbale, sia quando è soggetto sia

quando è complemento oggetto: Voglio dirti chi incontrai quel giorno. Che è invariabile e si riferisce soltanto a cose; ha dunque valore neutro ed equivale a „qualche

cosa”; al suo posto si può usare „che cosa” o „cosa”: Che è successo? (= Che cosa) è successo? A che pensi? Quale è invariabile nel genere, ma possiede il singolare e il plurale: Quale dei tuoi amici ti è più caro? Quanto è variabile sia nel genere che nel numero; serve a chiedere la quantità con riferimento

tanto a persone quanto a cose: Quanto mancherà alla partenza? Quanti hanno aderito alla vostra proposta? I pronomi interrogativi possono essere usati anche in funzione esclamativa: Guarda chi si vede! Ma che dite!

LISTA DE SUBIECTE PENTRU EXAMEN

SEMESTRUL I 1. Uso e omissione dell’articolo determinativo. 2. Il genere del nome secondo il significato e la desinenza. 3. Il nome: la formazione del femminile. 4. Il plurale dei nomi. 5. Gradi dell’aggettivo qualificativo. 6. Gli aggettivi indicativi.

BIBLIOGRAFIE Obligatorie

Angelo Chiuchiù, Fausto Minciarelli, Marcello Silvestrini, In italiano – Grammatica italiana per stranieri, Edizioni Guerra, Perugia, 1990.

Carlo Iandolo, Italiano giovane - Grammatica italiana, Fratelli Ferraro Editori, Napoli, 1992.

Facultativă Michele Dardano, Pietro Trifone, Grammatica italiana, Zanichelli, Bologna, 1995. Alfredo Ghiselli, Carlo Casalgrande, Lingua e parola, Sansoni Editore, Firenze, 1986.

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Luca Serianni, Grammatica italiana, Utet, Torino, 1988.